PUGLIA - Più volte ha rischiato di morire e per questo vive da tempo sotto scorta, circondato sempre dai suoi «angeli custodi». Don Antonio Coluccia, il coraggioso sacerdote pugliese che si batte contro la mafia e contro la droga nella capitale, non vuole però essere chiamato eroe. «Sono solo un sacerdote della Chiesa cattolica, della Chiesa di Dio. Un prete vocazionista», dice don Antonio che, proprio come don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia il 15 settembre del 1993 a Palermo, non ha paura di dare «fastidio» alla criminalità e ai boss, «armato» di rosario, fischietto e megafono e portando in giro il messaggio di amore e di speranza del Vangelo tra i piccoli e gli ultimi nei quartieri periferici di Roma, quelli che nel senso di abbandono materiale e morale rischiano di perdersi.
I suoi occhi chiari racchiudono il mare del Salento e il sole della speranza della Puglia, la sua Regione di origine che porta sempre nel cuore. Originario di Specchia, don Antonio Coluccia prima di scoprire la sua vocazione sacerdotale, in Salento è stato operaio in un calzaturificio e sindacalista. Una giovinezza trascorsa comunque al servizio degli altri, essendo stato anche presidente della Protezione civile.
A Roma, poi, dopo aver scoperto la vocazione sacerdotale e aver seguito tutto il percorso formativo, ha cominciato la sua missione in parrocchia accogliendo le persone disagiate, i senza tetto e anche i tossici ma, anche i papà separati e divorziati, facendoli dormire nelle aule parrocchiali. Questa attività ha preso sempre più piede finché, dopo aver ricevuto l’incarico dal Santo Padre, ha fondato in un bene confiscato alla mafia alla «banda della Magliana» l’Opera Don Giustino per i più bisognosi, per dare loro una speranza e una dignità. «Qui ospito nella totale gratuità dei giovani che con me fanno un cammino. Sono ragazzi sottratti alle piazze di spaccio che hanno difficoltà e io cerco di sostenerli grazie anche ad alcuni volontari».
Ma nel Tacco d’Italia don Antonio torna spesso. Lo ha fatto anche di recente, ospite del Liceo scientifico «Leonardo da Vinci» di Maglie dove ha parlato di legalità agli studenti. «Ai giovani mi avvicino con molta fraternità e semplicità, cercando di dialogare con loro. Quando mi capita, li invito a non voltare lo sguardo da un’altra parte quando si incontrano persone che sono in difficoltà a causa di dipendenza da droghe e alcool. Bisogna avere il coraggio di denunciare le ingiustizie. Non possiamo tacere davanti alla piaga della droga e dello spaccio». «Portiamo - è stato il suo appello - la cultura della bellezza nelle piazze dello spaccio. Tutti insieme dobbiamo essere a favore della “vita bella” e non della “bella vita” che è quella che si vive anche con i proventi della droga che uccide. La droga è l’’eucaristia di satana, non dimentichiamolo».
Don Antonio, le manca la Puglia?
«Sono impegnato in questa opera di prevenzione anche in Puglia, nei vari Comuni sciolti per mafia. La Puglia rappresenta una grande criticità e non deve essere sottovalutata e dovremmo esortare i cittadini pugliesi ad avere il coraggio all’indignazione quando vedono che determinate situazioni frutto del malaffare tendono ad imporsi nella vita di ogni giorno. Già Marco Minniti, ministro dell'Interno del Governo Gentiloni, parlava della Puglia come “terra di emergenza”. Per troppo tempo la Puglia è stata dimenticata anche dai politici. Una terra dimenticata dove, specie negli anni scorsi nella zone dominata dalla mafia garganica, tante persone sono sparite senza che nessuno sapesse nulla. Dobbiamo invece avere una visione della Puglia che parte dal Gargano e arriva a Santa Maria di Leuca, indirizzando la nostra opera di prevenzione specie dove la concentrazione criminale ha sempre fatto affari ed ha sempre avuto la capacità di imporsi con la sua violenza».
Durante un incontro con la premier Meloni, ha parlato di welfare criminale
«Si, ho raccontato alla presidente del Consiglio, del "welfare criminale della droga", di come agisce su alcuni territori militarizzati dalle organizzazioni criminali che fanno "scorribande in auto durante la notte per dimostrare il loro potere e che hanno turni organizzati nelle piazze di spaccio presidiati h24. Le ho spiegato che le persone che assoldano possano guadagnare dai 300, 350 euro al giorno. Ecco, bisogna riappropriarsi di questi territori»...