«Come tutti sanno, sull’Ilva di Taranto ho sempre avuto una posizione molto netta. Se Taranto non avesse avuto lo stabilimento siderurgico, la sua vita sarebbe stata diversa e migliore, ci sarebbero state molto meno morti e malattie. Ma un politico non può ragionare così, utilizzando ipotesi del terzo tipo».
Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano accetta di rispondere alle domande della Gazzetta, partendo dalla gravissima crisi dell’acciaieria di Taranto che rischia di spegnersi da un momento all’altro per l’impossibilità a far fronte agli impegni economici.
Presidente, che accade all’Ilva?
«Succede quello che, mi spiace dirlo, avevamo previsto e cercato di evitare. A fronte di uno sforzo industriale intenso, pieno di contraddizioni e contrassegnato da una cecità tecnologica assoluta, proponemmo 6 anni fa a Bruxelles, a beneficio dell’Unione Europea e delle istituzioni italiane, un progetto riguardante la decarbonizzazione degli impianti tramite un sistema in grado di abbattere di oltre il 90 per cento le emissioni nocive, una soluzione tecnologicamente molto avanzata per la quale ricevemmo insulti e sfottò salvo vederla diventare in tempi recenti un mantra dell’Unione Europea e anche del governo Draghi tanto che fu fatta una società ad hoc per far partire finalmente il treno della decarbonizzazione».
Che fine ha fatto quel treno?
«Abbiamo salutato con gioia la sua partenza, contrassegnata dall’aggiudicazione della gara per la realizzazione dei forni elettrici alla Paul Wurth, società leader nel settore, ma all’improvviso il convoglio si è fermato. Il ministro Fitto ha eliminato il finanziamento necessario per l’avvio dei lavori. Una autentica assurdità, oggi avremmo avuto il cantiere aperto e in piena attività».
E invece?
«Invece poi è emersa l’esistenza di un accordo segreto tra il ministro Fitto e l’amministratore delegato di Acciaierie d’Italia Morselli, una accoppiata che ci preoccupa molto perché...