Per chi ha un mutuo a tasso variabile, l’aumento dei tassi di interesse è una batosta annunciata. Forse non in queste condizioni, con una guerra lunga e seduta sui postumi della pandemia e con un’inflazione che è «un mostro da abbattere», per usare le parole della presidente della Bce-Banca centrale europea, Christine Lagarde, però si deve ammettere che l’aumento dei tassi di interesse della Bce di 50 punti base schedulato per la riunione del 16 marzo, questo sì, l’hanno visto arrivare tutti. Anche le famiglie italiane e pugliesi in particolare che, infatti, hanno tendenzialmente iniziato ad abbandonare i mutui a tasso variabile prediligendo quelli a tasso fisso. Le rilevazioni della sede di Bari di Banca d’Italia (diretta da Sergio Magarelli), lo fanno emergere nettamente e fonti dell’Istituto fanno notare come «la quota dei mutui alle famiglie a tasso fisso a giugno del 2022 in Puglia era pari al 73 per cento circa, un valore superiore di 11 punti percentuali rispetto alla media nazionale. Negli ultimi anni tale quota è sensibilmente cresciuta in entrambe le aree: alla fine del 2015 essa era infatti pari rispettivamente al 40 e al 27 per cento».
Resta però, ed è gigantesco, il problema per chi ha il variabile, ovvero il 40% (il dato si riferisce a settembre 2022) dei 426 miliardi di stock dei mutui nazionali. Peggio di tutti sta quella minoranza della minoranza che ha il variabile senza un “cap”, senza un tetto massimo.
Secondo il Codacons, che ha messo a confronto le offerte presenti sul mercato per le tipologie di prestito per l’acquisto di immobili più richieste in Italia, «un mutuo a tasso variabile costa oggi fino a +3.624 euro all’anno rispetto al 2021, mentre chi accende oggi un finanziamento a tasso fisso si ritrova a spendere fino a +3.144 euro annui rispetto a due anni fa». Tanto che Emilio Contrasto, segretario generale Unisin/Confsal, chiede di «intervenire con strumenti come l’innalzamento strutturale e sostanziale della soglia del fringe benefit (è un beneficio accessorio, una forma di retribuzione non in denaro; ndr) e favorendo la rinegoziazione dei tassi sui mutui, valutando - nei casi di famiglie particolarmente disagiate - anche dei contributi in conto interessi in grado di compensare l’aumento dei tassi». «Le famiglie e le imprese, già duramente provate dalla pandemia e dalla crisi energetica che ha visto e continua a vedere lievitare il costo delle bollette si troveranno così ancor più in difficoltà. Il rischio rilevante e, purtroppo, ormai quasi certo, è - conclude - quello di penalizzare sempre più i consumi ed erodere ulteriormente il portafoglio ed il risparmio delle famiglie, rischiando di compromettere definitivamente quell’inizio di ripresa economica che ha caratterizzato il periodo post-pandemico».
Lagarde individua come soluzione principale la rinegoziazione dei mutui da parte delle banche. «È nel loro interesse, non vogliono crediti non pagati», dice la presidente.
Per Mauro Buscicchio, che ne è direttore generale, «Banca Popolare Pugliese andrà naturalmente incontro al mutuatario nel momento in cui dovesse rappresentare delle difficoltà a sostenere la nuova rata». L’esperto conviene che «già prima di questa situazione di aumento dei tassi la maggioranza dei mutui era a tasso fisso e, quindi, la maggior dei mutuatari sono indenni». La «percentuale dei variabili maggiormente interessati dovrebbe aggirarsi attorno al 20-25% del totale». Buscicchio come d’altronde l’intera Abi (si veda altro articolo in questa pagina; ndr) auspica però che la Bce sia conseguente e che queste rinegoziazioni rientrino in un quadro autorizzativo più ampio per evitare che poi le banche finiscano per essere penalizzate. «Le parole della Lagarde ci fanno pensare che ci saranno questi provvedimenti - afferma - ma per ora non ci sono. Ad ogni modo, la nostra banca verrà senz’altro incontro alla clientela e lo faremo a prescindere anche dall’intervento di Bce».