ROMA - Via libera definitivo dell’Aula della Camera al decreto legge Ilva. Il testo, su cui il governo ieri aveva incassato a Montecitorio, è stato approvato definitivamente con 144 voti a favore, 103 contrari e 16 astenuti (il Terzo Polo e le Minoranze linguistiche).
«Così lo Stato torna in campo! Con l'approvazione, ad ampia maggioranza, del decreto Ilva sono state poste le condizioni per il rilancio industriale, ora tocca all’azienda: investimenti, produzione, occupazione». E’ il commento del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso che in un tweet aggiunge: «Non molliamo. Insieme si può».
LE REAZIONI
«Costruire il futuro, salvaguardando l'occupazione. La strategia del governo sull'ex Ilva è chiara e pragmatica. E’ necessario tutelare la produzione contestualmente all’attivazione delle procedure necessarie per ecologizzare quello che rappresenta un polo strategico dell’economia nazionale e un pilastro dell’occupazione sul territorio. Ricorrendo, come è giusto che sia, anche a norme eccezionali, ma necessarie e urgenti». Lo dichiara Davide Bellomo, deputato della Lega e componente della commissione Giustizia della Camera. «Il cosiddetto scudo penale - prosegue - coniuga due interessi di pari valore sociale e consente a chi deve operare di farlo in serenità e nel pieno rispetto delle leggi vigenti. La barbarie e l’offesa alla dignità di un popolo, invocate a sproposito da qualche anima pia di una sinistra radical chic e falsamente ecologista che sulla vicenda ha storiche responsabilità, è quella di chi vorrebbe chiudere la fabbrica in attesa della svolta green, mandando in mezzo a una strada intere famiglie. Noi facciamo esattamente il contrario, procedendo concretamente, e senza chiacchiere inutili, al risanamento ambientale e alla difesa dei posti di lavoro».
«Non possiamo votare a favore di questo decreto perché riteniamo non possegga né la visione strategica necessaria né soluzioni durature, che non vadano oltre il semplice reperimento di nuovi fondi. Con la responsabilità che però ci contraddistingue, siamo consci di come dietro questa grande realtà nazionale, ci siano i diritti fondamentali della comunità tarantina, che non può vedersi negare: quello alla salute in primis, quello all’occupazione dei ventimila lavoratori e del relativo indotto, così come quello legato alla difesa di un settore fondamentale quale quello dell’acciaio. Con il governo Gentiloni e con Carlo Calenda ministro, furono individuati un socio privato e ben 4 miliardi di euro di investimenti, messi a terra per coniugare bonifiche e sviluppo dell’azienda. Tutto stracciato dall’ambientalismo farlocco del governo Conte I e da quella rincorsa ad un presunto "acciaio green» che non esiste e che, ove esistesse, non risulterebbe competitivo nei costi e nella disponibilità. Eccessi e partigianerie che rifiutiamo anche sulla fondamentale questione dello scudo penale, che non possiamo non condividere, e che non significa diritto ad inquinare ma consapevolezza, per gli imprenditori coinvolti, di poter operare senza temere avvisi di garanzia». Così Fabrizio Benzoni, deputato di Azione-Italia Viva in dichiarazione di voto al Dl Ilva stamattina in aula.
L’ultimo decreto cosiddetto salva-Ilva «vìola la direttiva Ue 2010/75 sulla sospensione dell’esercizio di un impianto e la direttiva 2004/35 sulle azioni di riparazione di un danno». Lo sottolinea Rosa D’Amato, eurodeputata del gruppo Greens/Efa, ricordando di aver già segnalato la situazione «alla Commissione in una interrogazione depositata il 30 gennaio scorso e per la quale attendo risposta. Senza dimenticare che 'chi inquina pagà».
D’Amato lancia anche un «appello accorato, da tarantina e da parlamentare Greens/Efa a Bruxelles, al presidente Mattarella. Non firmi questa legge, eserciti le prerogative che la Costituzione le assegna. I tarantini hanno bisogno di sentire vicino il loro presidente grazie ad un atto forte e significativo». D’Amato critica la «scelta del governo Meloni che dunque tutela, dalle conseguenze penali di eventuali reati commessi, chi garantisce allo Stato la 'strategicà produzione di acciaio», mentre «la salute dei tarantini non risulta dunque strategica per la 'nazionè - termine tanto caro alla retorica della destra che governa l’Italia - quanto la produzione di acciaio».
Anche il presidente dell’associazione Peacelink, Alessandro Marescotti, ha scritto al capo dello Stato sostenendo che «la nuova legge sullo scudo penale Ilva - che verrà approvata in via definitiva fra poche ore - viola gli articoli 3, 5 e 6 della direttiva 2008/99/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008. E’ la direttiva sulla tutela penale dell’ambiente». Per tale ragione, conclude Marescotti rivolgendosi al presidente Mattarella, «le chiediamo di esercitare i poteri che le vengono conferiti dall’articolo 74 comma 1 della Costituzione», il quale stabilisce che «il presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione».
«Con l’assurdo decreto Ex Ilva, su cui annuncio fortemente il voto contrario del Movimento 5 Stelle, il governo sta legittimando la libertà di inquinare impunemente e di mettere a rischio la vita dei cittadini di Taranto». Così Leonardo Donno, deputato e coordinatore regionale M5S Puglia, durante la dichiarazione di voto in Aula alla Camera.
«Mi chiedo con quale coscienza - prosegue - si possa portare avanti un provvedimento così dannoso. Stiamo parlando della vita delle persone: donne, uomini, bambini, che pagano sulla loro pelle le conseguenze devastanti dell’inquinamento. I cittadini di Taranto e tutti gli italiani stanno assistendo alla decisione del governo Meloni di non punire chi inquina e chi mette a rischio la salute. Il Movimento Cinque Stelle - continua Donno - ha chiesto al Governo di abolire lo scudo penale, di destinare le risorse pubbliche al finanziamento di investimenti ecosostenibili, di ripristinare il vincolo del finanziamento pubblico al dissequestro degli impianti, di definire un accordo di programma che preveda la realizzazione di impianti ecosostenibili. Abbiamo chiesto anche di introdurre una valutazione integrata dell’impatto ambientale e sanitario, di prevedere la riduzione dei limiti degli inquinanti. Abbiamo chiesto di fornire tutele per i lavoratori, per le imprese dell’indotto e per l’intero territorio, e di tutelare i nuovi poveri, ovvero i lavoratori dell’ex Ilva. Il governo non ha accolto neanche una di queste richieste, scegliendo di calpestare un territorio che ha bisogno delle Istituzioni al loro fianco, mentre voi invece voi gli voltate le spalle" conclude.
«Pd e M5s per onestà intellettuale dovrebbero spiegare che stanno votando contro il Decreto che stanzia sino ad 1 miliardo di euro per immettere liquidità' in un’impresa che, diversamente, sarebbe destinata al fallimento. Dovrebbero spiegare ai lavoratori ed alle imprese che senza questo provvedimento il loro futuro certo è la disoccupazione e quello delle loro famiglie e dei loro figli è la disperazione. Con il decreto che ci apprestiamo ad approvare la società' Acciaierie d’Italia può ricevere i primi 680 milioni di euro essenziali per consentire all’impresa di avere la liquidità necessaria per far fronte al caro energia ed al pagamento delle aziende dell’indotto. Il decreto introduce poi un altro aspetto importante, rappresentato dal porre un limite ai compensi degli amministratori straordinari condizionati anche ai risultati raggiunti. In ordine all’art. 7 (responsabilità penale) abbiamo sentito di tutto, sino alla idiozia giuridica di essere accusati di avere ripristinato il «diritto di uccidere». Anche in questo caso ci troviamo di fronte a vili strumentalizzazioni che nulla hanno a che vedere con lo spirito ed il dettato della norma. Si tratta di una norma che tutela chi esegue il piano ambientale e di buonsenso perchè fondamentale al fine di garantire coloro i quali intendano investire nell’acciaieria ex Ilva che ricordiamo è' un’impresa di interesse strategico nazionale». Lo ha detto il deputato di Fratelli d’Italia Dario Iaia, nella dichiarazione di voto sul Decreto Ilva.
«Noi, signori del governo, chiediamo un confronto e magari anche un patto per le politiche industriali necessarie al paese, da costruire prima di tutto con le forze sociali. Un lavoro da fare con metodo e sostanza diametralmente opposti a quelli che connotano questo provvedimento. Avevate le risorse per far cambiare strada ad Ilva, o almeno per condizionare e correggere le disfunzioni più macroscopiche, anche mettendo in conto un cambio di governance. Le avete usate per pagare le bollette e così comprare un pò di tempo. Ma il tempo non utilizzato per costruire strategie è tempo sprecato. Noi crediamo, come voi qualche mese fa, che questo sia il tempo di mettere in campo nuove politiche industriali e per questo diciamo no ad un provvedimento che suona come una capitolazione della politica, oltre che come una occasione sprecata». Lo ha detto il deputato Pd ed ex ministro del Lavoro Andrea Orlando nella dichiarazione di voto sul Dl Ex Ilva alla Camera dei Deputati.
«In un contesto obiettivamente difficile, come notato diversi osservatori, Arcelor Mittal ha dato più volte l’impressione - ha aggiunto Orlando - di fare tutto ciò che poteva per peggiorare la situazione. La multinazionale franco indiana vuole e, forse, ha mai voluto davvero il rilancio di Ilva? Non è un processo all’intenzioni, perché mentre è perdurata l’agonia di Taranto e Acciaierie d’Italia, la multinazionale ha raggiunto un livello di profitti record per la sua storia imprenditoriale, conquistando spazi di mercato proprio da dove Acciaierie d’Italia si è dovuta giocoforza ritirare». "Questo decreto fallisce l’obiettivo. I difensori di Arcelor Mittal giustificano il progressivo disimpegno con l’abolizione del cosiddetto scudo penale. Ci sarebbe molto da discutere se questa sia una ragione o un alibi. Fatto sta che voi mettete sul tavolo - ha ricordato l’esponente Pd - sia i soldi sia lo scudo, in cambio avete la garanzia che la realizzazione dei piani, sia quello ambientale sia quello industriale, riprenderà? E con che tempi? Non ha niente da dire, la ministra Calderone, rispetto al fatto che lo scudo rischia di essere un esimente anche per responsabilità legate alla sicurezza sul lavoro? Avete ottenuto garanzie su un cambio di atteggiamento verso i fornitori? E soprattutto, al di là delle buone intenzioni del ministro competente che ha accennato recentemente a un nuovo accordo di programma, ci sono garanzie riguardo al ripristino di rapporti con la città più ferita, Taranto, e con le istituzioni locali in generale? La risposta a tutte queste domane è un sonoro no!».