BARI - I rifiuti urbani devono essere conferiti in una discarica pubblica, a un costo tra i 50 e i 70 euro a tonnellata. Se non ce ne sono, e se è necessario utilizzare una discarica privata (che dovrebbe ricevere soltanto rifiuti industriali), allora si arriva a 200 euro a tonnellata. Il problema è tutto in questi numeri. La Regione ha provato a risolverlo imponendo al privato le tariffe del pubblico. Eppure potrebbe superarlo, almeno in parte, con un semplice pezzo di carta: la Puglia ha due impianti (pagati con soldi pubblici) già pronti da anni, ma che non vengono aperti perché la Regione non ha la forza di imporsi sui veti locali.
Parliamo delle discariche di Conversano e di Corigliano d’Otranto, che sono nel mirino dei Comuni e delle associazioni ambientaliste. Le due vasche «nuove» di Conversano sono state dissequestrate nel 2018, e dopo i lavori di ripristino potrebbero essere aperte e dare sollievo al sistema per almeno tre anni. Ma sono ancora bloccate. Nel novembre scorso il Consiglio bocciò un ordine del giorno presentato dal consigliere di centrodestra Paolo Pagliaro che chiedeva di non aprire Corigliano: ma nonostante questo, l’autorizzazione non è arrivata.
Il risultato è che non si sblocca niente. L’impianto di trattamento pubblico di Conversano, che serve tutto il Sud-Est barese, è privo sia di discarica che di inceneritore ed è quindi costretto a rivolgersi ai privati. Delle due l’una: o conferisce alle discariche pugliesi per «speciali», ai prezzi di mercato, oppure va al Nord dove il conferimento è più economico ma i costi di trasporto rendono comunque l’operazione poco conveniente. A rimetterci è sempre il cittadino, perché il servizio di smaltimento dei rifiuti urbani è pagato con la Tari.
È in questo quadro che si innesca la questione relativa agli impianti minimi. I provvedimenti annullati ieri dal Tar della Lombardia servivano proprio a utilizzare le discariche private a prezzi calmierati, con una tariffa che l’Ager (l’Agenzia regionale per i rifiuti) diretta da Gianfranco Grandaliano non aveva ancora determinato.
«Ci sarà solo un problema di tariffe, ma il servizio non è a rischio», fanno sapere dalla Regione rilevando che l’annullamento della delibera Arera pone una questione nazionale: noi - è la linea - ci siamo limitati ad applicare le nuove disposizioni Arera. E dunque l’Ager farà appello al Consiglio di Stato, ma tutto dipenderà dalle decisioni del ministero dell’Ambiente. È possibile, infatti, che facendo tesoro delle obiezioni sollevate dal Tar della Lombardia possa essere modificato il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti, inserendo i criteri per l’individuazione degli impianti minimi e consentendo così alle Regioni di ripartire. Le ipotesi saranno chiare nei prossimi giorni, anche se già ieri i Comuni hanno cominciato a chiedere lumi all’Ager sulle possibili conseguenze pratiche. «Non c’è nessun caso pugliese», secondo l’assessore all’Ambiente, Anna Grazia Maraschio.
Il caso invece esiste, eccome, perché la patata bollente viene scaricata sui gestori d’ambito che dovranno andare a cercare gli impianti in cui conferire: che vadano al Nord, oppure continuino ad utilizzare gli impianti privati pugliesi, il risultato sarà un aumento sensibile dei costi.