Sono mogli, mamme, figlie e sorelle. Pilotano aerei e elicotteri, guidano carri armati, comandano a bordo delle navi. Insomma, sono soprattutto colleghe, impegnate in 35 missioni sparse in 23 Paesi del mondo. Non ci sono limiti: hanno frequentato gli stessi corsi addestrativi, le stesse selezioni e hanno le stesse possibilità di essere impiegate e di raggiungere il vertice della piramide. Le donne con le stellette nelle Forze armate sfiorano le 15mila unità e rappresentano il 5 per cento del totale. E in contesti difficili e delicati, sempre più spesso sono le donne a fare la differenza per il successo della missione, come dimostra il bilancio delle ultime operazioni nelle quali sono state impegnati i reparti pugliesi, con una buona componente “rosa” schierata in prima fila. Per questo 8 marzo, niente mimose e cioccolatini, ma un impegno in contesti operativi, sociali, economici e culturali molto diversi dal nostro. Un approccio nuovo, diverso, che ha cambiato il modo di fare e di comprendere le cose. Dopo venti anni - nel 1999 l’Italia apriva le Forze armate al reclutamento femminile - la sicurezza internazionale, il peace keeping e il peace building hanno evidenziato la centralità femminile nel mantenimento e nella costruzione della pace.
Fino a dicembre del 2018 in Afghanistan la Brigata Pinerolo, la grande unità dell’Esercito made in Puglia, aveva la responsabilità del contingente schierato nel Paese degli Aquiloni. E le donne con le stellette hanno organizzato e portato a termine una serie di corsi, dalla formazione per le donne dell’Esercito di Kabul alla fotografie per l’Associazione giornaliste afghane, che hanno lasciato il segno sotto il profilo dell’integrazione culturale.
In Iraq, i soldati in rosa dell’82° Reggimento fanteria “Torino” di stanza a Barletta e dell’11° Reggimento genio guastatori di Foggia, inquadrati nel Ktcc (Kurditsan training coordination centre) si sono occupate dell’addestramento dei Peshmerga curdi. Mentre le donne dei Carabinieri hanno insegnato diritti umani, maneggio delle armi, tecniche di immobilizzazione e trattamento delle violenze domestiche al personale femminile delle diverse forze di polizia della regione autonoma del Kurditsan.
Stesso discorso in Kosovo e in Libano dove le donne militari pugliesi hanno volto un importante ruolo di sensibilizzazione verso le popolazioni locali.
In attesa del primo generale donna (secondo il capo di Stato maggiore della Difesa, Enzo Vecciarelli, con le attuali leggi e normative avverrà tra il 2029 e il 2030) tra il personale transitato in Accademia, l’Unione europea punta ad aumentare il numero di donne militari impegnate nei contingenti e negli staff delle missioni internazionali. Anche perché uno studio dell’università di Glasgow ha scientificamente provato che le donne non sono il sesso debole, neanche fisicamente. Con la giusta preparazione ed un training adeguato, l’altra metà dell’universo, può avere la stessa resistenza fisica degli uomini.
Le donne militari made in Puglia

Dall'Afghanistan al Libano la centralità femminile nella costruzione della pace
Giovedì 07 Marzo 2019, 00:33