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Nonna Maria festeggia 106 anni: è la più longeva della provincia di Brindisi
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Nonna Maria festeggia 106 anni: è la più longeva della provincia di Brindisi
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L'ANALISI
Gaetano Campione
16 Gennaio 2019
L’Italia ha una sua visione geopolitica? Cosa può essere considerato interesse nazionale? Come stanno cambiando gli equilibri, le relazioni europee e i giochi dipotere attorno a noi?
Argomenti attuali, da approfondire, nel tentativo di dare ai lettori chiavi di lettura e di indagine sulle questioni nevralgiche, col professor Luciano Monzali, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Bari.
Afghanistan, Iraq, Libano, Balcani e ora Niger, Libia. Professore, che senso ha in questi teatri operativi la presenza italiana?
“La risposta è complessa. Ci sono da salvaguardare interessi economici, vitali, strategici ma anche relazioni e prestigio internazionali del nostro Paese. La logica delle nostre alleanze è “atlantica” e poco mediterranea: servirebbe un maggior coordinamento. A volte si ha l’impressione che la politica estera sia strumentalizzata per dinamiche interne”.
Qual è, secondo lei, il ruolo dell’Italia in questo scenario?
“Siamo sempre stati il Paese della mediazione tra le grandi potenze e gli Stati medio-piccoli. E dobbiamo continuare ad esserlo. Mi piace ricordare la credibilità internazionale che aveva Aldo Moro, un aspetto dell’impegno dello statista oggi da rivalutare. Un’Italia dipendente dalle risorse energetiche estere, immersa nel Mediterraneo, preziosa alleata degli Stati Uniti, amica dei Paesi arabi, capace di cogliere le novità della storia eche si muoveva con autorevolezza. Tutto questo adesso andrebbe attualizzato: i criteri di base non hanno perso la loro validità. Con Moro le decisioni degli alleati occidentalinon erano mai imposte e venivano influenzate dalle nostre idee politiche”.
E’ possibile immaginare un’Europa senza l’Italia?
“Assolutamente no. Noi rappresentiamo l’identità europea, siamo l’Europa. Qualcuno riesce ad ipotizzare uno scenario diverso? L’idea della libera circolazione delle persone, ad esempio, è stata uno dei punti fermi della nostra politica comunitaria. Se devo demolire una casa, devo essere sicuro che quella da costruirsisia migliore di quella vecchia ”.
E’ possibile immaginare un’Europa senza la Russia?
“Anche in questo caso la risposta è: assolutamente no. Non ci può essere stabilità in Europa se non c’è una intesa con la Russia: impossibile escluderla dal nuovo ordine post guerra fredda. Mosca va coinvolta. La politica di Putin è tipica di una grande potenza ed è estremamente efficace. Il punto debole? Il modello di società russo non attrattivo rispetto a quello occidentale. Le condizioni di vita sono all’insegna della povertà, non esiste l’uguaglianza sociale”.
Eppure l’orso russo si è risvegliato…
“Bisogna analizzare in profondità le vicende internazionali. Nei Balcani e nel Mediterraneo la situazione politico-militare è stabile. Si possono verificare micro crisi, senza effetti devastanti a breve e medio termine, trasformabili in emergenze sociali. Penso, all’aumento dei flussi migratori. In Siria i russi sono intervenuti non per aggredire ma per difendere un loro storico alleato,il regime di Assad”.
L’Europa potrebbe sostituire gli Stati Uniti con la Russia nel ruolo di fedele alleato?
“Il rapporto con gli Stati Uniti per noi rimane fondamentale. Dal dopoguerra ci garantisce sicurezza, prosperità, pace e poche spese militari, perché alla fin fine ci copre l’ombrello americano. Resta il fatto che la Russia va coinvolta e non esclusa in qualsiasi processo di cambiamento europeo”.
Ha accennato prima ai Balcani. C’è un rischio islamizzazione dall’altra parte dell’Adriatico?
“La presenza di comunità islamiche è antica e plurisecolare. Era legata all’impero ottomano, il cui dominio è cessato con le guerre balcaniche del 1912-1913. Oggi c’è un risveglio dell’identità musulmana, in parte prodotto della riscoperta delle proprie antiche tradizioni da parte di popolazioni autoctone sottomesse a decenni di repressione religiosa dai regimi comunisti, in partefavorita dagli interventi di Turchia, Arabia Saudita, Qatar ed Emirati arabi, pronti ad investire fiumi di danaro nella solidarietà panmusulmana. Per loro, la comunità musulmana in Europa è soggiogata ed emarginata. Una penetrazione, quella turca e saudita,resa possibile dagli Stati Uniti perché, essendo questi Paesi alleati degli Usa, la loropresenza viene percepita, da un lato, come non ostile, dall’altro è tollerata per escludere la Russia da questo Grande gioco”.
L’Italia cosa potrebbe fare?
“Avere un ruolo molto più attivo perché siamo ritenuti, nei Balcani, un popolo amico. Manca, come al solito, una visione strategica e unitaria. Molti imprenditori italiani sono sbarcati nei Balcani. Iniziative a macchia di leopardo, senza un coordinamento. Pensate allo strumento di politica estera che potrebbe diventare l’Alitalia, nel ruolo di compagnia di bandiera nazionale, se attivasse una serie di collegamenti diretti”.
E la Puglia?
“Regione di frontiera, da sempre ha avuto con i Balcani un posto in prima fila, cercando di orientare e di riempire di contenuti l’interesse nazionale. Molti pugliesi hanno influenzato la politica estera con l’altra sponda dell’Adriatico. Penso a Salandra, Salvemini, di Crollalanza, Moro. Certi legami andrebbero coltivati, stabilizzati e rinforzati”.
Ritorniamo agli Stati Uniti. Le esternazioni di Trump, in materia di politica estera, generano confusione in gran parte dell’opinione pubblica. Come vanno lette?
“Il presidente americano ha nel realismo il suo punto di forza. Può essere considerato rozzo, spregiudicato, cinico. Ma è lucido e non è un incapace. Gli interessi vitali sono lì dove ci sono le fonti energetiche. Il resto conta relativamente. Il problema è che gran parte del mondo occidentaledelega il lavoro sporco proprio agli Stati Uniti. E questo a una parte degli Usa non va giù. Ecco perché Trump chiede un maggior impegno degli altri Paesi in termini di spese militari, sicurezza, contingenti da dispiegare. C’è un dibattito interno americano molto vivo sui costi dell’Impero a stelle e strisce per difendere il mondo libero. Certe sue scelte esprimono queste perplessità”.
Quindi, in sostanza, si va via dalla Siria, perché non c’è il petrolio. Giusto?
“Praticamente, sì”.
E l’influenza russa e iraniana nella regione?
“Gli americani hanno affidato il mantenimento dell’equilibrio all’asse Israele-Paesi sunniti, contrapposto a quello formato da Paesi sciti-Russia. In questo disegno di contenimento il ruolo della Turchia diventa cruciale. E deve tornare ad essere quello di una volta, cioè di un paese filo occidentale, affidabile”.
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