GIOIA DEL COLLE - “Niente nomi, per favore. Il nominativo radio va bene. Chi mi conosce sa chi sono, chi non mi deve conoscere è meglio che non sappia chi sono”. Ecco “Lupo 1”, il comandante del Gruppo protezione delle forze del 36° Stormo Caccia. Il suo compito? Far lavorare e dormire tutti serenamente. Fisico imponente, sguardo magnetico, quando parla è diretto, concreto. Niente fronzoli o giri di parole. Il perimetro della base è lungo più o meno 15 chilometri e va controllato, con discrezione, di giorno e di notte. Gli occhi e le antenne di “Lupo 1” sono dovunque, grazie alla tecnologia e ai suoi uomini (e donne) sempre all’erta. Attacchi convenzionali, terroristici, nucleari, batteriologici, intrusioni, incendi, sommosse, incidenti, ordigni improvvisati, droni. La lista della paura è diventata infinita. Ad ogni mossa è prevista una contromossa, come una infinita partita a scacchi. Il Gruppo protezione delle forze può affrontare qualsiasi minaccia con una preparazione adeguata grazie al poligono interno e ad una serie di attrezzature e di professionalità sulle quali c’è un alone impenetrabile di riservatezza: “Oggi il livello di allarme è Alfa plus”, spiega “Lupo 1”, con un pizzico di soddisfazione. Il cuore del meccanismo di sicurezza è una sala operativa dedicata attiva 24 ore su 24 dove arrivano e si valutano quotidianamente i contributi dell’intelligence e i dati della rete di sorveglianza della base.
Una chicca? Il software in grado di simulare l’esplosione di una “bomba sporca” e di monitorare minuto per minuto la direzione della nube radioattiva o tossica in base a venti, correnti e piogge. Nelle esercitazioni si sperimenta sempre il peggio, così da non essere mai impreparati: lo sversamento di una cisterna di ammoniaca, l’esplosione accidentale di un serbatoio di carburante, l’azione di un kamikaze. E’ l’unico modo per limitare e circoscrivere gli eventuali danni.

Domenica 14 Ottobre 2018, 17:18