BARI - Michele Laforgia, leader della coalizione di sinistra alle comunali di Bari, in questi giorni si registra una notevole risposta popolare ai banchetti contro l’autonomia. Come valutare questa novità?
«Con la volontà, non solo del Sud, di impedire lo scempio del Paese. È la dimostrazione concreta – non la prima, per la verità – che quando la politica si confronta con la vita reale delle persone e si mobilita per la giustizia sociale (per la scuola, la sanità, l’ambiente, tre delle materie oggetto di possibile regionalizzazione ad armi impari) trova ampio consenso, anche in piena estate. E non è un caso che l’opposizione si sia ritrovata unita nella raccolta delle firme: da qui dobbiamo partire per costruire l’alternativa».
L’opposizione, infatti, ha scommesso sul referendum. Alla Regione però la delibera per proporre i due quesiti alla Suprema Corte è rimasta impaludata nelle fragilità della maggioranza.
«Potrei dire: come volevasi dimostrare. Denunciamo da anni, spesso nell’indifferenza generale, l’ambiguità e i rischi di una maggioranza a geometria variabile, nella quale gli interessi particolari – anche per il trattamento di fine mandato – finiscono per prevalere sulla visione politica. Ma proprio per questo sarebbe il caso di individuare una strategia per il prossimo futuro, evitando di buttare tutto a mare. È il momento di distinguere chiaramente chi vuole stare con il centrosinistra e chi con il centrodestra, e non per convenienza personale».
I suoi rapporti con Conte, Schlein e Vendola dopo le comunali baresi? Esclude di iscriversi ad un partito nazionale?
«Non ho sentito nessuno, ma per me non è un problema, visto che non devo fare carriera politica. Del resto, i Maestri ci hanno insegnato che i partiti sono necessari, ma che i partiti hanno bisogno della cittadinanza attiva. E io sono impegnato da decenni a promuovere la cittadinanza attiva, non solo a Bari».
Le prossime regionali si avvicinano. Ha fatto discutere l’ipotesi di candidatura di Michele Emiliano a consigliere nella prossima legislatura. Che segnale sarebbe per gli elettori?
«Non credo che Michele Emiliano si candiderà. Per parte nostra, comunque, abbiamo detto più volte che la buona politica si caratterizza innanzi tutto per la capacità di rinnovare le rappresentanze e promuovere una nuova classe dirigente. So bene, per averlo vissuto in prima persona, che non è facile ottenere (e conservare) il consenso stando fuori dalle istituzioni, ma proprio per questo occorre dare il buon esempio».
Come si prepara al rinnovo dei vertici della Regione l’area politica progressista che si è riconosciuta nella sua proposta barese? Dialogate già con Decaro, papabile successore di Emiliano?
«Per ora siamo impegnati a consolidare l’unità che abbiamo raggiunto a Bari e che ha conseguito un risultato storico, con il 21.75%. Sono personalmente convinto che questa sia la strada giusta da percorrere anche a livello regionale, promuovendo un’alleanza con pari dignità con il Pd e le altre forze del campo progressista. Per Decaro vale quello che ho detto per i leader nazionali: non l’ho sentito, se non per fargli gli auguri. Se e quando sarà il momento, parleremo della regione e dei nostri 33.400 voti».
Nei prossimi giorni si paleserà la nuova giunta di Bari del sindaco Vito Leccese. Lei preferisce i saggi di Franco Cassano al manuale Cencelli. Che consiglio non richiesto, stante il diktat del Pd, darebbe al primo cittadino per una composizione di un esecutivo che abbia anche la cifra del rinnovamento?
«Com’è noto, gli accordi, resi pubblici prima del voto, prevedono la nostra partecipazione al governo della città con pari dignità e una rappresentanza proporzionale al risultato ottenuto al primo turno. Non si tratta, quindi, solo di distribuire le deleghe assessorili, ma di condividere le scelte, come abbiamo scritto in un documento condiviso dall’intera Convenzione e trasmesso al Sindaco. Se vi sono diktat capaci di rimettere in discussione questo patto, su cui nessuno, prima del voto, ha avanzato obiezioni, ne trarremo personalmente e politicamente le conseguenze. Non sono in campo per ottenere poltrone, tanto meno per me stesso, ma per rispettare il mandato dei nostri elettori».
Per lei c’è chi ipotizza il ruolo di presidente del consiglio comunale (che non è una delle due Camere). La sua coalizione ha chiesto discontinuità su urbanistica, politiche sociali e mobilità. Da quella eventuale posizione come si può incidere su questi fronti?
«Il presidente del Consiglio Comunale non è espressione del Sindaco, ma eletto con voto segreto dai consiglieri comunali. Se e quando la maggioranza proporrà il mio nome, unitariamente e nell’ambito di un accordo complessivo, ne discuteremo anche con l’opposizione, considerato che si tratta di un ruolo di garanzia, e poi prenderemo una decisione. Altrimenti è pure inutile parlarne».
Su Amazon prime va in onda in questi giorni una serie legata a Batman e lei, appassionato di fumetti, sicuramente la seguirà. Sono ancora al lavoro gli ispettori del Viminale e l’emergenza criminalità resta intatta nella sua attualità, sebbene oscurata da altre notizie. Quali le priorità legalitarie per la città?
«La serie è in onda dal 1 agosto, l’ho già vista. Fortunatamente, Bari non è Gotham City, ma ho detto più volte in campagna elettorale. La città ha bisogno di un profondo rinnovamento per proseguire sulla strada virtuosa, ma non sempre ineccepibile, degli ultimi anni. Le nostre proposte sono scritte nel programma: sicurezza sociale, lotta alle povertà, e alla criminalità comune e organizzata, decentramento e nuova governance delle società partecipate».
Ultima domanda, vacanziera: come trascorrerà il Ferragosto?
«A casa, con Ettore (l’inseparabile gatto, ndr). Con lui, prima, durante e dopo le elezioni, mi sono confrontato sempre».