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E la bionda Crescenza chiamò: Alberto!

 
GIANNI ANTONUCCI

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GIANNI ANTONUCCI

E la bionda Crescenza chiamò: Alberto!

Storia di un incontro con il calciatore Biagio Catalano, «star» del 1964

Giovedì 30 Luglio 2020, 11:59

 Era Biagio Catalano il protagonista «caldo» di una estate (1964) ritenuta dai tifosi troppo fredda rispetto a quella precedente che aveva esaltato tutti con la promozione in serie A. la retrocessione aveva inevitabilmente mandato il tifo in frigorifero. Non era, del resto, la prima volta che accadeva.

E, non era, tra l’altro, la prima volta che il Bari doveva cominciare a battersi per risalire. La campagna soci si concludeva in un mezzo fallimento: soltanto una cinquantina dei 631 aventi diritto , aderivano all’invito lanciato dai dirigenti di farsi avanti per ristrutturare le basi della società e, portarla, così, a livelli più moderni, più aderenti ai tempi che correvano. Da un dibattito fra i tifosi emergevano tre punti essenziali: al Bari occorreva un «general manager»; la società andava amministrata da un unico responsabile, il presidente; la folla barese aveva un notevole concorso di responsabilità nelle vicenda allucinanti ed a volte tristi della squadra.

Se la morte a Yalta, in Crimea, di Palmiro Togliatti faceva notizia, Biagio Catalano diventava il personaggio attorno al quale ruotava tutto l’interesse del momento. Era richiesto dalla Roma, poi dall’Inter di Helenio Herrera, poi anche dal Milan che lo valutava sulla base di 150 milioni. Dopo una serie di conferme e smentite, finalmente la verità: il contesissimo Catalano (l’uomo nuovo del Bari, l’ultimo rampollo barese emerso dal vivaio) era ceduto al Genoa (proprio quel Genoa che alcuni mesi prima aveva vinto a tavolino a Bari l’incontro di campionato dopo l’infortunio – scontro con De Pozzo – subito da Catalano): per ottantacinque milioni più la compropietà del mediano Baveni. I tifosi non facevano salti di gioia. Era ancora vivo il ricordo di quando l’equipe titolava «Catalano, il Sivori del sud».

Ci fu anche risalto quando Ignazio Schino, noto radiocronista e giornalista sportivo, dedicò un servizio conseguenziale ad un’apparizione televisiva proprio di Biagio Catalano nella rubrica «specchio segreto» ideata da Nanni Loy.

Il filmato si riferiva ad una circostanza accaduta al ritorno dalla Bulgaria di Catalano, convocato per la nazionale B.
«Fu all’indomani dell’incontro con la Bulgaria – scrisse Schino – e Catalano tornava a casa, bello, aureolato di gloria, in pienissima forma, quando all’aereoporto di Fiumicino, una bionda dall’aria svampita (l’attrice Isa Crescenzi), con in mano un paio di lenti e gli occhi di finta miope, gli cadde fra le braccia».

«Non era Tosca, era il destino in visione chiaro, era la Medusa dei serpenti ossigenati, era la fatalità che come una valanga rotolava tra le braccia dell’ingenuo giovanotto barese! «Alberto» gridò la maliarda, ed ebbe subito la partita vinta. Lo avesse chiamato, chessò, Orazio o Nicola, state sicuri che non sarebbe successo niente. Ma «Alberto» è un nome che, forse forse, è più accettabile di Biagio. Che male c’è a rispondere? Se lo avesse chiamato Oronzio sarebbe stata: «Guardi che a me Oronzio non me l’ha mai detto nessuno!». Invece, a quel dolce ed invitante «Alberto», ci fu soltanto una timida reazione: «Ma io non mi chiamo Alberto, mi chiamo Biagio». «Già, Biagio!» rispose l’altra. E la trappola scattò.

Il lungo colloquio, gelidamente ripreso dall’occhio della macchina cinematografica nascosta, si dipanò pianamente, lentamente, subdolamente. Immemore del canoro ammonimento di «adagio Biagio», il giovanotto barese si tuffò nell’imprevisto. La maliarda accennava ad una passeggiata lungo il mare e lui cercava di precisare la località. «Deve essere stato a Palese o a Torre a Mare».

La vampira ricordava una canzone cantata mentre l’onda batteva sullo scoglio e lui gigioneggiava: «Marina, Marina, Marina».
«E fu così - proseguì Schino – che il sangue di attaccante che scorre nelle vene di Catalano prese a pulsare più forte che mai e l’attaccante attaccò. Con mossa rapida ma pressochè sinuosa, il volto di Catalano si abbassò, la bocca si portò all’altezza della mano sinistra, la dove il mignolo si perde nella carnosità della palma, e giù un languido, sospiroso morso!».
Attraverso il microfono nascosto in quella mano, a me parve di sentire i dentuzzi di Catalano, incisivi, canini, molari e premolari, suonare come campanelle. E mi resi conto che stava succedendo qualche cosa di grave. Eva aveva gabbato Adamo, Giuditta aveva stroncato Oloferne, Dalila aveva rapito Sansone! Il mordente di Catalano era finito sulla mano di Isa Crescenzi. Compresi, allora, tutto il resto.

L’incidente, la pantomima col Genoa, la lunga convalescenza, la ricaduta e questo stentato riprendersi di adesso. Compresi perché mai Catalano aveva perso il mordente. Era rimasto lì, sulla mano di Isa Crescenzi in cui il mignolo si perde nella carnosità della palma.

Potenza di una chioma bionda e di un «Alberto!» gridato tra il fragore dei reattori».
La vicenda di «specchio segreto» resterà assieme al suo caso, ai suoi gol e alla sua volontà, alle sue partite da gladiatore, uno dei più pittoreschi episodi di Biagio Catalano.

Se a fare notizia nel calcio era Catalano, nel comune l’avv. Gennaro Trisorio Liuzzi veniva eletto sindaco della città, subentrando al dimissionario Ing. Lozupone.

Si poteva, intanto, effettuare via mare il viaggio Bari – Dubrovnik col primo traghetto messo in esercizio. Si aveva una leggera ripresa nell’edilizia, ma faceva sensazione il prezzo della bistecca che raggiungeva le 2400 lire al chilo. Un «secondo» di carne diventava un piatto da principi.

Sono passati 55 anni da allora.

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