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Sviluppo, incognita caro energia

 
Redazione Speciali

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Industria pugliese, più peso sul Pil ma i licenziamenti aumentano

Nel terzo trimestre in Puglia il tasso di crescita delle imprese è stato dello 0,35%

Lunedì 31 Ottobre 2022, 13:50

La mancata destagionalizzazione e i rincari dei beni energetici rallentano la crescita del sistema produttivo pugliese. È quanto emerge dall’ultimo studio condotto dall’Osservatorio Economico Aforisma. Ci sono state meno iscrizioni al Registro delle imprese nel terzo trimestre di quest’anno: il tasso di crescita in Puglia è stato dello 0,35 per cento, contro lo 0,43 per cento del terzo trimestre del 2021. A fronte di 4.182 nuove iscrizioni al Registro delle imprese, le cancellazioni sono state 2.831: il saldo è di 1.351 aziende in più. In Puglia si contano 232.592 ditte individuali, 103.664 società di capitale, 32.160 società di persone, 17.426 società costituite in altre forme (ad esempio, sotto forma di consorzi). Sono, in tutto, 385.842 le imprese registrate al 30 settembre 2022. In provincia di Bari si registra una diminuzione degli esercizi commerciali; in quella di Foggia, oltre al commercio, soffre anche l’industria e in quella di Lecce arretra solo l’industria tra i principali settori. Gli altri, invece, sembrano resistere a questa congiuntura sfavorevole.

Tuttavia, se da un lato il numero delle aziende lievemente cresce o resta invariato in tanti settori, dall’altro, però, occorre rilevare l’effetto distorsivo dei prezzi sui mercati: l'economia è a rischio se continuano ad essere “instabili”.
«I prezzi – spiega Davide Stasi, direttore dell’Osservatorio Economico Aforisma – non devono aumentare in maniera esponenziale (altrimenti si alimenta l’inflazione), né devono diminuire per un periodo prolungato (per evitare la deflazione). Lunghe fasi di inflazione (o deflazione) eccessiva hanno effetti fortemente negativi sull’economia. È la stabilità dei prezzi che favorisce la crescita dell’economia: i posti di lavoro sono al sicuro e i soldi in tasca mantengono il loro valore. Se i prezzi dei beni e dei servizi aumentano ancora, si perde “potere di acquisto”. Questo significa che con il denaro a disposizione (tra reddito e risparmi) non si riesce più a comprare quello che si sarebbe potuto comprare in passato. L’inflazione innesca una spirale di crescita dei prezzi e se tutto diventa più costoso, i lavoratori sono spinti a chiedere un aumento di stipendio. I datori di lavoro, per soddisfare questa richiesta, non possono fare altro che vedersi costretti ad innalzare i prezzi dei loro prodotti. Tutto ciò rende più difficile sia per le famiglie ma soprattutto per le imprese poter pianificare entrate e uscite e, dunque, risparmi ed investimenti. Se il denaro si svaluta rapidamente, si comprano meno beni e meno servizi, determinando ripercussioni negative sul Prodotto interno lordo (Pil)».

Nel 2021 l'economia pugliese ha registrato una sensibile crescita, estesa a tutti i principali settori, dopo il forte calo dell'anno precedente dovuto all'insorgere della pandemia; nei primi mesi del 2022 la ripresa ha perso slancio, risentendo del deciso aumento dei prezzi dei beni energetici e di altre materie prime, intensificatosi a seguito dello scoppio del conflitto in Ucraina. In particolare, nel 2021 l'attività industriale ha recuperato gran parte del calo registrato nel 2020. Secondo i dati diffusi dalla Banca d'Italia, le vendite e gli investimenti sono risultati in crescita. Il valore aggiunto del settore delle costruzioni ha superato il livello precedente la pandemia, beneficiando del deciso incremento della domanda di abitazioni e di lavori di ristrutturazione, nonché dell'aumento della spesa per investimenti in opere pubbliche delle Amministrazioni locali. L'attività nei servizi, che più di tutte aveva risentito degli effetti negativi causati dai provvedimenti limitativi della mobilità, ha realizzato un recupero meno intenso rispetto ai precedenti settori. L'agricoltura, che continua a subire gli effetti negativi della diffusione della Xylella nelle province meridionali della regione, ha registrato una lieve crescita del valore aggiunto. Le vendite all'estero sono tornate ad aumentare in tutti i principali comparti, ad eccezione della componentistica dei mezzi di trasporto, dell'aerospaziale e del farmaceutico.

Nel 2021, inoltre, l'aumento delle vendite ha sostenuto la redditività delle imprese. La ripresa ha determinato un incremento del fabbisogno finanziario per il sostegno di investimenti e capitale circolante; tuttavia, a causa dell'abbondante liquidità, accumulata soprattutto nell'ultimo biennio, e della graduale riduzione delle misure di sostegno pubblico al credito bancario, i prestiti al settore produttivo hanno rallentato. La ripresa economica ha determinato nel 2021 un miglioramento degli indicatori del mercato del lavoro. L'occupazione ha recuperato i due terzi della perdita del 2020, grazie alla intensa crescita delle assunzioni nette a tempo indeterminato e determinato, proseguita nei primi mesi del 2022. Il flusso dei licenziamenti è rimasto invece sui bassi livelli del 2020, nonostante il progressivo esaurimento in corso d'anno dei provvedimenti di blocco. Il positivo andamento dell'occupazione nel 2021 ha favorito un aumento dell'offerta di lavoro, soprattutto femminile.

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