Sabato 06 Settembre 2025 | 08:18

E il popolo marinaro canta per il suo Santo

 
Michele Mirabella

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Come resistere alla convocazione sacra che esimeva da pellegrinaggi geografici? Ecco chi sono i Baresi: pellegrini. Pellegrini stanziali

Domenica 04 Maggio 2025, 14:13

«San Nicola va per mare, va vestito da marinaio». Sembra una variazione agiografica azionata dal bicchiere di «primitivo» di troppo, ma la versione dialettale assimila la constatazione in una bella preghiera popolare: Sanda Ncola va’ p’ mar e va vstut da marnar / Nu ca sim verginell u velim accombagnà / Sanda Ncola iè d’argìnd , va p’ mar e ammen u vind / Va p’ terr chin d’ sol / Sanda Ncola iè tutt d’or!

Non è il canone pomposo della banda che segna il passo processionale, ma la giaculatoria innamorata del popolo che prega. Un popolo marinaro canta per il suo affezionato protettore e la minima devozione descrive, con l’ariosità della musica popolare, le virtù professionali del suo Santo prediletto quando era, nel secolo, quell’orientale di nascita, naturalizzato pugliese a furor, mistico, di popolo. Quel Santo cui si attribuisce l’orgoglio di vestire la tenuta del marinaio. Ed è qui che volevo approdare, a quella tenuta da marinaio, alla divisa della gente di mare che il mare sa rispettarlo perché lo ama, sia quando negli orizzonti immani spalanca le sue vie infinite, sia quando i suoi furori mitigano la presunzione di naviganti troppo avidi e temerari. Il mare non perdona se non agli innocenti in buona fede. San Nicola che diventa «Sanda» Nicola per indugio appesantito di cadenza vernacolare, veste d’argento quando s’affida al mare con il vento, ma veste d’oro quando sfida le vie della terra, accoglienti solo all’apparenza. E quell’oro è la sua generosità cristiana, la solidarietà per i naviganti della vita e la misericordia per i naufraghi dell’esistenza. Non è l’oro delle greche dei gradi delle uniformi.

La storia di San Nicola e della sua beata invadenza onirica soavemente avvertita nella visione dal pio abate, è preghiera santamente petulante che avvisa i Baresi della volontà di far riposare le sue sante reliquie nella loro città e non altrove. Come resistere alla convocazione sacra che esimeva da pellegrinaggi geografici? Ecco chi sono i Baresi: pellegrini. Pellegrini stanziali. È un ossimoro, lo so, ma esemplare. I pellegrini possono essere fermi nella contemplazione, nell’operosità, nell’ospitalità generosa ai pellegrini che si spostano, che camminano. Pellegrini alla ricerca della sapienza che hanno affidato la loro identità e dignità future ad una trovata faticosa, quella di ospitare e accogliere. Si spiega l’esigenza così sentita di trovarsi quel patrono pittoresco e dolce: San Nicola, un santo forestiero che noi amiamo tutti, beninteso, e a cui siamo tutti devoti, però, pur sempre, ospite, diciamolo. Ma l’attenzione verso un Santo così pellegrino conferma che il barese è stato sempre attento alle vicende del mondo e non si sia mai chiuso tra il suo mare e il suo contado. Non era stato mai promosso clamoroso protagonista, ma riconosciuto, comunque, curioso, attento e sagace. E pacifista perchè pacifico, ma sempre pronto a difendere con le unghie e con i denti il proprio privato sociale nel «particulare», come molti popoli del Mediterraneo. E ci speghiamo, così, che il barese vero è colui che pulisce lo spazio dinanzi alla propria abitazione poiché è convinto che, se tutti fanno così, la strada sarà pulita. Il problema è che non più tutti «fanno così», ma è problema recente, di un tempo oscuro. Diciamo: è una conseguenza di quella variante della modernità metropolitana che si chiama spaventato egoismo urbano.

Bari, come città, vive di vita propria. È bella, strana: più ne sono lontano, più mi piace quando torno. I difetti che, prima, le attribuivo rischiano di diventare pregi: l’esorbitanza retorica del lungomare monumentale, il fortilizio della Fiera del Levante, l’affastellamento della città moderna. Nonostante sia parzialmente ripopolato e snaturato, sterilizzato in una visione consumistica, il Borgo antico emana una grande forza. Questa appendice foranea segnala che la vita è nel mare e, in questo ombelico che si nutre del mare, lo fronteggia pensosa e prudente. Bari sembra saper vivere di dignità propria, una creatura che si rende bella da sola quasi per sorprendere i suoi abitanti. I Baresi passano, il Borgo resta là.

I Baresi eccellenti, però, non passano, restano nel borgo, abbracciati alla città, a spasso per Via Sparano, per Corso Cavour, anzi per Corso Càvur, come volgarizzano i miei concittadini in quell’ idioma misto, mediato tra il dialetto e quello che presumono essere la lingua italiana: il «giargianese». E i Baresi non smettono di esserlo, anche se partono. Soprattutto quando partono. Molti, forse, partono proprio per poter tornare. Pellegrini della nostalgia. Per provare quell’emozione appassionante del ritrovare e del ritrovarsi. Ecco, finalmente, perché dico che dobbiamo smetterla di raccomandare «Non facciamoci conoscere!». Io dico: «Facciamoci conoscere», invece. Con pacato orgoglio. Ostentiamo l’intelligenza, la generosità, l’ironia. E la volontà operosa da marinai che ancora anima i cittadini che hanno la capacità testarda e orgogliosa di ricostruire i teatri.

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