Lunedì 03 Novembre 2025 | 04:20

Quando la scuola ignora la tecnologia

Quando la scuola ignora la tecnologia

 
Michele Mirabella

Michele Mirabella

Se l’umanità utilizzerà un quarto d’ora a capire che il telefonino non è un giocattolo, ma un arnese utile alla convivenza, gli studenti non pretenderanno di giocarci. Salvo che non studino l’intelligenza artificiale

Domenica 26 Ottobre 2025, 15:08

Alcuni scienziati molto seri che si occupano della sociologia della comunicazione, una disciplina interessante e giovane, hanno condotto uno studio sulla fatica fatta dall’umanità per concepire modi della coesistenza dalle origini probabili e lontane fino al nostro oggi per intendersi in forme sociali di coesistenza. Pacifica con molte difficoltà. Questi scienziati son di quelli pensosi, ma anche molto avvertiti del presente chiassoso e inquieto che stiamo vivendo e si sono presi la briga di fare due conti. Conti semplici, conti che tornano. Hanno calcolato che il nostro presente, ripeto, quello, per convenzione, movimentato che stiamo vivendo, è breve, brevissimo: un nonnulla a petto dell’immane tempo vissuto dall’umanità. Naturalmente questi studiosi parlano dal loro punto di vista, quello della comunicazione.

Ed ecco il risultato: posto che consideriamo i circa quarantamila anni che l’uomo ha impiegato a passare dalle impronte e dall’esitante graffito sulle pareti di una caverna al messaggio via Internet simboleggiati in un giorno solo, il giorno della vita dell’umanità, avremo delle interessanti sorprese.

Scopriremo, per esempio, che il nostro antenato eroe, l’uomo «faber» e disegnante, ci ha messo 18 ore a passare alla fonazione per diventare parlante e, addirittura, attore. Poi ha usato un’altra oretta a concepire l’alfabeto, un paio d’ore a progettare la scrittura, la aritmetica e la geometria e a farsi scrittore, mezz’ora ad escogitare la stampa e solo una mezz’oretta scarsa ad inventare tutto il resto e, cioè, giornali, telegrafo, telefono, radio, cinematografo, televisione, Internet, radiotelefoni cellulari. Anzi: gli ultimi cinque minuti sono stati i più burrascosi ed impegnativi. Infatti, tutto quello di cui ci serviamo per comunicare modernamente è il ritrovato di qualche secondo fa. Secondo epocale, s’intende. Ed, ecco, l’intelligenza artificiale.

Ma torniamo al tempo reale. Anzi, al tempo nostro stagionale. Quello dell’inizio dell’anno scolastico, per esempio. Eccole, come tutti gli anni impegnate le famiglie, sempre un po’ più distratte, per la verità, e prendere largo spazio sui giornali. E, come tutti gli anni, il Ministero dell’Istruzione s’è arrovellato per inventare le varianti sul tema non senza qualche successo. Gli alunni saranno seguiti dai professori che tenteranno di non farsi soverchiare dalla tecnologia che, tanto, non li segue, li precede. Certo io preferisco i professori che precedono, i veri Maestri che indicano la strada e vigilano, se mai, che siano i giovani a seguirla. Ricordate il vecchio ammonimento? Io si: «Mirabella segui! Così, poi, a casa, fai meno fatica».

Ma il Ministero, non a caso, è Ministero dell’Istruzione e del Merito: non solo pubblica e vigilerei. La ragione non è onomastica, è di sostanza, lo capiscono anche i bambini che affronteranno gli esami di maturità tra dieci anni. Quando avranno un computer ipodermico, un telefono cellulare nel timpano e i professori che seguono, seguiranno la moda facile di non accorgersene e lasceranno copiare temi e problemi dalla rete con cui gli studenti saranno collegati via planetinternet intestinale. Il Presidente allora sarà abolito e sostituito con un bel ficus ornamentale di plastica che nasconde una telecamera.

Regge, pateticamente: una circolare del Ministero, con un ordine secco e perentorio, ingiunge di «vietare, durante le prove scritte degli esami, di portare a scuola telefoni cellulari di qualsiasi tipo»! Nella stessa circolare si arrivò ad obbligare le scuole a disattivare i collegamenti Internet. Il motivo di tanta severità è ovvio ancor’oggi: i candidati devono usare solo «farina del proprio sacco», come si diceva una volta. Sacrosanto. Anche se il provvedimento sembra irridere a tutti gli sforzi che l’uomo ha compiuto per bruciare le tappe delle invenzioni tecniche per comunicare negli ultimi minuti del suo tempo simbolico e arrivare alla «Intelligenza artificiale».

Io ricordo che, anche nel campo delle astuzie da esame, l’umanità ha fatto lunghi passi avanti: ricordate le cartucciere con centinaia di temi svolti scritti con microscopica grafia, i vocabolari infarciti di teoremi graffiti nei contorni delle pagine, i Bignami nelle mutande, i panini con la versione di greco al posto della mortadella? Finiti!

Oggi il microcomputer risolve tutto e il Ministero vigila ma non si capisce se abbia voglia di intervenire. Infatti, sembra che la diffidenza per la tecnologia sia persa. Forse conviene insegnarla. Ai docenti, prima di tutto. Del resto, anche il saper districarsi nelle reti informatiche costituisce da tempo materia di riflessione e di studio. Se l’umanità utilizzerà un quarto d’ora a capire che il telefonino non è un giocattolo, ma un arnese utile alla convivenza, gli studenti non pretenderanno di giocarci. Salvo che non studino l’intelligenza artificiale. Spunterà l’alba del secondo giorno della civiltà umana sul pianeta terra. Devo chiudere: squilla il telefonino.

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