Sabato 06 Settembre 2025 | 11:40

Il tesoro nella mani di Cosma e Damiano

 
Michele Mirabella

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La terza domenica di ottobre a Bitonto si festeggiano i Santi Medici. Le speranze erano nell’unguento miracoloso

Domenica 20 Ottobre 2024, 12:29

È la terza domenica di ottobre. A Bitonto festeggiamo i Santi Medici. Ho scoperto il vero giorno del martirio dei fratelli protocristiani è il 26 settembre. Nicola Pice, studioso, mi spiega narrandomi una storia condominiale di locazioni ecclesiali che spinse i prelati a dislocare la festa dei Santi Cosma e Damiano non nel diesnatalis, ma alla data odierna libera da Santi. Il sacerdote che aveva la responsabilità di allestire la processione a Bitonto, ingiunse regole di saggia visione delle cose per liberare il rito della religiosità popolare dagli orpelli della superstizione che rischiano di sconfinare in un paganesimo mondano e fanatico al servizio di “comitive” di ambigua estrazione e discutibile condotta morale che non hanno a che fare con il sereno messaggio di speranza dei miei Santi Medici. Il prete fu Don Vito Piccinonna, nato a Palombaio e, ora, vescovo di Rieti.

Comunque resiste un sacrosanto popolare folklore: “Evviva a Santo Cosma e Damiano!Biatoa quel tesoro che avete in mano|”, beato, nella dizione pugliese. L’oggetto è una capsula dorata che conterrebbe un unguento miracoloso. Il tesoro, appunto. In verità l’agiografica metafora allude alla potenza taumaturgica dei Santi Medici: quello il tesoro, corredato anche da una penna d’oca. Da bambino, quando scrutavo a bocca aperta per il candido stupore dell’inerme infanzia il saltarello buffo e faticato della processione pensai che la penna d’oca servisse per scrivere le ricette. Così vedevo fare al medico di famiglia al termine di visite e sopralluoghi in casa di mio nonno nelle premure di una consuetudine affettuosa. Il dottore, dopo essersi lavato le mani e essersele asciugate nel “mannile”, l’asciugamano del corredo buono scovato per l’occasione, dava di piglio ad una gran stilografica e vergava con prudente circospezione ed eleganza di tratto la ricetta suggerita dalla perlustrazione clinica. I Santi Medici, in verità non fanno che ricette simboliche, ammonimenti allegorici e, se scrivono, prescrivono solo preghiere al Divino Committente da cui, solo, procede la loro taumaturgia. Ma io, da bambino, non potevo avventurarmi in complicazioni delle verità di fede. E anche coloro che con devozione cieca e fiduciosa arrancano per far quadrare la melodia e le parole di quella semplice nenia dialettale: “Evviva a Santo Cosma e Damiano! Biato a quel tesoro che avete in mano|” non si avventurano in speculazioni teologiche. La processione dei Santi Medici si tiene, oggi, terza domenica d’ottobre, come per consuetudine, a Bitonto. Il rito pellegrino, un tempo era corredato da una moltitudine di corollari gastronomici ed enologici. La tradizione annoverava picaresche mangiate all’aperto di carne arrostita e salsicce a punta di coltello. Il contorno era robustamente assicurato da sedani enormi, sbrigativamente liberati dei bruni residui di terriccio sotto lo zampillo delle fontane e da olive “alla calce” il cui perentorio ricordo saporito vale, per me, le “madeleines” di Proust. Con i mozziconi di sedano si dava la caccia ai grumi di formaggio “punto” che tergiversavano sul tavolaccio tentando di guadagnare la libertà, sorretti dai minuti vermetti che garantivano un sapore, pare, ineguagliabile. Io pensavo che quel cacio fosse altrettanto pellegrino che i fedeli che recavano enormi ceri accesi in avanguardia e retroguardia delle statue, una vestita di rosso e una di verde, cantando le strofe sbilenche. Alcune pie signore camminavano a ritroso, precedendo il corteo, pur di non volgere le spalle ai Santi. L’odore della cera fusa si mescolava coi fumi dell’ecatombe di salsicce e si spargeva per l’aria autunnale un non so che di acre e piacevole, di agreste e domestico, con quel sentore di fascine bruciate. La cera sparsa sulla strada, pensavo con la malizia innocente dei bambini, avrebbe, facilmente, provocato altre richieste di grazia e tutela ai Medici beati, grazie e tutela, diciamo così, ortopediche.

La pia devozione verso Cosma e Damiano discende, in larga parte della cristianità con le effusioni particolarmente appassionate dai fedeli, da una circostanza interessante: essi furono medici. E medici anargiri. Non si fecero, cioè, mai pagare. Tutte le tradizioni fanno riferimento a “fratelli, gemelli e medici” di origine mediorientale. Questi erano in grado di operare prodigiose “guarigioni” e “miracoli” e la loro azione era completamente gratuita, in applicazione del precetto evangelico: “Gratis accepistis, gratis date.” Da qui l’appellativo “Anargiri” (dal greco anargyroi, estranei al denaro). Il popolo venera questi Santi con acceso amore e confida in loro prima di arenarsi, stremato, sulla riva della rassegnazione. Oggi i medici vanno rispettati come santi e pagati come lavoratori. dopo aver letto e saputo e constatato le prodezze dall’amministrazione della sanità pubblica e dei politici che non se ne occupano a sufficienza. Staranno alla larga dalla processione di oggi: il tesoro che recano nelle mani Cosma e Damiano è un unguento. Miracoloso per chi ha fede. Non può essere contabilizzato nel bilancio dello stato.

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