«E la gente lo chiama Sandro»: con questo titolo in prima pagina inizia la cronaca de «La Gazzetta del Mezzogiorno» sulla visita in Puglia del presidente della Repubblica Sandro Pertini che si svolse dal 1° al 4 marzo 1980. Eletto al Quirinale due anni prima, nel luglio 1978, con l’83,6% dei consensi, ancora oggi è il presidente più votato della storia della Repubblica. Parte da Foggia il suo viaggio di quarantaquattro anni fa: «La folla. Poi la commozione, e tutti a gridare: «Sandro! Sandro!».
I foggiani, specialmente i giovani che hanno marinato la scuola per salutare Pertini, l’hanno chiamato per nome e lui a rispondere alzando le braccia, accarezzando i bambini in bilico sulle transenne di piazza Prefettura», si legge sul quotidiano del 2 marzo. Intenso il programma delle giornate successive: i cronisti della «Gazzetta» raccontano nei dettagli l’omaggio reso dal Presidente al Sacrario militare dei caduti d’Oltremare di Bari, la tappa a Conversano nel ricordo di Giuseppe Di Vagno – il parlamentare socialista ucciso da squadracce fasciste nel 1921 – ma soprattutto la visita ad un luogo che egli, negli anni della persecuzione fascista, ha conosciuto in prima persona.
«Sandro Pertini è tornato ieri da presidente della Repubblica nel carcere di Turi. Condannato dal Tribunale speciale fascista vi restò rinchiuso dal dicembre 1931 all’aprile del 1932. Vi è tornato per rivedere la sua cella e per rendere omaggio alla memoria di un altro grande antifascista, Antonio Gramsci, in un pellegrinaggio che lo ha commosso sino alle lacrime. Nel carcere, oggi “Casa penale per minorati fisici”, Pertini ha voluto andare da solo. Salite le scale sino al primo piano ha chiesto ai suoi collaboratori di allontanarsi. Conosceva la strada che porta alla nuda stanzetta che fu per oltre cinque anni di Gramsci. È stato visto sedersi, in preda a commozione, ai piedi del letto. Le lacrime gli rigavano le guance. Si è tolto gli occhiali e li ha asciugati lentamente con il fazzoletto. Per cinque minuti è rimasto così, assorto nei ricordi», scrive Venanzio Traversa. Il 3 marzo Pertini è all’Italsider di Taranto: non è la sua prima visita allo stabilimento, ma questa occasione rimane nella storia anche per la scelta di condividere il pranzo con gli operai nella mensa della fabbrica, momento immortalato dai fotoreporter della «Gazzetta».
«Sul piano di colata dell’Altoforno 5, un operaio, sgusciato via dalla piccola ressa dei “caschi rossi”, si è avvicinato al Capo dello Stato, ha tirato fuori da una tasca della tuta un garofano rosso ben conservato nonostante l’attesa di una mattinata e ha cercato di appuntarglielo sul risvolto del bavero». Il discorso di Pertini, salito sul palchetto dei rappresentanti sindacali, è tutto rivolto agli operai: un’esortazione ad allontanare la violenza che in quei mesi, in quegli anni, minaccia la democrazia.
«Il terrorismo non deve entrare nelle fabbriche; nelle fabbriche non deve esserci posto per i rappresentanti dei terroristi e, se qualcuno vi è, deve essere cacciato via come un nemico soprattutto della classe lavoratrice italiana. […] L’appello che vi rivolgo, lavoratori di Taranto, è questo: di restare uniti. Lottate sul terreno che vi offre la libertà, che vi offrono le istituzioni. Noi abbiamo conquistato la Repubblica e la democrazia. Intendiamo difenderla con i denti questa nostra conquista. Perché non vogliamo che il popolo italiano sia ricacciato indietro di cinquant’anni». Dopo il capoluogo jonico, Pertini fa tappa a Brindisi: in prima pagina sulla «Gazzetta» del 4 marzo compare la commovente foto del Presidente che abbraccia una delle vedove delle tre vittime dello scoppio del reparto P2T della Montedison, avvenuto nel dicembre 1977.
Dopo la cerimonia di consegna delle medaglie d’oro al valor civile ai familiari di Carlo Greco, Giovanni Palizzotto e Giuseppe Marulli, un fuori programma: Pertini decide di visitare il Petrolchimico. Lì, saltate tutte le regole del protocollo, interviene nuovamente rivolgendosi agli operai per offrire solidarietà e conforto in un momento di crisi. L’ultima tappa del viaggio tocca il Salento e in particolare Maglie, per onorare la memoria di Aldo Moro, due anni dopo la sua tragica fine. «Gli occhi lucidi, il volto teso, il capo dello Stato è rimasto a lungo in sosta ai piedi di quella lapide. Minuti intensissimi. Poi Pertini s’è avvicinato lentamente a quella pietra di marmo, ha steso la mano poggiandola sulla base per qualche istante. Come un addio d’un fratello al fratello perduto per sempre».