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Dal colera all’austerity nell’Italia di 50 anni fa

 
Annabella de Robertis

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Annabella de Robertis

Dal colera all’austerity nell’Italia di 50 anni fa

Sulle pagine della «Gazzetta» le parole dell’allora sindaco di Bari, Nicola Vernola. E le trattative tra Israele e Palestina

Sabato 30 Dicembre 2023, 17:04

«Non dev’essere ricordato solo come l’anno del colera»: sulle colonne de «La Gazzetta del Mezzogiorno» del 30 dicembre 1973 il sindaco di Bari Nicola Vernola traccia un bilancio dell’anno appena trascorso. Solo pochi mesi prima, infatti, il capoluogo pugliese, insieme ad altre città meridionali, è stato colpito da una terribile epidemia di colera. Arrivata al culmine nel mese di settembre, l’emergenza è rientrata nel giro di alcune settimane ma con dolorose conseguenze in termini di vite umane e di crisi economica. «Le condizioni di arretratezza del Sud sono apparse in tutta la loro drammaticità. Se il terribile male è stato efficacemente combattuto e debellato, si deve anche alla prova di maturità civile ed alla sensibilità dimostrata dalla cittadinanza, cui va dato atto di aver risposto con senso di responsabilità alla gravità del momento», commenta Vernola.

Il 1973 è stato anche l’anno della crisi energetica, dovuta allo scoppio della guerra del Kippur e al conseguente embargo delle forniture di petrolio da parte dei paesi arabi nei confronti dell’Occidente. Anche i pugliesi sono stati costretti a confrontarsi con l’aumento dei costi del carburante, il divieto di circolazione delle auto nei giorni festivi e la riduzione dell’illuminazione pubblica. Si chiude, perciò, un anno complesso, ricco di importanti avvenimenti a livello internazionale, di fermenti e conflitti, ma anche di piccole conquiste a livello locale, tra cui l’approvazione del nuovo piano regolatore di Bari. «Ci auguriamo che al più presto sia varata una nuova legislazione per gli Enti locali che, snellendo le procedure, risolva lo stato di deficit cronico dei Comuni», è, cinquant’anni fa, l’auspicio di Vernola.

«Un altro Muro è caduto»: così il 31 dicembre 1993 titola in prima pagina la «Gazzetta». A Gerusalemme è stato, infatti, firmato l’Accordo tra Vaticano e Israele che sancisce il reciproco riconoscimento tra i due Stati: un passo, non ancora compiuto dalla Santa Sede dalla nascita dello stato ebraico nel 1948, che segna una sorta di riconciliazione tra ebrei e cristiani cattolici, dopo duemila anni di rapporti non sempre semplici. «Dopo la stretta di mano di Washington tra Rabin e Arafat, la giornata di ieri ha posto le basi per l’instaurazione di piene relazioni diplomatiche tra Israele e Vaticano» - si legge sul quotidiano. «È stata una cerimonia semplice quella che si è svolta al ministero degli Esteri israeliano, una piccola sala affollata da personalità e giornalisti. “La firma è stata una vittoria del buon senso, del popolo ebraico e dello stato di Israele”, ha detto il viceministro degli Esteri Yossi Beilin. “Dietro questo accordo”, ha aggiunto, “ci sono migliaia di anni di storia pieni di odio, di paura e di ignoranza e con poche isole di comprensione e di dialogo”». Prioritario è l’impegno comune contro l’antisemitismo, un elemento fortemente voluto dagli israeliani per porre formalmente fine all’antica avversione della Chiesa per gli ebrei, considerati «deicidi», responsabili cioè della morte di Cristo. Ci si aspetta, adesso, l’annuncio della visita in Terra Santa di Giovanni Paolo II: l’ultimo pontefice ad aver messo piede a Gerusalemme è stato, trent’anni prima, Paolo VI. La storica visita avverrà, contrariamente alle aspettative, soltanto nel 2000. Lo storico accordo, tuttavia, non è condiviso da tutti in Israele: un gruppo di ebrei ortodossi ha protestato contro il Vaticano, accusato di non essersi opposto con risolutezza al nazismo e all’Olocausto. Per i cristiani arabi, invece, «l’accordo è contro il popolo palestinese e servirà soltanto gli interessi di Israele e del Vaticano». Un portavoce del movimento islamico Hamas, invece, ha definito «umilianti» le condizioni dell’intesa. Ed è svanita, intanto, la speranza di un rapido accordo tra Israele e Olp sul regime di autonomia a Gaza e Gerico.

Dopo due giorni e mezzo di intensi negoziati, Arafat non ha dato il suo assenso alla bozza di intesa definita dal numero due dell’Olp, Abu Mazen, e dal ministro degli Esteri israeliano Shimon Peres. «Quella bozza di accordo, che per Peres rappresentava il compromesso migliore possibile per dare avvio all’autonomia palestinese a Gaza e Gerico, è stata respinta come del tutto inadeguata dal Comitato esecutivo dell’Olp», si legge sul quotidiano.

Oggi, trent’anni dopo quel 1993, la crisi è diventata ormai tragicamente irreversibile.

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