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Russia 2000, l’ascesa di Putin

Russia 2000, l’ascesa di Putin

 
Annabella De Robertis

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Annabella De Robertis

Russia 2000, l’ascesa di Putin

Domenica 27 Marzo 2022, 10:32

14:37

In primo piano su «La Gazzetta del Mezzogiorno» c’è lo sciopero nazionale dei trasporti che ha bloccato il Paese intero, ma è dalla pagina degli Esteri che arriva una notizia di una portata che si rivelerà storica.

«Putin vince, ma il trionfo non c’è» è il titolo del servizio del corrispondente da Mosca. I risultati parziali delle elezioni presidenziali della Federazione Russa danno Putin favorito al 45%; se confermato, questo dato non gli permetterebbe comunque di evitare il ballottaggio.

Il quarantasettenne Vladimir Vladimirovič Putin si è formato nei servizi segreti sovietici e negli anni Ottanta si è schierato a favore della perestrojka, il programma delle riforme politico-economiche voluto da Gorbaciov. Nel 1999, nominato capo del Consiglio di sicurezza russo, assume la carica di primo ministro: in tale veste promuove una offensiva militare contro la Cecenia – che si era proclamata, anni prima, repubblica indipendente – guadagnandosi così il sostegno delle forze nazionaliste. Il 31 dicembre ‘99 viene infine designato, dal dimissionario Boris Eltsin, presidente ad interim.

Anche in Cecenia hanno votato Nel marzo del 2000, nel territorio sterminato della Federazione russa vengono allestiti i seggi per le elezioni presidenziali. All’indomani dì quelle elezioni, l’ex presidente Michail Gorbaciov commenta: «è un risultato scontato, il successo di Putin è facilitato dal fatto che ha avuto solo due avversari».

Putin si reca a votare in impermeabile blu, accompagnato dalla moglie in pelliccia di visone scura, dichiarando di voler trascorrere il resto della giornata facendo una sauna nella sua dacia di campagna.

Anche i Ceceni hanno votato mentre nella loro terra imperversa il conflitto. I guerriglieri islamici caucasici hanno preannunciato attentati per sabotare il voto, ma i combattimenti di quel giorno, si legge sulla «Gazzetta», sono stati persino meno intensi di quanto si aspettassero i comandanti delle truppe russe. I pochi elettori rimasti in Cecenia sono stati scortati ai seggi da colonne militari: la tv di Stato ha mostrato «anziani baffuti col colbacco di astrakan e donne col fazzoletto in testa che fuori dai seggi, con aria rassegnata, mormoravano: “abbiamo votato per la pace”».

Alla fine, Putin, otterrà a quelle elezioni il 53% delle preferenze.

Ventidue anni dopo, oggi, è al suo quarto mandato non consecutivo e con l’aggressione in Ucraina ha rilanciato il piano imperialista già consolidato nel 2014 con l’annessione della Crimea.

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