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Bari, rilancio Nuovo Pignone
dopo nozze tra Ge e Baker Hughes

Bari, rilancio Nuovo Pignone
dopo nozze tra Ge e Baker Hughes

 
Nicola PEPE

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Nicola PEPE

Bari, rilancio Nuovo Pignonedopo nozze tra Ge e Baker Hughes

Intesa per il settore Oil & gas. Il sito pugliese (285) strategico insieme all'altro insediamento GE di Brindisi

Martedì 01 Novembre 2016, 09:00

Federico Pirro*

A livello mondiale e nel suo specifico settore la notizia è clamorosa e investirà anche un grande impianto manifatturiero della zona industriale di Bari come la GEOil&Gas Nuovo Pignone: la statunitense General Electric (GE), una delle maggiori società americane presente a livello internazionale e operante in diversi comparti, fra cui quello energetico, annuncia la fusione delle sue attività oil&gas con la Baker Hughes, un big player texano da 22 miliardi di dollari di fatturato che opera nei servizi per il settore petrolifero. Il valore dell’operazione è stimato in 30 miliardi di dollari.
Dopo tale fusione dovrebbe pertanto scomparire la ragione sociale del Nuovo Pignone e la nuova società ne dovrebbe assorbire le attività, avviandone l’integrazione con quelle della Baker Hughes che diviene così una controllata della GE. Secondo i termini dell’accordo, l’azienda resterà quotata in borsa e la GE ne avrà il pacchetto di maggioranza.

L’intesa giunge dopo il fallimento di un’operazione di fusione fra la Baker Hughes e la Halliburton per una bocciatura delle Autorità antitrust negli Usa che saranno chiamate ad esprimersi anche su questa nuova operazione.
Gli effetti in Italia saranno rilevanti. Dovrebbe scomparire il marchio Nuovo Pignone, l’antica fonderia fiorentina che era stata salvata da Enrico Mattei nella prima metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, su richiesta dell’allora Sindaco di Firenze Giorgio La Pira, e posta sotto il controllo dell’Eni che ne aveva detenuto il pacchetto azionario sino al 1994 quando poi la società era stata acquisita dalla statunitense General Electric.

Il Gruppo Pignone all’inizio degli anni Sessanta del Novecento - sempre per volontà di Mattei sollecitato dalle Autorità locali baresi - aveva localizzato nella nuova zona industriale dell’agglomerato Bari-Modugno un grande stabilimento, tuttora operante, che giunse a sfiorare quasi i mille addetti con le sue due divisioni, l’energetica e l’elettronica. In quella fabbrica si formò una leva di quadri operai e tecnici che è stata per decenni una vera e propria élite professionale dell’area industriale del capoluogo.

Da quasi dieci anni il sito di Bari - sotto la guida di vari manager in gran parte esterni al territorio - ha conosciuto, grazie anche a finanziamenti della Regione Puglia veicolati con contratti di programma, uno spettacolare rilancio puntando anche su risorse professionali molto giovani formate in gran parte nel Politecnico del capoluogo regionale, ed è diventato reparto di eccellenza mondiale nel comparto delle pompe, valvole e sistemi per l’energia. Vi lavorano 285 addetti diretti e si affianca in Puglia all’altro grande insediamento della General Electric e della sua divisione aeronautica che ha a Brindisi un complesso industriale anch’esso all’avanguardia con circa 650 occupati.
La fabbrica di Bari ha generato nel tempo anche un qualificato indotto fornito da aziende fra le quali spiccano il Gruppo Tecnomec di Grumo Appula, la Omp di Minervino Murge e la Bellino di Modugno. Anche l’ex Bari Fonderie Meridionali forniva fusioni al Nuovo Pignone sin quando quello stabilimento non è stato assorbito da RFI del Gruppo Ferrovie dello Stato.
Ora, è intuibile che sull’operazione dovranno esprimersi varie Autorità antitrust e che, per quanto riguarda l’Italia, la Toscana, la Puglia e la Calabria, dovranno essere fornite rassicurazioni al Governo centrale e a quelli regionali circa i piani di sviluppo dei maggiori siti di Firenze e Bari, cui si affiancano quelli di Vibo Valentia, in Calabria, e di Massa, in Toscana.

L’integrazione fra la divisione Oil&Gas del Gruppo acquirente e le attività di quello acquisito dovrebbe comportare un rafforzamento competitivo in un mercato segnato nell’ultimo biennio da una forte caduta del prezzo del petrolio e da una conseguente flessione degli investimenti nel settore estrattivo.
Autorità nazionali e regionali e i Sindacati - nel pieno rispetto delle autonome scelte delle imprese - dovranno vigilare sulla permanenza in Italia, in esclusive logiche di mercato, di siti e professionalità che costituiscono tuttora un vanto del comparto oil&gas a livello mondiale.
*Università di Bari

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