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I cinghiali vanno fermati: le persone e i raccolti sempre più a rischio

 
Andrea Di Consoli e Roberto Calpista

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Andrea Di Consoli e Roberto Calpista

I cinghiali vanno fermati: le persone e i raccolti sempre più a rischio

Ma gli animali non hanno colpa: i presupposti sbagliati della licenza di uccidere

Giovedì 29 Dicembre 2022, 13:08

Favorevoli e contrari sulla nuova norma che prevede l'abbattimento dei cinghiali. Ecco due opposte correnti di pensiero.

A FAVORE - Non sono un esperto di animali, né un etologo o un veterinario. Da anni rifletto come tanti sul tema della convivenza tra esseri umani e animali, e per quanto non mi siano estranei concetti complessi e progressisti quali la dignità degli animali e il bisogno di renderli titolari di diritti, continuo a pensare con una certa adesione alla supremazia della nostra specie sulla altre. E questo non solo a causa delle esigenze alimentari, visto che le diete del mondo sono in larga parte fondate sul consumo di carne animale, ma anche per difesa della nostra incolumità, che continuo a ritenere fondamentale.

Non sono un giurista, né un animalista o un cacciatore. Ma sono un attento osservatore della realtà italiana, e senza scomodare i massimi sistemi o normative troppo complicate, posso affermare col cuore in pace che sono almeno quindici anni che l’eccessiva proliferazione dei cinghiali causa danni enormi alla nostra agricoltura e finanche alla nostra sicurezza, visto che i cinghiali hanno provocato non pochi incidenti mortali.

Capisco che il sistema mediatico si sia massimamente concentrato sul bivacco dei cinghiali a Roma, ma con tutto il rispetto del problema romano, il prezzo più alto di questa situazione lo hanno pagato gli agricoltori, soprattutto quelli di collina e delle aree interne, e dunque quelli più poveri. Ancora più disagi hanno dovuto subire gli agricoltori che vivono in aree protette, perché nelle aree protette, e lo dico un po’ grossolanamente, a volte si ha la sensazione che gli animali abbiano più diritti degli esseri umani.

Se questo Governo ha deciso di affrontare la questione dei cinghiali a costo di scontentare ambientalisti e animalisti - e qualche anima bella, diciamolo pure - è solo perché quello dei cinghiali è un problema reale vissuto da milioni di italiani appartenenti a quell’Italia profonda - rurale, contadina, appenninica e non solo - che è molto poco attenzionata dal progressismo metropolitano. La stampa locale e regionale in questi ultimi anni ha posto il problema con costante puntualità, ma i media nazionali hanno principalmente mostrato il lato più pittoresco della faccenda, ovvero il tranquillo bivacco dei cinghiali intorno ai cassonetti della spazzatura della Capitale.

La norma, da ciò che mi risulta, non è affatto un modo per dare libertà a tutti di sparare sui cinghiali e per rendere il nostro territorio un Far-West di pistoleri invasati. Al contrario, è un modo concreto di ridurre la popolazione complessiva dei cinghiali con metodi e procedure estremamente rigorose. Il fatto che alcuni leader politici progressisti si stiano scagliando contro questa norma dimostra ancora una volta la distanza che c’è tra un’idea astratta e teorica di vicinanza a chi è più fragile e ai territori più marginali e un clamoroso rifiuto della realtà «effettuale» del popolo profondo, trattato di fatto come troglodita e reazionario, privo di sensibilità.

Non ho gli strumenti per dire perché in Italia i cinghiali siano proliferati così numerosi. Ma so per esperienza diretta - purtroppo ho vissuto il problema in famiglia, finanche drammaticamente - che i cinghiali possono distruggere un raccolto, e portare all’esasperazione contadini poveri, di quelli costretti a coltivare in terreni di collina o di montagna estremamente scomodi e poco redditizi.

Mio padre ha sempre allevato animali (galline, tacchini, maiali, pecore, conigli), e so per esperienza diretta quanto sia doloroso uccidere un animale. Ricordo ancora il dolore che provai quando mio nonno mi chiese - e avevo solo 12 anni - di uccidere per la prima volta un maiale. Fu un’iniziazione traumatica, alla quale non potei sottrarmi. Ma noi esseri umani dobbiamo essere meno ipocriti, e per quanto il tema della sofferenza degli animali sia fondamentale da un punto di vista morale e politico-filosofico, finché mangeremo carne dovremo accettare di causare angoscia e dolore agli animali. Capisco che acquistare carne incellofanata al supermercato attenui il senso di colpa, ma in quelle confezioni di plastica c’è un dolore che nemmeno immaginiamo.

E dunque il problema dei cinghiali va risolto, ristabilendo finalmente un equilibrio tra esseri umani e cinghiali. Ripeto, a leggere la norma senza pregiudizi non si prefigura affatto il Far-West che si vuole far credere. Ma se vogliamo aiutare per davvero migliaia di contadini delle aree interne, un primo passo è proprio quello di arginare l’invasione dei cinghiali, che tra l’altro contribuisce ad aumentare l’abbandono delle terre e lo spopolamento dei piccoli paesi. E lo sanno bene non solo tanti pugliesi, ma anche i lucani, che sono fortemente danneggiati da questo problema.

Un’ultima annotazione di carattere culturale. Colpisce come tanti scrittori e intellettuali italiani siano affascinati da sempre dall’America profonda del Sud, da ambientazioni rurali dure e caratterizzate da un feroce corpo a corpo con la natura. Eppure, non appena si parla dei problemi concreti dell’Italia profonda, quella stessa intellettualità ha moti di stizza e di disprezzo, trattandoli come sacche di retroguardia reazionaria. Io ho visto gente piangere a causa dei cinghiali, e quel pianto mi fa dire che sono d’accordo che finalmente si affronti il problema con coraggio e risolutezza. Perché per adesso - in futuro, chissà - un contadino vale ancora più di un cinghiale. (Andrea Di Consoli)

CONTRO

Pum! Pam! Pum! Alba di Natale 2023, periferia estrema di Bari. Il signor Carmine forte dell’emendamento approvato in finanziaria l’anno prima, rispolvera la doppietta e si apposta dietro un cumulo di monnezza che avvolge maleodoranti cassonetti dell’Amiu in cui la sera del 24 hanno gettato di tutto. È il safari metropolitano della caccia al cinghiale - già da vivo ripieno di ogni schifezza - per prendere due piccioni con una fava: innanzitutto impallinando il suide contribuirà a liberare il quartiere dall’ingombrante presenza che per di più rovina le piantagioni di cime di rapa annaffiate con acqua di fogna. Due, la signora Nunzia lo aspetta a casa con le pappardelle. Andrebbe tutto bene, ma sulla strada puzzolente resta secco Cosimo, scambiato da Carmine - a causa della mole e del cappotto lungo col bavero alzato - per selvaggina.

2023 Odissea nell’Italia che non sapendo più con chi incazzarsi se la prende con la fauna. Per distruggere anche la flora ci attrezzeremo con la prossima manovra. Ovviamente la scena della periferia barese è esagerata, anche se l’immondizia c’è davvero e pure i cinghiali che ne sono ghiotti, anzi la trovano afrodisiaca per accoppiarsi e figliare. E ci sono davvero, le cronache ne sono piene, gli incidenti per cui cacciatori alla Filini/Fantozzi si accoppano tra loro scambiandosi per fagiani o ippopotami. Ma è pur vero che secondo legge - per quello che vale ovviamente nel Belpaese - ci vorrà un apposito patentino per abbattere il vicino scambiato per scrofa e poi le analisi veterinarie prima di trasformarlo in ragù. Sulla carta, almeno. Perché come andrà a finire lo immaginiamo. «Uomo, non ti vantare di superiorità nei confronti degli animali: essi sono senza peccato, mentre tu, con tutta la tua grandezza, insozzi la terra con la tua comparsa su di essa e lasci la tua orma putrida dietro di te». Lo scrisse Dostoevskij e lo ripeterebbe oggi, quando nel mirino di governanti troppo dilettanti o troppo furbi, ci sono finiti non solo i cinghiali, che effettivamente sono troppi - a causa della stupidità umana - ma come recita l’emendamento, tutti gli animali selvatici.

Emendamento che nasce da Fratelli d’Italia (Giorgia, Giorgia, di chi ti circondi) e viene completato nella sua scellerata follia dalla Lega (Matteo, Matteo...) che ha presentato un ordine del giorno per declassare il lupo da specie «protetta prioritaria» a specie «protetta nella direzione di un Piano Nazionale di Gestione» che tuteli la specie ma anche i comparti agrosilvopastorali. Ben sapendo che quando in Italia si parla di «Piano nazionale», vuole dire che ci sono un po’ di prebende da distribuire senza risolvere la questione.

Ora, partendo dal presupposto che chi va a caccia tanto normale non è, a preoccupare è il punto di arrivo: se si potrà abbattere la fauna selvatica che mette in pericolo pedoni e automobilisti, cioè soprattutto il cinghiale, toccherà prima o poi al lupo appenninico (che tra l’altro si nutre di cinghiali). E poi gli schioppi si abbatteranno anche sugli orsi che spaventano i turisti lungo i sentieri di montagna, come del resto da tempo cercano di fare in Trentino? Il Trentino appunto. È quella regione molto frequentata da pugliesi incapaci di sciare ma che snobbano le piste abruzzesi di Roccaraso (più belle e organizzate). Non è una pubblicità al più vicino e non meno fascinoso Appennino: sono due mondi diversi, opposti. In Abruzzo con la fauna selvatica hanno imparato a conviverci. Anzi ne hanno fatto un’attrattiva unica in Europa, con ben tre parchi nazionali. E l’orso Juan Carrito è diventato il marchio dell’Alto Sangro. Nella provincia autonoma dolomitica invece agli orsi problematici (sarebbero quelli che ogni tanto escono dal bosco e mangiano un po’ di rifiuti) è da parecchio che tentano di farli fuori, per fortuna non sempre con successo.

Invece ora si sta per introdurre una caccia senza regole mascherata da attività di controllo. Attività che peraltro non porrà alcun freno alla proliferazione dei cinghiali perché si continua ad insistere nell’errore di affidare ai cacciatori la gestione faunistica, nonostante sia stata proprio la caccia a determinare prima l’immissione dei cinghiali a scopo venatorio in tante parti d’Italia e, dopo, il loro aumento attraverso sistemi di caccia sbagliati che determinano il disgregamento dei branchi moltiplicando il successo riproduttivo. Spariamo anche al lupo e l’opera scellerata sarà compiuta. (Roberto Calpista)

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