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Bari, gli appalti di Lerario e quei favori agli «amici»

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

Bari, gli appalti di Lerario e quei favori agli «amici»

I contatti trasversali dell’ex capo della Protezione Civile. L’intercettazione con un sindaco: «Ero dal vescovo...»

Venerdì 04 Marzo 2022, 09:00

09 Marzo 2022, 11:42

C’è una foto pubblicata sul web in cui l’allora capo della Protezione civile della Puglia, Mario Lerario, veste i panni del cavaliere dell’Ordine del Santo sepolcro di Gerusalemme. È una immagine che illumina abbastanza bene i rapporti trasversali dell’ormai ex dirigente regionale, arrestato il 23 dicembre in flagranza con una mazzetta e rinchiuso da allora nel carcere di Bari dove - dice chi lo sta seguendo - si comporta da detenuto modello.

L’appartenenza a un ordine ecclesiastico è di per sé un dato neutro: nessuno è autorizzato a fare facili illazioni. Ma la Procura di Bari, che sta passando al setaccio gli appalti gestiti da Lerario tra il 2019 e il 2021, ha messo nel mirino anche alcuni affidamenti che sembrerebbero collegati al mondo ecclesiastico. A partire dai 400mila euro con cui la Protezione civile ha finanziato l’organizzazione della «Settimana sociale dei cattolici italiani» di Taranto, nello scorso ottobre. Soldi che hanno fatto un giro estremamente tortuoso: Lerario firma, la giunta regionale recupera la somma dal fondo di riserva e la trasferisce al Teatro pubblico pugliese. La stessa struttura che, sempre con i soldi della Protezione civile, ha organizzato negli anni scorsi i concerti del Medimex. Ma c’è altro.

La struttura dei Lavori pubblici, attraverso un separato capitolo di spesa (quello relativo alla manutenzione straordinaria del patrimonio culturale), nel corso degli anni ha finanziato tramite i Comuni decine di interventi di ripristino di edifici di culto. In particolare nella diocesi di Gravina-Altamura, quella di residenza di Lerario (che è di Acquaviva): lavori in cui hanno fatto e stanno tuttora facendo la parte del leone alcune delle aziende murgiane ora sotto indagine da parte della Procura.

«STAVO DAL VESCOVO»
I rapporti di Lerario sono, infatti, estremamente trasversali. La Finanza ha trascritto ad esempio una telefonata avvenuta a poche ore dall’arresto in flagranza con un tal Ignazio. «Io questa mattina non ce l’ho fatta», dice Lerario al suo interlocutore. «Io stavo con il vescovo stavo, ecco perché non ti ho potuto rispondere», gli risponde Ignazio. Che sarebbe Ignazio di Mauro (non indagato), medico, primo cittadino di Poggiorsini, altro Comune della stessa diocesi che aspirava - a quanto sembra - a ottenere una fetta di quei finanziamenti destinati alla manutenzione degli edifici di culto. I due però devono vedersi per qualche motivo: «Senti ma tu non è che tu vuoi passare da casa di mia madre? E poi ci vediamo tra Natale e Capodanno, ti vengo a trovare io?», propone Lerario. L’interlocutore accetta: «Va bene va bene avvisala», risponde il sindaco. L’incontro di Natale non è poi avvenuto, per sopravvenuto impedimento del dirigente.

IL FRATELLO SACERDOTE
Tommaso Lerario, fratello dell’ex dirigente, è un sacerdote della diocesi di Altamura che fino a poche settimane fa era il parroco dell’ospedale «Miulli» di Acquaviva. Il 30 dicembre il procuratore Roberto Rossi, che conduce l’inchiesta insieme all’aggiunto Alessio Coccioli, ha mandato la Finanza a perquisire l’abitazione del presule (che al momento non risulta indagato). Il sospetto era che Mario Lerario avesse nascosto qualcosa a casa del fratello, visto che la Finanza ha documentato un incontro tra i due avvenuto nelle ore precedenti all’arresto, quando una delle mazzette (quella nascosta in un pacco di carne) era stata già pagata. La perquisizione non ha fatto emergere denaro, ma solo un estratto conto intestato ad Antonio Lerario. Il sacerdote ha comunque chiesto di essere destinato ad altro incarico.

I TAMPONI DELLA COOP
La cooperativa Aliante si occupa di assistenza ai disabili gravi. A novembre 2020 la Protezione civile le affida, senza alcuna gara, un contratto da 15mila euro al mese per fornire il personale a supporto dell’effettuazione di tamponi ad Acquaviva, Monopoli e Sammichele. Successivamente il servizio viene esteso ad otto postazioni in tutta la provincia di Bari. È un affidamento che non ha alcun senso logico (sarebbe come chiedere a un albergo di fornire le tende per i profughi): dopo l’arresto di Lerario la Regione si è affrettata a sospendere il servizio, dopo aver speso però quasi 700mila euro: nel provvedimento firmato da Lerario si fa riferimento a una interlocuzione con il dipartimento di prevenzione della Asl di Bari. A presiedere la cooperativa Aliante è Marilena Pastore, consigliere comunale di Sammichele vicina al centrosinistra. Il medico della cooperativa è Ignazio Zullo, consigliere regionale, capogruppo di Fratelli d’Italia, che risulta avere avuto molti contatti telefonici con Mario Lerario. «Ma non gli ho mai parlato della cooperativa», garantisce Zullo. La Regione ha negato alla «Gazzetta» l’accesso allo scambio epistolare con il dipartimento di prevenzione, spiegando di aver «chiesto al Procuratore della Repubblica di Bari l’autorizzazione al rilascio» degli atti. E confermando dunque l’esistenza di una indagine su questo appalto.

«NEANCHE IL CAFFÈ»
Il filone centrale dell’inchiesta della Procura di Bari riguarda però l’appalto per l’ospedale covid della Fiera del Levante (costato alla fine oltre 24 milioni), per il quale le ipotesi di reato (contestate a Lerario, al funzionario regionale Antonio Mercurio e all’imprenditore Domenico Barozzi) sono turbata libertà degli incanti e falso: la Procura ritiene che il bando sia stato pre-disposto per favorire il raggruppamento Barozzi-Oxygen. A differenza di altri episodi, qui gli approfondimenti della Finanza riguardano il sistema dei subaffidamenti e non la corruzione. A settembre 2021 Mercurio, responsabile dell’appalto (nel frattempo spostato ad altro incarico) racconta a un amico di aver ricevuto una visita in cui Lerario gli annunciava (evidentemente sbagliando) che l’indagine si era conclusa senza trovare nulla: «Un’indagine per cui sono 5 mesi di indagine e non sono riusciti a trovare niente... quindi hanno chiuso tutto. Barozzi neanche il caffè mi paga... Che devono trovare!».

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