Gli ospedali covid previsti dal nuovo Piano di emergenza approvato dal ministero della Salute ancora non ci sono. E la Puglia, prima ancora che con l’emergenza delle terapie intensive, deve fare i conti con quella dei letti di medicina dove l’occupazione continua a crescere: le Asl sono costrette a disattivare i reparti ordinari per trasformarli in aree covid, spostando i ricoveri programmati in altri reparti o in altri ospedali.
A ieri in Italia la media di occupazione dei posti letto non intensivi era pari al 15,3%. In Puglia il dato è più alto: sono occupati 319 dei 1.934 letti disponibili, pari al 16,5%. Sono invece 26 i pazienti ricoverati in Terapia intensiva a fronte di 302 posti disponibili. Ma il piano di potenziamento presentato in estate prevedeva di attivare 278 letti aggiuntivi di Rianimazione, e di riconvertire reparti per ottenere altri 283 posti di Pneumologia e Malattie infettive. L’idea era di creare degli ospedali dedicati all’emergenza, così da mantenere percorsi separati e non essere costretti a fermare l’attività ordinaria come è accaduto durante i mesi del lockdown.
Il tema dei posti letto ieri è stato oggetto di una lunga riunione in dipartimento Salute, coordinata dal direttore Vito Montanaro e con la partecipazione dei direttori generali delle Asl. La situazione è considerata delicata perché numerosi ospedali registrano difficoltà nel gestire i ricoveri covid, che spesso avvengono anche a grandi distanze: ci sono pugliesi finiti anche a Potenza. «Quando parliamo di ricoveri - dice però l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, assessore in pectore alla Salute - i numeri assoluti in proporzione non sono gli stessi della prima fase. Mentre nella prima fase ogni cento casi avevamo magari trenta o quaranta ricoveri, oggi ne abbiamo un terzo o un quarto in meno, molti sono asintomatici o paucisintomatici e sono a casa. Gli ospedali non sono ancora sotto stress. Abbiamo un piano di contingenza tale che, ogni volta che i posti letto sono occupati al 50%, noi apriamo dei nuovi reparti».
Il piano è già scattato più volte: a Bari, per esempio, è stato trasformato in covid un intero piano dell’ospedale di Altamura, ed è stato chiesto il supporto del «Miulli» di Acquaviva. La Bat ha trasformato quello di Bisceglie in ospedale covid, trasferendo i ricoveri e l’attività programmata a Barletta. A Foggia sono in corso attività di riprogrammazione ai «Riuniti», mentre in Salento al momento il Dea del «Fazzi» risulta disattivato. Tuttavia, come dice Lopalco, a metà marzo i ricoveri ammontavano al 65% degli attualmente positivi (il picco è stato toccato il 13 marzo), mentre la scorsa settimana eravamo a circa l’8% del totale: la differenza è dovuta appunto all’enorme numero di asintomatici o paucisintomatici che non hanno bisogno di ricovero ma che vengono posti in isolamento domiciliare fino a quando il tampone non si negativizza.
La Puglia è al momento a quota 10.421 casi totali, con una crescita lenta ma costante dei ricoveri che rappresentano (terapie intensive escluse) il 3,1% del totale degli attualmente positivi. E un altro dato che crea qualche apprensione è stato diffuso ieri dalla Fondazione Gimbe. Nella settimana 7-13 ottobre l’incremento dei casi positivi è stato del 16,9%, ben più alto del 10,7% della media nazionale. A lanciare l’allarme è la fondazione Gimbe. Più alti della media anche il rapporto tra ricoveri e numero totale di positivi (8,3%) contro il 6,4% nazionale. Secondo i dati della Protezione civile nazionale rielaborati dal centro studio «Il Panda», l’incremento dei positivi della scorsa settimana è stato pari al 79% rispetto alla settimana precedente.