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Europei di volley, la baby Italia vola in finale. Velasco: «Puglia florida, il Sud prenda spunto»

 
Gianluigi De Vito

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Gianluigi De Vito

Europei di volley, la baby Italia vola in finale. Velasco: Puglia  florida, il Sud prenda spunto

A Lecce l’Under 18 di coach Fanizza batte la Polonia. E alle 20 si gioca l’oro con la Repubblica Ceca

Domenica 13 Settembre 2020, 10:06

L’Italia Under 18 allenata dal pugliese di Francavilla Vincenzo Fanizza batte la Polonia al tiebreak (3-2: 25-22, 16-25, 25-13, 20-25, 15-13) e vola in finale all’Europeo Under 18: alle 20 incontrerà la Repubblica Ceca a Lecce. Dell’Europeo parliamo col «guru» del volley, Julio Velasco, direttore tecnico del settore giovanile della Federvolley

Velasco, che ne dice dei 18enni azzurrini?

«Giochiamo bene. Abbiamo in alcuni ruoli giocatori tra i migliori. Ma penso che un problema delle giovanili italiane sia che si cominci a lavorare nei club, per la parte fisica, troppo tardi perché si pensa che possa bloccare la crescita. Alcuni Paesi hanno giocatori più formati fisicamente, la Polonia, la Germania, la Russia. Dobbiamo lavorare di più».

Non sarà che la seduzione del calcio ritardi l’approdo alla pallavolo?

«È normale che i ragazzi giochino a calcio, noi dobbiamo aspettare quando mollano. E usare il calcio per reclutare»

La pandemia è un colpo da infarto specie per gli sport che dipendono dalle palestre scolastiche. Come uscirne?

«Non voglio parlare di quello che non si può fare, ma di quello che si può fare. Per esempio, attività all’aperto. La prima pallavolo è nata all’aperto. È assurdo che quando finisce la scuola i ragazzi non facciano più attività. È un’emergenza mai vista prima, ma non possiamo vedere tutto solo dal nostro punto di vista. Anche il mondo della scuola è disperato. E la cosa peggiore che possiamo fare è accusare l’altro. Anziché parlare tutto il giorno dell’incertezza delle palestre, facciamo uscire i ragazzi all’aperto. Andiamo nei parchi, nei campetti».

Se dovesse spiegare la filosofia della sua direzione tecnica del settore giovanile della Federazione, come la sintetizzerebbe?

«Il mio progetto è semplice, si appoggia sullo sviluppo delle società sportive e ha la sua massima manifestazione nelle nazionali giovanili. L’attività del settore giovanile italiano è già d’eccellenza, abbiamo competizioni in tutte le regioni e in tutte le categorie. Uno dei temi importanti è il reclutamento: ci vogliono più ragazzi che giochino a pallavolo. L’altro tema sono gli allenatori. La prima cosa che un allenatore deve avere è l’entusiasmo, la voglia di far crescere i ragazzi. Gli allenatori bravi sono quelli che hanno come obiettivo i ragazzi e non guardano a quanto guadagnano. La storia della pallavolo è fatta da questo tipo di allenatori, dalle origini. La sfida per noi non è solo vincere, ma formare giocatori che possano competere contro gli stranieri. Tutta la strategia che io propongo agli allenatori, non solo metodologica, punta alla preparazione fisica. E a incentivare l’autonomia dei giocatori: che abbiano più personalità, più capacità di autogestirsi e non che siano bravi solo a seguire le nostre indicazioni».

Il Sud latita quanto a campioni e club. C’è una questione meridionale nel volley?

«C’è e ha molti aspetti. Di solito si usano schemi preconfezionati. Ma è una cosa più complessa che va analizzata territorio per territorio. Ci sono cose che c’entrano con i soldi, come vengono utilizzati, e cose che c’entrano col tipo di lavoro che si fa. Abbiamo bisogno di allenatori, soprattutto nelle regioni del Sud, ma invece di lamentarsi facciano il meglio possibile. La Puglia è una regione cha ha dato tanti giocatori alla nazionale giovanile, c’è una realtà molto florida di squadre di pallavolo. Altre regioni del Sud sono molto indietro e potrebbero prendere spunto dalla Puglia, non hanno bisogno della Lombardia».

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