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Capristo, l’indagine torna sull’llva: 3 dipendente interrogati sugli incarichi all'avvocato Ragno

 
massimiliano scagliarini

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massimiliano scagliarini

 Carlo Maria Capristo

La fuga di notizie, archiviata: il magistrato era finito sotto accusa di aver anticipato la notizia di un sequestro nell'acciaieria

Venerdì 12 Giugno 2020, 13:41

Nell’ottobre 2017 la Procura di Potenza aveva indagato su Carlo Capristo per una ipotesi di violazione del segreto di indagine. Una vicenda, nata dalla trasmissione di atti dalla Procura di Lecce, in cui si ipotizzava che il procuratore di Taranto avesse spifferato a un avvocato esterno dell’Ilva di un imminente sequestro all’interno dello stabilimento.

L’accusa finirà archiviata su richiesta dell’aggiunto Francesco Basentini, che non riterrà rilevanti nemmeno gli elementi raccontati sul punto dal pm Lanfranco Marazia (allora a Taranto, oggi a Bari). Ma la storia è tornata a galla perché - proseguendo nelle indagini su Capristo (ai domiciliari ormai da due settimane) - i magistrati lucani hanno ascoltato tre dipendenti dell’Ilva: il loro sospetto è che dietro quella vecchia storia possa esserci stato uno scambio di favori.

La circostanza al centro degli approfondimenti riguarda infatti un avvocato di Molfetta, Giacomo Ragno, già a processo a Lecce con l’accusa di corruzione nel troncone dell’inchiesta sulla Procura di Trani che dovrebbe chiudersi il 24 con la sentenza in abbreviato: rischia una condanna a 2 anni e 8 mesi per calunnia e corruzione. «Posso dire - aveva raccontato ai magistrati di Potenza il pm tranese Lucio Vaira - che il dottor Capristo intratteneva rapporti cordiali con la generalità della classe forense. Ho notato che aveva una certa consuetudine con l’avvocato Giacomo Ragno, che spesso ho avvistato nell’anticamera del procuratore da ciò deducendone che il procuratore era in servizio».

Nel 2017 Ragno venne nominato come legale da due dipendenti dell’Ilva nell’ambito di un fascicolo del pm Marazia sullo smaltimento dei rifiuti dello stabilimento. L’ascolto dei tre testimoni serviva proprio a escludere che dietro la nomina dell’avvocato Ragno ci fosse qualche tipo di pressione, esattamente come - secondo la Procura di Lecce - ritiene che sia avvenuto nel caso di Trani. Qui l’imprenditore Flavio D’Introno (che a Potenza è stato sentito martedì) ha raccontato di essersi rivolto a Ragno, su input dell’ex gip Michele Nardi, affinché l’avvocato individuasse un falso testimone per far dichiarare false le notifiche delle cartelle esattoriali da 10 milioni di euro.

Ciò che sarebbe emerso dalle testimonianze dei dipendenti dell’Ilva è che, in sostanza, ciascuno era libero di scegliersi un avvocato di propria fiducia purché fosse gradito alla società. Ma del resto lo stesso avvocato Pietro Amara, quello del «sistema Siracusa» che aveva fatto finire nei guai Capristo con la Procura di Messina (indagine poi archiviata), aveva interessi professionali con l’Ilva. Ne ha riferito alla procura di Roma il collega di studio di Amara, Calafiore: «”Io - qui Calafiore sta riferendo le parole di Amara a proposito di Capristo - l’ho convinto a fare la domanda per Taranto, anche perché a me serve a Taranto in quanto io a Taranto ho interessi con l’Ilva”».

Amara è considerato una pedina del sistema Palamara per il tentativo di influire sulla nomina del Procuratore di Gela. E anche se per questa vicenda l’accusa di corruzione è caduta (Palamara non ha mai preso soldi dai due avvocati), la Procura di Perugia ha indagato anche sui rapporti tra Capristo e Palamara che facevano parte della stessa corrente: «Non ho ricordi su attività sollecitatoria di Palamara», mette a verbale l’ex vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini. Palamara, dice Legnini, mise invece «particolare impegno» per la Procura di Trani: «Sostenne fortemente la nomina del dottor Di Maio», che ora a Potenza deve rispondere di favoreggiamento per aver provato a far archiviare il fascicolo sull’autista del suo predecessore.

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