BRINDISI - Questa mattina, i carabinieri di Brindisi, in vari comuni della provincia di Brindisi e nelle Case circondariali di Milano, Voghera, Lecce, Taranto, Brindisi e Bari, hanno dato esecuzione a due distinte ordinanze di custodia cautelare – entrambe emesse dal Gip del Tribunale di Lecce su richiesta di quella Procura Distrettuale della Repubblica, che ha condotto le indagini in un’ottica di rinnovata attenzione alla repressione di condotte di criminalità associata di stampo mafioso - nei confronti di 37 soggetti (di cui 29 in carcere e 8 ai domiciliari), ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, con l’aggravante della disponibilità di armi, associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti ed estorsioni, eseguite congiuntamente, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce per convergenze investigative su 5 soggetti colpiti da entrambe le ordinanze di custodia cautelare.
Le indagini hanno svelato che erano le mogli dei capiclan detenuti i veri pilastri delle organizzazioni.
Erano loro - secondo l’accusa - a fornire un apporto determinante alla vita del sodalizio mafioso, a partecipare attivamente alle discussioni sulla gestione dei traffici di droga e alle decisioni da adottare sulla divisione degli utili. Quando i loro uomini riuscivano ad ottenere gli arresti domiciliari, le donne tornavano al loro posto e spettava ai coniugi continuare a coordinare da casa l’attività del clan. Come faceva, utilizzando i 'pizzinì, il presunto capoclan Andrea Romano. A conferma del ruolo verticistico di Romano - secondo i carabinieri - vi è la frase di congedo che lo stesso apponeva sui 'pizzinì, con la quale autorizzava i sodali ad agire: «Il resto fate voi, avete il mio via»
Le due indagini sono state condotte rispettivamente da novembre 2014 a luglio 2019 e da gennaio 2018 ad aprile 2019 anche con l’ausilio di intercettazioni telefoniche ed ambientali.
LA PRIMA INDAGINE - La prima indagine (convenzionalmente denominata «Synedrium»), condotta dal Nucleo investigativo di Brindisi, che ha portato all’emissione del provvedimento restrittivo nei confronti di 20 persone (di cui 7 già detenute) per associazione mafiosa, armi, estorsioni e associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, nasce a novembre del 2014 a seguito dell’omicidio di Cosimo Tedesco e del tentato omicidio del figlio Luca Tedesco avvenuti a Brindisi.
L’attività svolta ha permesso, nella prima fase, di accertare dinamica e movente dell’efferato delitto commesso e di individuati come partecipanti, a vario titolo, i responsabili, ovvero Andrea Romano, Francesco Coffa e Alessandro Polito (tutti legati da vari vincoli di parentela tra loro).
LA SECONDA INDAGINE - L’indagine, convenzionalmente denominata «Fidelis», coordinata dalla Procura della Repubblica di Lecce e delegata alla Sezione Operativa della Compagnia Carabinieri di Brindisi, trae origine a seguito del ferimento mediante l’esplosione di colpi d’arma da fuoco ai danni di Damiano Truppi, evento verificatosi a Brindisi la sera del 2 novembre 2017 e per il quale, al termine delle indagini, sono stati tratti in arresto i responsabili in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare il 15 marzo 2018, emessa dal Gip del Tribunale di Brindisi a seguito di richiesta della locale Procura della Repubblica.
Dall’attività investigativa che ne è derivata, sotto la direzione della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, sono emersi taluni aspetti investigativamente utili in ordine ad un presunto traffico di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, anche a livello internazionale, posto in essere da Renato De Giorgi.
Contestualmente, nel corso delle indagini, sono stati acquisiti gravi elementi indiziari circa l’esistenza di una stabile ed articolata associazione criminale operante nel territorio di Brindisi riconducibile alla famiglia Coffa con al vertice i coniugi Alessandro Coffa e Maria Petrachi (divenuta reggente dopo l’arresto del marito) e con componenti di rilievo Angela Coffa, Marika Stasi, Rosaria Lazoi, Alessio Romano, Francesco Coffa, in ragione del loro rapporto di parentela e del ruolo direttivo rivestito all’interno della organizzazione, tant’è vero che hanno condotto personalmente le trattative legate compravendita-cessione delle sostanze stupefacenti.
Stretti collaboratori nella attività di spaccio degli stupefacenti e stabilmente inseriti nella associazione sono risultati Abele Martinelli Abele e Cosimo Schena, Enrico Mellone (il cui apporto è risultato fondamentale anche sotto il profilo dell’approvvigionamento di marijuana da Curto Marco) e Pamela Cannalire.
Un ruolo importante nell’attuazione dell’associazione hanno avuto i coniugi Fabrizio D'Angelo, Anna Giannello i quali, avendo perfetta conoscenza dell’esistenza di un gruppo criminoso dedito al traffico di sostanze stupefacenti, con condotte ripetute, abituali e stabili, hanno contribuito alla realizzazione del programma criminoso, agevolando l’attività di spaccio attraverso l’occultamento dello stupefacente da loro detenuto nel caso di controlli della polizia giudiziaria procedente.
Le indagini hanno permesso di individuare due distinti e diversi canali di approvvigionamento di stupefacente (cocaina) da cui l’organizzazione si riforniva: il primo riconducibile a Renato De Giorgi ed il secondo riconducibile alla criminalità di Oria, che è stato individuato per il tramite delle conoscenze di Abele Martinelli e Cosimo Schena Cosimo nonché attraverso la mediazione di Giovanni Patisso. L’indagine ha consentito altresì di decodificare il linguaggio criptico utilizzato dagli indagati per comunicare tra loro e con gli acquirenti per mascherare sia le cessioni di cocaina che ogni riferimento circa la quantità, la qualità ed il prezzo.
IL SOTTOSEGRETARIO TOFALO - «Andiamo avanti con la lotta alla criminalità organizzata, colpo su colpo, senza tregua»: così il sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo esprime «grande apprezzamento per l’impegno quotidiano delle donne e degli uomini dell’Arma dei Carabinieri, presenti e vigili su tutto il territorio nazionale» e che oggi hanno smantellato nel Brindisino un clan affiliato alla Scu. «Un grande lavoro - dice - che ci rende sempre orgogliosi. Ogni successo conseguito è una importante vittoria della legalità e dello Stato».
«LA PRESENZA DELLO STATO» - Per il senatore Marco Pellegrini, coordinatore del Comitato Mafie Pugliesi della Commissione Parlamentare Antimafia, gli arresti eseguiti dai carabinieri nel Brindisino «testimoniano la presenza dello Stato e l’alta qualità del contrasto alla criminalità organizzata». «Sono molto soddisfatto - dice - per l’operato della magistratura e delle forze dell’ordine che, oggi, hanno inferto un duro colpo a queste organizzazioni criminali che inquinano e danneggiano il territorio pugliese e la sua economia. La strada da percorrere è sicuramente lunga ma i risultati sin qui ottenuti sono tanti e riaffermano il primato della legalità e dello Stato».
«L'istituzione della sezione operativa della Direzione Investigativa Antimafia a Foggia, che sarà inaugurata il prossimo 15 febbraio, si inserisce in questo percorso - conclude - ed è l’ulteriore segnale della massima attenzione delle istituzioni per il nostro territorio».