MANFREDONIA - «La collaborazione prestata dall’allora assessore Angelo Salvemini alla famiglia Romito», già emersa nei presunti aiuti a Grazia Romito perché un suo presunto prestanome ottenesse l’autorizzazione del Comune a un’agenzia di pompe funebri, «diventa ancor più significativa nella vicenda del locale ‘Guarda che luna’ di proprietà della società ‘Bar centrale di Romito Francesco’ figlio di Michele Romito, dapprima per bloccare la rimozione della struttura disposta dall’ufficio tecnico comunale e poi per far sì che fosse autorizzato il rimontaggio. Erano pretese del tutto illecite e arbitrarie” (e non andate in porto) “perché Salvemini e Michele Romito erano pienamente consapevoli che le pretese di cui si facevano portatori erano state respinte da Tar e Consiglio di Stato. Le condotte dei due indagati rientrano in una complessiva strategia volta da una parte a paralizzare l’attività amministrativa proponendo innumerevoli ricorsi al giudice amministrativo; e dall’altra a coartare le decisioni politiche/amministrative di dirigenti del Comune”. Lo scrive il gip del Tribunale di Foggia Odette Eronia nelle 188 pagine dell’ordinanza cautelare dell’inchiesta “Giù le mani” di Procura e Gdf sfociata nel blitz del 9 marzo con l’esecuzione di 7 provvedimenti: carcere per 2 (tra cui Michele Romito); domiciliari per 3 (tra cui la sorella Grazia Romito e l’avv. Angelo Salvemini); 1 divieto di dimora; 1 sospensione dai pubblici uffici per 3 filoni d’inchiesta e 15 capi d’accusa complessivi tra concussione, tentata concussione, peculato, corruzione, falso, lesioni, violenza privata (vedi scheda a parte ndr).
Il clan Romito - L’inchiesta ruota anche sui presunti rapporti illeciti tra un ex assessore e esponenti della famiglia Romito. Grazia e Michele Romito sono i figli di Francesco “Ciccillo il mattinatese” deceduto anni fa; e fratelli di Franco e Mario Luciano Romito assassinati il primo ad aprile 2009 a Siponto e il secondo nella strage di mafia del 9 agosto 2017 nelle campagne di San Marco in Lamis, entrambi ammazzati nella guerra di mafia tra gli ex alleati Romito e i Libergolis, la potente famiglia montanara di allevatori.
Ricatto politico - Nel tentativo di evitare lo smontaggio della struttura abusiva del ristorante “Guarda che luna”, Salvemini e Romito avrebbero anche puntato “a destabilizzare la rappresentanza locale di Forza Italia, come si evince” annota il gip “dalla proposta di Romito all’assessore di rendere pubblica una foto di cui è in possesso, in cui Pasquale Ricucci” (detto “Fic secc’” ucciso in un agguato di mafia ancora impunito l’11 novembre 2019 quand’era a vertice del clan Romito/Lombardi/Ricucci nella guerra con i Libergolis) mentre abbracciava in strada e baciava a mo’ di saluto un esponente sipontino del partito politico che interrogato come testimone fornì una diversa ricostruzione dell’episodio. L’accusa poggia anche su intercettazioni da cui emergerebbe “la volontà di Salvemini di agire a tutela degli interessi dei Romito”.
Il dossieraggio - Nel motivare la decisione di disporre gli arresti domiciliari per l’avv. Salvemini, il parla di “pericolo di inquinamento probatorio che emerge concreto e attuale dalle intercettazioni telefoniche (e dalle testimonianze) da cui è venuta alla luce una vera e propria attività di dossieraggio svolta in modo sistematico da Salvemini che più volte riferì agli interlocutori, e in particolare a Michele Romito, di essere in possesso di materiale e/o informazioni in grado di condizionare l’operato di amministratori e politici locali, come quando si parla di ‘far saltare teste pesanti’”. Il riferimento del giudice è anche “all’utilizzo come arma di ricatto della foto ritraente, a dire di Salvemini e Romito, il boss Ricucci” con un esponente di Forza Italia.
Le minacce di Romito - Analoghe considerazioni riguardano Michele Romito per il quale il gip ha disposto il carcere: “l’indagato ha sempre concordato e condiviso con Salvemini le varie iniziative da intraprendere contro l’amministrazione comunale a tutela dei propri interessi, ossia quella del ‘Bar centrale sas’, mostrando in varie occasioni di essere lui stesso a proporre all’assessore le strategie da assumere”.
Se per Salvemini sussiste il pericolo d’inquinamento delle prove, per Romito c’è anche quello che possa passare alle vie di fatto. “Sotto questo profilo la personalità di Romito, anche al di là del contesto familiare di riferimento, viene in evidenza dai propositi di vendetta violenti più volte manifestati nelle intercettazioni rispetto a più soggetti”: dipendenti comunali e familiari di politici. Il gip fa riferimento a frasi del seguente tenore: “io gli taglierei la testa”; “per me quella famiglia è morta”; “vi prendo la testa e ve la taglio a tutti quanti”; “lo devo scannare come un porco”; “mi ha rovinato la vita, lui e quell’altro bastardo”. “Queste affermazioni mettono bene in luce” conclude il giudice “sia il rischio concreto che Romito possa influenzare i testimoni non ancora interrogati, sia che possa commettere ulteriori e ben più gravi reati rispetto a quelli oggetto dell’inchiesta, con violenza su persone”.