Domenica 07 Settembre 2025 | 12:44

Foggia, sesso in cambio di denaro, ma a letto «scattava» la rapina: arrestata con i suoi complici

 
Redazione Foggia

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Foggia, sesso in cambio di denaro, ma a letto «scattava» la rapina: arrestata con i suoi complici

In 20 giorni, tra il 6 e il 26 febbraio scorsi, cinque uomini sono finiti nel mirino della banda: 4 rapinati di poco meno di 2800 euro complessivi, un’auto, un telefonino e un libretto postale

Sabato 09 Marzo 2024, 08:25

12 Marzo 2024, 10:39

FOGGIA - I contatti iniziali con la donna su Whatsapp, quindi l’accordo sul prezzo per fare sesso, poi l’appuntamento in un appartamento nella zona del Carmine vecchio, ma prima del momento clou ecco irrompere nella stanza due complici della adescatrice, armati di pistola e coltello. In 20 giorni, tra il 6 e il 26 febbraio scorsi, cinque uomini sono finiti nel mirino della banda: 4 rapinati di poco meno di 2800 euro complessivi, un’auto, un telefonino e un libretto postale; il quinto si difese con una sedia e riuscì a scappare; un paio le vittime colpite col calcio della pistola e/o schiaffeggiate. Le indagini-lampo coordinate dalla Procura e condotte dagli agenti della sezione antirapina della squadra mobile sono ora sfociate nell’arresto di tre foggiani: Luca Pompa, 34 anni; Giuseppe Crudo, 33 anni; Martina Taronna, 26 anni.

Il gip Carlo Protano ha concordato con i pm Enrico Infante e Roberto Galli sulla gravità degli indizi raccolti e firmato le ordinanze cautelari in carcere. Nei prossimi giorni i tre presunti rapinatori compariranno davanti al giudice per l’interrogatorio di garanzia e fornire la loro versione. Gli avv. Massimiliano Mari e Carlo Alberto Mari difensori di Crudo e Taronna, interpellati dal cronista preferiscono non rilasciare alcun commento in questa fase. Sono 11 i capi d’imputazione contestati a vario titolo: 4 rapine, 1 tentativo di rapina (4 colpi messi a segno dal terzetto, del quinto raid fallito rispondono Taronna e Pompa); porto illegale di pistola; lesioni; indebito utilizzo delle carte di credito. Quest’ultimo reato viene contestato perché 2 derubati furono costretti a consegnare anche i bancomat e indicare i relativi pin: in un’occasione il rapinato già alleggerito nell’appartamento di 135 euro, dovette accompagnare con la propria auto (che gli fu sottratta) gli indagati in banca per prelevare 250 euro, prima di riuscire a fuggire mentre si recavano in un altro istituto di credito dove avrebbe dovuto effettuare un ulteriore prelievo; nella seconda circostanza la vittima, derubata sul posto di 40 euro, fu poi tenuta sotto tiro da Crudo mentre Pompa si recò in un istituto di credito e prelevò allo sportello Atm 500 euro. L’accusa poggia su riconoscimenti e sull’individuazione dell’appartamento teatro delle aggressioni in serie.

L’accusa parla di modus operandi consolidato con suddivisione di ruoli: Martina Taronna nei panni dell’adescatrice che fingeva di accordarsi con le vittime per rapporti sessuale a pagamento; Crudo e Taronna quali braccio armato della banda. Dopo messaggi scambiati con la donna, le vittime raggiungevano l’appartamento convinti di fare sesso per poi trovarsi invece a vivere minuti di terrore: nell’abitazione facevano irruzione Crudo armato di coltello e Pompa con in pugno una pistola. Seguivano le minacce: “dacci tutti i soldi che hai, oppure fai una brutta fine”, in un paio di occasioni seguite da aggressioni fisiche con ceffoni e colpi col calcio della pistola. I bottini? 1500 euro; 540 euro, tra soldi prelevati al bancomat e quelli addosso al derubato di turno; poco meno di 400 euro, con il grosso rappresentato dal prelievo in banca; e 350 euro. Fallito invece il colpo del 7 febbraio, il secondo di questa sequela, di cui sono accusati la Taronna e Pompa (Crudo è estraneo all’episodio) che brandendo un coltello avrebbe intimato alla vittima di consegnare portafogli e telefonino: l’uomo aggredito, con una sedia fece indietreggiare gli indagati, si rifugiò in un’altra stanza, scappò dall’appartamento inseguito da Pompa che – prosegue l’atto d’accusa – rinunciò alla rapina quando vide l’obiettivo rifugiarsi in un locale da dove fu allertata la Questura.
Considerate gravità dei fatti e ben 5 rapine in 20 giorni e di fronte al rischio di ulteriori aggressioni, pm e gip hanno concordato che il carcere fosse l’unica misura cautelare adeguata. Per il giudice Protano “gli indagati hanno mostrato una dedizione compulsiva e stringente a reati predatori violenti, commessi con modalità analoghe e ben collaudate”.

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