FOGGIA - Dall'inchiesta “Minefield” della Procura di Reggio Emilia, sono emerse operazioni di infiltrazione nel tessuto economico regionale e nazionale a opera del sodalizio condotto da soggetti calabresi originari di Cutro, professionisti calabresi e campani, alcuni nati a Reggio Emilia e altri originari della provincia di Foggia. Un fiume di false fatture: l’inchiesta ha portato in carcere sette persone, cinque invece sono finite agli arresti domiciliari. L’attività vede coinvolti oltre 100 indagati e 81 società tra Emilia, Calabria, Toscana, Campania, Lazio, Lombardia, Marche e Veneto.
Le indagini di carabinieri e guardia di finanza - coordinati dalla procura reggiana - hanno portato a scoprire come il core business criminale fosse legato in misura prevalente alla commissione di reati tributari, mediante l'emissione di fatture per operazioni inesistenti, con una costante crescita degli "utilizzatori" coinvolti nell'articolato sistema di frode fiscale che si reggeva grazie alle cosiddette 'cartiere' intestate a insospettabili prestanomi.
Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, le fatture false ammontano a circa quattro milioni di euro per sei milioni di euro di imposte evase. L'organizzazione inoltre gestiva un imponente giro d'affari in diversi settori, dalle prestazioni di servizi (cantieristica e manutenzione di macchinari industriali e pulizie), oltre che nel settore del noleggio di autovetture e di commercio all'ingrosso.
Nel corso delle indagini dell'operazione 'Minefield' della Procura di Reggio Emilia, è stato ricostruito anche il sistema di riciclaggio internazionale utilizzato dall'organizzazione in molti casi: infatti, i proventi illecitamente ottenuti venivano fatti confluire attraverso un sistema di scatole vuote prevalentemente verso la Bulgaria. Da qui, il denaro veniva inviato su ulteriori conti esteri o monetizzato, per essere poi reintrodotto fisicamente in Italia. Inoltre, tra gli arresti messi a segno da carabinieri e guardia di finanza, anche uno in flagranza per detenzione di sostanze stupefacenti dopo essere stato trovato in possesso di 18 chili di hashish e 4 di marijuana. L'inchiesta ha portato ad eseguire complessivamente 15 misure cautelari, cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere, 7 misure degli arresti domiciliari, un obbligo di dimora e tre misure interdittive, di cui due nei confronti di professionisti
"Non c'è soltanto un danno all'Erario e al sistema fiscale italiano, ma c'è anche una grave violazione di principi di concorrenza, delle condizioni di permanenza sul mercato: la massiccia immissione denaro in nero altera il sistema economico e fa si che l'imprenditore onesto, corretto venga marginalizzato". Così il procuratore di Reggio Emilia, Calogero Gaetano Paci analizza i danni del sistema di frodi fiscali e riciclaggio scoperto dall'operazione 'Minefield' che ha portato ad indagare oltre cento persone in tutta Italia e ad emettere 15 misure cautelari e tre interdittive.
"Questa organizzazione criminale era particolarmente accreditata non solo sul territorio provinciale ma anche su altri territori - ha continuato Paci nel corso della conferenza stampa di stamattina per illustrare l'operazione - Un reticolo di soggetti operanti in aziende apparentemente sane, ma in realtà nella stragrande maggioranza prive di alcuna operatività il cui unico scopo era emettere false fatture". Un'inchiesta che è partita dal comprensorio ceramico reggiano. "Grazie alla conoscenza delle dinamiche territoriali nonché la capacità informativa della tenenza di Scandiano - ha detto Andrea Milani, colonnello e comandante provinciale dei carabinieri di Reggio Emilia - abbiamo approfondito una vicenda di grande portata, considerato il delinearsi di un'associazione per delinquere. Vorrei evidenziare, a tal proposito, come la complessa attività investigativa si sia sviluppata in piena pandemia, periodo che ha visto le articolazioni di base dell'Arma, alle quali la Tenenza appartiene, unico presidio di polizia nei comuni di Scandiano e Viano, fornire uno sforzo eccezionale con senso del dovere e di abnegazione". Le indagini sono state condotte dai militari dell'Arma e dalle Fiamme Gialle. "Nel periodo Covid c'erano società in sofferenza, alcune sono state di fatto acquisite dall'organizzazione che ha inserito soggetti di riferimento che hanno potuto condizionarle - ha spiegato il colonnello Filippo Ivan Bixio, comandante provinciale della guardia di finanza di Reggio Emilia - Le cartiere hanno come business principale l'emissione di fatture false verso società controllate o riconducibili all'organizzazione, quindi per interessi propri. Ma l'elemento preponderante era l'offerta a livello nazionale del servizio. È questo un elemento che si sta consolidando sempre di più negli ultimi anni in Emilia. Soggetti che non sono affiliati, collegati e nemmeno contigui alla criminalità si servono di questa opportunità per aggiustare i bilanci o abbattere la base imponibile".