ORTA NOVA «Non fare ‘sta cazzata senti a me, perché dopo finisce male». La compagna di Savino Russo, estranea all’inchiesta, ammonì il giovane sulle conseguenze del gesto: cercare di dare fuoco all’abitazione del vicino, un poliziotto in servizio alla squadra mobile, per vendicarsi del sequestro preventivo della villetta della convivente per lavori edilizi non autorizzati, sequestro al quale peraltro il poliziotto era estraneo. Poggia su oltre 200 fotogrammi e alcune conversazioni registrate dal sistema di videosorveglianza di casa di Savino Russo l’indagine di Procura e squadra mobile sfociata nell’arresto di cinque persone accusate a vario titolo di tre tentativi di incendio avvenuti a Orta Nova tra il 16 e il 20 giugno.
I 5 ARRESTATI - Il gip Michela Valente, accogliendo le richieste della Procura, ha disposto il carcere per Gionata Algerino, 25 anni di Orta Nova; i compaesani Marco Quercia, 26 anni; il coetaneo Savino Russo e Ercole Russo di 24 anni; e per Ottavio Borea, 45 anni, di Stornarella. Algerino, Borea, Quercia e Savino Russo rispondono del tentativo di incendio di casa del poliziotto alle 2 di notte del 17 giugno scorso, domato dalla vittima; secondo la ricostruzione degli investigatori, a appiccare le fiamme sarebbero stati Algerino e Borea che avrebbero rifornito di benzina le taniche poi usate per il rogo, mentre Savino Russo e Quercia avrebbe fatto da «palo». Algerino, Quercia e i due Russo sono accusati dei tentativi di incendio del 19 e 20 giugno della «Fiat Multipla» e della «Fiat Panda» di persone legate da rapporti di quasi parentela col poliziotto. Le indagini proseguono per identificare chi fece esplodere un ordigno davanti il cancello di casa della vittima il 16 settembre. «Non rilascio alcuna dichiarazione, preferisco parlare in Tribunale» commenta l’avv. Gino Sauro difensore degli indagati.
IL MOVENTE - Il primo tentativo di incendio avvenne alle 2 di notte del 17 giugno. Un familiare avvertì il poliziotto di sentire un forte odore di benzina provenire dal giardino e il padrone di casa si rese conto che sul tetto erano state piazzate tre taniche di benzina con accanto un calzino utilizzato come stoppino per innescare l’incendio, domato dalla vittima. L’investigatore sentito dai colleghi escluse d’aver ricevuto minacce, di aver litigato con qualcuno, e di nutrire sospetti. Aggiunse che la mattina prima dell’avvertimento carabinieri, poliziotti e vigili urbani avevano posto sotto sequestro la villetta di un vicino, che si è accertato essere di proprietà della compagna di Savino Russo (la donna è estranea all’inchiesta). Per l’accusa sarebbe il sequestro preventivo dell’immobile per via di lavori di ristrutturazione non autorizzati il movente dei tre tentativi di incendio.
Video e registrazioni Come rimarcato nella conferenza stampa di 48 ore fa in Questura, decisivi i filmati di varie telecamere che avrebbero ripreso gli indagati prima e dopo gli avvertimenti; e il tracciato gps di una «Fiat Croma» che sarebbe stata usata per raggiungere il luogo del rogo. Tra gli elementi d’accusa ci sono anche - ha scritto il gip nelle 120 pagine dell’ordinanza cautelare contrassegnate da oltre 200 fotogrammi - «le conversazioni registrate dal sistema di videosorveglianza dotato di microfono acquisite presso l’abitazione di Savino Russo. Alle 20.40 del 16 giugno» (poche ore prima del tentativo di dar fuoco alla villetta del poliziotto) «si sente la compagna dell’indagato provare a dissuaderlo dal compiere qualcosa di illecito che poteva procurargli problemi», dicendogli: «non fare sta cazzata, perché dopo finisce male». Alle 2.10 della notte sul 17 giugno (l’attentato era appena avvenuto) «nel momento in cui Russo entrava in casa, il microfono installato nella telecamera registrò un altro breve ma significativo dialogo con la convivente», durante il quale l’indagato avrebbe detto: «ora devo andare in galera».
Perché il carcere Il giudice delle indagini preliminari ha disposto il carcere rimarcando la gravità dei fatti, ritenendo sussistente il rischio di ulteriori attentati. «Va sottolineata la reiterazione dei fatti criminosi, fondati su una mera supposizione, in un arco temporale estremamente ristretto nonché la totale indifferenza per le possibili conseguenze per la propria e altrui incolumità. Sono elementi sintomatici di una elevata spregiudicatezza nel delinquere e di pericolosità sociale».