Giovedì 23 Ottobre 2025 | 18:14

Foggia, l’agguato a Fratianni? Per la Corte d’appello di Bari fu una vendetta

Foggia, l’agguato a Fratianni? Per la Corte d’appello di Bari fu una vendetta

 
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Foggia, l’agguato a Fratianni? Per la Corte d’appello di Bari fu una vendetta

«Non ci fu un movente mafioso nell’azione dei Francavilla». Le condanne: da otto a quattro anni ai 5 componenti del gruppo di fuoco

Giovedì 23 Ottobre 2025, 14:38

Il capo-clan Emiliano Francavilla progettò l’omicidio del costruttore Antonio Fratianni, poi sventato da Dda e squadra mobile la sera del 26 giugno 2022 alla periferia di Foggia, per vendicare il ferimento del fratello e del nipote quindicenne più che affermare il predominio del clan Sinesi/Francavilla nella “Società foggiana”, la mafia cittadina. E’ quanto sostanzialmente emerge dalle motivazioni della sentenza della terza sezione della corte d’appello di Bari che lo scorso 11 luglio ha inflitto 5 condanne a complessivi 30 anni, scontando le pene comminate in primo grado e “premiando” le confessioni degli imputati giunte nel processo-bis. Otto anni e 8 mesi al quarantaseienne Emiliano Francavilla a fronte dei 12 anni della sentenza del Tribunale di Foggia; 5 anni e 2 mesi al genero trentaquattrenne Giovanni Consalvo (8 anni e 8 mesi); 6 anni e 8 mesi al cinquantaquattrenne Giuseppe Sonnino (10 anni e 8 mesi); 5 anni al quarantacinquenne Antonio Lanza (8 anni e 8 mesi); 4 anni e 6 mesi al padre sessantottenne Mario Lanza (7 anni). I 5 foggiani furono fermati il 22 luglio 2022 su decreti della Dda per tentato omicidio aggravato da premeditazione e mafiosità per metodi usati e per aver agito per agevolare il clan Sinesi/Francavilla; da qualche mese sono ai domiciliari.

Agguato, vendetta – Il 2 marzo 2022 nell’abitazione di Nettuno dov’era ai domiciliari, Antonello Francavilla fratello maggiore di Emiliano e con lui al vertice del clan, fu ferito gravemente dai colpi di pistola esplosi da un uomo che sparò anche al figlio quindicenne del boss, pure ricoverato in prognosi riservata. La Dda di Roma chiese e ottenne l’arresto del costruttore Antonio Fratianni per duplice tentato omicidio aggravato dalla mafia: voleva uccidere Antonello Francavilla per non restituire 600mila euro ricevuti dal clan per reinvestirli. L’imprenditore è sotto processo a Velletri, si dice innocente, vittima di un tentativo di estorsione di Antonello Francavilla che avrebbe preteso un milione, un appartamento, un locale commerciale. Emiliano Francavilla decise quindi di vendicare fratello e nipote, e organizzò l’agguato a Fratianni.

Un commando di 3 killer - lo stesso Emiliano, Antonio Lanza e Sonnino - a bordo di un’auto doveva uccidere il costruttore la sera del 26 giugno 2022 all’uscita dal casello autostradale al ritorno in città; Consalvo e Mario Lanza erano le vedette appostate vicino l’A/14 per segnalare ai complici l’arrivo dell’auto con Fratianni. La squadra mobile scoprì il progetto di morte, mise in salvo l’imprenditore. Secondo la Dda di Bari, Fratianni doveva essere ammazzato anche perché il clan Sinesi/Francavilla voleva “ridefinire mediante una vera e propria guerra di mafia gli assetti di potere all’interno della ‘Società’”

La confessione – Lo scorso 21 febbraio nel processo d’appello Emiliano Francavilla confessò. “Voglio ammettere il fatto storico; se ho agito in quel modo era per mio nipote. Quando ha subito l’agguato, chi ha sparato l’ha colpito alla testa per dargli il colpo di grazia. Questa cosa mi ha colpito perché io mio nipote l’ho cresciuto come fosse mio figlio. Per questo motivo volevo agire in quel modo nei confronti di Fratianni perché una persona padre di famiglia che agisce in quel modo contro un bambino di 15 anni, è una persona cattiva dentro”. Erano seguite le ammissioni di Consalvo, Sonnino e dei 2 Lanza. I difensori dei 5 imputati rinunciarono a insistere nei motivi principali d’appello - assoluzione, esclusione dell’aggravante mafiosa - per puntare alla concessione delle attenuanti generiche e quindi ottenere sconti di pena.

Vendetta più che mafia – Pene ridotte dalla corte d’appello che condannò i 5 imputati confermando l’aggravante della mafiosità vista la rinuncia della difesa a chiederne l’esclusione. Ma nel motivare gli sconti i giudici di secondo grado condividono la tesi difensiva e rimarcano come il movente vada cercato più nella vendetta che in un contesto mafioso. “Già dalle dichiarazioni di Giuseppe Solazzo” (testimone di Giustizia, il suo racconto fu decisivo per scoprire il movente) “parrebbe evincersi che il progetto di uccidere Fratianni fosse da ricercare nel desiderio di punirlo per l’agguato a Nettuno. D’altronde non è noto in che modo l’eliminazione di Fratianni avrebbe potuto agevolare l’associazione mafiosa da cui Emiliano Francavilla è stato allontanato per oltre 10 anni visto che era in carcere” da giugno 2011 a marzo 2022”.

“Non c’è metodo mafioso” - Per i giudici “l’aggravante del metodo mafioso deve evocare la presenza sul territorio di una consorteria mafiosa che in questo caso non può che essere assente, non risultando che Fratianni sia stato mai avvicinato o intimorito dagli imputati. Il fatto che Fratianni abbia prima cercato di eliminare fisicamente il proprio ‘creditore’ Antonello Francavilla, e solo dopo aver tentato di ucciderlo lo abbia denunciato per estorsione, denota che il costruttore non era intimorito dalla supposta consorteria mafiosa. Anche l’impiego da parte di Emiliano Francavilla di soggetti non particolarmente esperti nell’agguato (Consalvo incensurato, Sonnino che guidava l’auto aveva appena conseguito la patente) denota un’organizzazione del progetto alquanto rudimentale, e poco incline a evocare l’organizzazione di tipo militare tipicamente mafiosa”.

Le motivazioni soddisfano l’avvocato Ettore Censano difensore di Emiliano Francavilla ora ai domiciliari: “non tutti i reati rientrano nell’alveo della mafia, anche se si tratta di fatti gravi commessi da un mafioso. In questo caso non c’è né metodo né agevolazione mafiosa, il movente è di carattere prettamente personale”.

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