Hayat Fatimi fu già minacciata di morte con un coltello la notte dell’11 giugno 2025, ma riuscì a disarmare l’ex compagno violento Tariq El Mefeddel e consegnare l’arma ai carabinieri; 57 giorni più tardi, la notte sul 7 agosto, l’uomo ci riprovò; aggredì sotto casa di lei la cuoca marocchina da anni residente a Foggia; la uccise con più fendenti al corpo. Emerge dagli atti dell’indagine a carico del marocchino di 46 anni. All’epoca del femminicidio, l’uomo era ricercato da 10 giorni in quanto il gip di Foggia il 28 luglio ne aveva disposto il carcere per stalking, aggravando l’iniziale misura del divieto di dimora a Foggia notificata al sospettato il 15 luglio a Caserta. Dopo l’omicidio, El Mefeddel scappò a Roma dove fu rintracciato dopo 10 ore e fermato. E’ accusato di omicidio aggravato da premeditazione e dall’aver aver agito contro una vittima di atti persecutori. Dopo ripetute “pec” a Procura, gip e Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria l’avv. Margherita Matrella ha ottenuto il trasferimento del detenuto dal carcere romano di Regina Coeli alla casa circondariale di Foggia.
Nella tarda serata dell’11 giugno scorso una pattuglia dei carabinieri sequestrò un coltello lungo 30 centimetri con lama di 20, consegnato da Hayat Fatimi. Raccontò ai militari d’essere stata aggredita mentre rincasava dall’ex compagno violento. Dopo averle detto: “sono mesi che non mi parli, non mi rispondi” le puntò l’arma contro il fianco, ma lei riuscì a disarmarlo. Anche sulla scorta di quell’episodio il 10 luglio, il gip su richiesta della Procura firmò un’ordinanza di divieto di dimora a Foggia notificata a El Mefeddel il 15 luglio a Caserta dalla Polizia.
La cuoca marocchina dopo una breve relazione con il connazionale l’aveva lasciato nell’agosto 2024 perché geloso. Perseguitata dall’ex, la dona a aprile 2025 chiese aiuto a “Telefono donna”, e fu convinta a denunciarlo. “Già nel corso della loro relazione” si legge nella prima ordinanza cautelare a carico di El Mefeddel, quella del divieto di dimora “l’indagato, agendo sotto l’effetto di alcol, assillava la compagna con iniziative aggressive e manifestazioni di gelosia del tipo: ‘ti piacciono gli uomini? Non mi rispondi al telefono? Perché non ti ho visto? Ti ha accompagnata qualcuno?’”. Quando poi lei pose fine alla relazione nell’estate 2024, l’indagato “cercò con insistenza di convincerla a ritornare insieme, reagendo al suo rifiuto con minacce di morte: ‘se non torni con me ti ammazzo’”. Il 31 dicembre 2024 si presentò sul luogo di lavoro della cuoca, colpì con un pugno al volto un amico della donna e la avvertì: “ti devo ammazzare perché vuoi metterti con un vecchio. Sei solo mia, non sei di altri”, inseguendola in strada armato di due coltelli”. Atti persecutori proseguiti per mesi - sostiene l’accusa - alternando piantonamenti davanti casa e luogo di lavoro, a “messaggi e video dal tenore manipolativo del tipo: ‘non mi avvicino più a te, stanotte mi taglio le vene, almeno io muoio. Scusami di tutto, questa è la mia dimostrazione d’amore per te. Sei sempre nel mio cuore. Io ti amo, ti ammazzo e mi ammazzo’”.
Nonostante il divieto d’avvicinamento, minacce e persecuzioni proseguirono tanto che il gip a fine luglio dispose l’arresto e il carcere per El Mefeddel. Era quindi ricercato da 10 giorni il presunto stalker quando la notte del 7 agosto in vico Cibele nei pressi di casa avrebbe ucciso l’ex compagna. Lei ebbe il tempo di telefonare al 1136 e chiedere aiuto prima d’essere uccisa. “Senti, io ho chiamato anche l’altra volta. Io ho la minaccia di uno, un ragazzo marocchino come me. Mi seguiva tutti i giorni, lui però ha il divieto che non può entrare a Foggia. Sempre mi minacciava. Mo’ tutti i giorni viene vicino casa mia, lo caccio e lui viene lo stesso. Adesso sta correndo dietro di me. Sì, l’ho denunciato, mo’ sta arrivando verso di me in via Mogliano…” la disperata richiesta d’aiuto di Hayat Fatimi. Così il gip che ha convalidato il fermo del presunto omicida ricostruisce gli ultimi momenti di vita della donna: “Dopo pochi minuti il poliziotto al 113 che stava cercando di comprendere la situazione, ha sentito la donna ripetere la via dove si trovava; poi ha udito le urla della donna, e qualcuno colpirla ripetutamente; poi il silenzio”. Quando la volante giunse in via Mogliano a terra c’era il corpo senza vita di una donna che aveva chiesto aiuto e Giustizia. Inutilmente. A fronte di una promessa di morte mantenuta. Lui gliel’aveva giurato: “Hayat se tu pensi che passerai questa estate ti sbagli, la passeremo io e te. La passiamo sopra Dio: saluta la tua vita. Io ti amo, se non mi vuoi, ti ucciderò, farò finire la tua vita. Ti dico solo due parole: o sarai mia o ti uccido per noi due. Finirò anche la mia vita con te: non ti ucciderò e andrò in galera; no, ti uccido e mi uccido. Ci vediamo da Dio”.
















