FOGGIA - Che ne sarà della pasta di grano duro 100% italiano (comunque già oggi un miraggio) se il mercato continuerà a penalizzare il raccolto nazionale? Al tavolo sul frumento duro, convocato dal ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, l’interrogativo è rimasto sospeso per l’intera durata del confronto fra governo e organizzazioni agricole. Gli agricoltori puntano il dito contro le importazioni dall’estero, ma azioni di protezionismo sono escluse ed è sempre più complicato entrare nei meccanismi di quantificazione del prezzo. Il ministro evoca il genetista Nazareno Strampelli («riuscì a moltiplicare per due la produzione del grano»), per inquadrare la sfida oggi: «Coniugare la sostenibilità ambientale e la sostenibilità economica, con il cibo di qualità per tutti si protegge anche la capacità di creare ricchezza e redistribuirla».
Parole sante, ma i cerealicoltori foggiani e tutti i produttori presenti al tavolo fanno i conti con il prezzo in caduta libera e non sanno più con chi prendersela. «Sulle piazze di Bari e Foggia le quotazioni del grano duro fino all’origine sono crollate del 25-26% da inizio anno e del 14-15% nell’ultimo mese», riflette Filippo Schiavone presidente di Confagricoltura Foggia e componente di giunta nazionale, presente all’incontro. «Questa situazione – ragiona - farà aumentare il potenziale dell’export verso l’Italia, che nel 2022 aveva subito un vero e proprio crollo con un calo delle importazioni dal Canada di oltre il 40%. Nel 2022 l’Italia, primo produttore mondiale di pasta, ha importato più grano duro dall’UE (essenzialmente da Francia e Grecia) che dal Canada, tradizionalmente primo Paese fornitore».
Se per la Cia Agricoltori «a queste condizioni sarà sempre più difficile fare pasta con grano duro italiano», Copagri chiama in causa le altre componenti della filiera: «In un paese come l’Italia, maggior produttore mondiale di pasta e dal quale dipende ben un quarto della produzione globale, è fondamentale che tutti i principali attori dell’agroalimentare di adoperino per sostenere concretamente la filiera del grano duro, comparto che contribuisce quotidianamente a tenere alta l’immagine del Made in Italy nel mondo», puntualizza il presidente Tommaso Battista.
Mercato che ristagna anche a causa della riduzione del consumo della pasta, questa l’altra concausa ammessa dai produttori. Ma lo spauracchio si chiama Canada, il principale esportatore di grano duro verso l’Italia: volumi destinati ad aumentare a giugno, questa la voce che circola tra gli industriali della pasta, che prenotano nuovi arrivi a prezzi (si dice) più scontati disinteressandosi del grano nazionale sceso alla borsa merci di Foggia a 360 euro la tonnellata (quotava 420 euro un mese fa).