Seicentotrentacinque giorni dopo (25 maggio 2021-19 febbraio 2023) il Comune di Foggia si ritrova un’altra volta senza «il sindaco». Le dimissioni della commissaria Marilisa Magno sono in fondo interpretate così dall’opinione pubblica: il prefetto nato a Napoli il 30 luglio del 1954 era un po’ considerata la figura più carismatica dell’amministrazione, il punto di riferimento anche degli altri due commissari Rachele Grandolfo e Sebastiano Giangrande. E poi basterebbe sfogliare Wikipedia per ritrovare la Magno perfettamente inserita tra i sindaci della città, “in carica” si legge ancora. L’impostazione severa dietro il tailleur era tuttavia dissimulata dal sorriso largo e dalle reminiscenze dell’eloquio campano. Giusto qualche concessione alla forma: in effetti la città ha sofferto in questi mesi la mancanza di un vero sindaco, anche se poi in corso d’opera qualcosa è cambiato nell’atteggiamento austero degli inizi. «È che non rientra nel nostro ruolo, io sono una burocrate», tagliava corto la «sindaca» in fascia tricolore alle manifestazioni pubbliche. Ora che il prefetto è andato via, traspare tuttavia un velo di nostalgia in quanti l’hanno conosciuta e persino tra i «detrattori» delle associazioni cittadine che lamentano di «non avere avuto legittimità di ascolto». Marilisa Magno, dismessi i panni del commissario, appare ora molto più colloquiale e disponibile anche se spiega così a volte le ragioni di una certa riluttanza: «Ci siamo accorti che molto spesso i nostri interlocutori non conoscevano a fondo la materia di cui volevano parlare. C’era approssimazione e superficialità», risponde tranchant. Concetti che ritroveremo spesso in questa intervista concessa in in esclusiva alla Gazzetta .
Che città ha trovato e come crede di averla lasciata?
«L’amministrazione era senza un apparato organizzativo valido, come dovrebbe averla un comune. C’era bisogno di creare una struttura operativa per ripartire, non si poteva andare avanti in quel modo disordinato e caotico. Basti citare un elemento: mancava del tutto o quasi l’informatizzazione degli atti, bisognava costruire dalle basi. Capii subito che occorreva un lavoro a fondo e che non bisognava perdere tempo».
Che tipo di problemi si trovò subito ad affrontare?
«Questioni infinite e datate, contenziosi di notevole portata e che determinavano un’esposizione debitoria gravosa per l’amministrazione e che nonostante tutto si portavano avanti da decenni. È vero che il piano di equilibrio finanziario (procedura adottata dal Comune nel 2016 dopo relazione della Corte dei Conti: ndr) evita di andare in dissesto: ma le regole erano pari a zero, bisognava adottare regolamenti in ogni settore della macchina burocratica. La costruzione basilare di un’amministrazione non c’era, mancava una ristrutturazione del fabbisogno del personale».
A proposito del personale, il suo impatto come lo definirebbe: traumatico?
«Il dirigente deve attivare le procedure, abbiamo dato loro obiettivi precisi: innanzitutto risanare le situazioni che hanno portato allo scioglimento. Nella relazione del prefetto Esposito sono elencati i settori su cui intervenire e lo abbiamo fatto, abbiamo preso spunto da lì».
Sì, ma all’inizio non le avranno steso il tappeto rosso…
«Al contrario… c’era molta diffidenza nella commissione straordinaria: Da parte mia e poi nostra, cioè da quando sono stati nominati gli altri due commissari (agosto 2021: ndr), non diffidenza ma estremo rigore. Si è trattato di un incarico molto delicato, prima di affrontare i problemi bisogna capirli e noi lo abbiamo fatto con estremo rigore. L’unico modo che conosco per rimuovere le cause».
Pensa di esserci riuscita, ed a quale prezzo?
«Non sono abituata a mollare nulla, non mi sono mai tirata indietro. Mi dispiace in questo momento non essere riuscita a portare a compimento un lavoro importante, che sta cominciando a dare i suoi frutti e che lascerà traccia nel tempo, ne sono convinta. Forse quando ho dovuto annunciare le mie dimissioni avrei dovuto giustificare dicendo “per cause strettamente personali”. Ma per evitare fraintendimenti ho specificato la vera ragione: motivi di salute».
È la sua risposta per fugare ogni dubbio riguardo a ipotesi di “spoil system”?
«Con le commissioni straordinarie è difficile che il governo faccia operazioni di questo tipo. No, piuttosto la mia situazione è precipitata dopo l’arrivo del ministro Piantedosi (6 febbraio: ndr)».
Cosa si porta dietro da un’esperienza del genere?
«Foggia la ricorderò come un’esperienza dura, un'amministrazione così complessa e sgangherata non l’ho trovata in tutti gli altri luoghi dove sono stata. Ma il rapporto con le istituzioni è stato splendido, con il mondo della scuola c’è stata un’interlocuzione continua, anche con la città in fondo ci siamo capiti e lo dimostrano i messaggi che ricevo in questi giorni e che mi commuovono».
Quanti dipendenti ha inserito nell’organico comunale?
«Abbiamo autorizzato 60 assunzioni nel 2021 e altre 70 nel 2022 di fascia C e D: alcuni utilizzando le graduatorie di altri comuni, in altri casi ci siamo avvalsi delle società specializzate. Ognuno dei nuovi dirigenti ha dovuto crearsi. La Polizia locale ha avuto 16 ingressi nel 2021 e altri 22 nel 2023. Ora abbiamo anche il comunicatore».
Di che tipo di figure c'era bisogno?
«Man mano che andavamo avanti abbiamo richiesto figure che si affiancassero ai dirigenti, mi riferisco ai “sovraordinati”, figure professionali esterne. Poichè nell’organico di Foggia c’erano pochissimi dirigenti, appena 6 su una pianta organica di 14, abbiamo lavorato sul piano del fabbisogno. Ogni volta che il Comune ha dovuto procedere con le assunzioni, abbiamo sempre avuto prima il via libera del ministero: è stato così che abbiamo assunto 3 dirigenti a tempo indeterminato all’ufficio tecnico (Longo), all’avvocatura (Paradiso) e ai servizi sociali e pubblica istruzione (Croce), tutti assunti con regolari concorsi».
Tra le delibere adottate, quelle sulla seconda stazione e l’ampliamento del tribunale sono forse le più rilevanti.
«La cessione del diritto di superficie al ministero di Giustizia è stata la mia ultima delibera. Un’altra bella operazione che Foggia si merita. Confesso che avevamo dei dubbi sulla cessione del diritto di proprietà, concedendo solo il diritto di superficie a 99 anni (all’agenzia del Demanio: ndr) Foggia non si spoglia di nulla».
Si dice che il ministro Lamorgese l’abbia redarguita quando rispose all’università di dover “parlare solo con gli atti”.
«L’ex ministro ha sempre avuto molta fiducia in me. Conosce la mia storia. Non ho mai ricevuto bacchettate… il problema è che noi siamo molto rigorosi e siamo sempre stati ligi alle regole del ministero. Non possiamo fare proclami. Risposi a quella domanda in quel modo perchè mi accorsi che nessuno si andava a leggere le delibere, eravamo agli inizi del 2022. C’era la pretesa di sapere tutto e di dare tutto per scontato. La costruzione è stata invece lunga e faticosa».
Foggia come se la immagina tra qualche anno?
«Una città che si deve riscattare perchè semplicemente non se lo merita di finire dove è stata portata. Ci sono tante persone perbene, di un bel livello culturale. Guardi, le mafie ci sono dappertutto e non lo dica a me che sono campana. Però in altre realtà si vede anche altro. Qui c’è una società civile che deve andare avanti e dev’essere in grado di costruire barriere dal punto di vista economico e sociale».
La società civile foggiana non ancora lo fa?
«Non mi faccia esprimere su questo, non sono entrata in tutti i meccanismi. Bisogna lavorare per le prossime elezioni amministrative e per il futuro».
Le critiche quanto hanno influito sul suo mandato?
«Le critiche me le sarei aspettate se i risultati non fossero arrivati. Forse avremmo dovuto dire prima cosa stavamo facendo. Ma torniamo al rigore di prima».
Su Amiu ad esempio non siete stati convincenti.
«Ci vorrà tempo perchè il servizio migliori. Ma l’affidamento è già fatto, il contratto di servizio firmato. Vedrete che un po’ alla volta tutto si sistemerà. Abbiamo iniziato un lavoro certosino con Amiu per stabilire le regole che anche qui non c’erano. Prima non si potevano fare nemmeno le contestazioni ad Amiu, c’è l’ingegner Longo che se ne sta occupando. Ora è stato bandito il concorso per il Dec, il dirigente del controllo di servizio. E tra i lavoratori la parte sana sta ritrovando l’orgoglio. Anche gli ambulanti dei mercati ortofrutticoli sono stati bravissimi a collaborare, pensi che un tempo tutti i rifiuti indifferenziati che fanno aumentare i costi di smaltimento venivano raccolti con la pala meccanica».
Sulle scuole dell’infanzia come nasce la chiusura?
«La dirigente di allora ci aveva rappresentato una situazione non positiva: poche iscrizioni, maestre poco motivate, un quadro nero. La delibera teneva conto di quella sua valutazione. Personalmente andai a confrontarmi con gli esponenti dell’amministrazione scolastica provinciale e regionale per capire meglio il problema. Ci siamo accorti che il cambio di passo nel servizio era sì necessario, ma andavano erogati i servizi: dal servizio mensa all’orario prolungato. E anche le maestre avrebbero dovuto crederci un po’ di più. Il risultato è che abbiamo avuto una risposta fantastica nelle iscrizioni e che bisognava lavorare sui servizi perchè le famiglie ne hanno bisogno».
Ritornerà a Foggia, magari da turista?
«Senz’altro ci tornerò. Guardi, il commissariamento è una patologia dell’ente locale che va gestita dai cittadini. Serviva mettere la barra al centro. Ora credo che questo comune potrà camminare più spedito perchè ha un indirizzo. Un tempo i tavoli di lavoro non esistevano, eppure molte materie sono ormai interdisciplinari. Ognuno coltivava il suo orticello, oggi i vari settori sono obbligati a operare insieme. Mi faccia fare un saluto ai cittadini, ho lavorato solo nel loro e unico interesse. Ma la commissione va avanti, si ferma solo il mio impegno. Il mio in bocca al lupo a tutti, ora devo pensare un po’ anche a me».