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San Severo, colpo ai clan mafiosi, condannato a 30 anni di carcere La Piccirella detto il “professore”

 
Redazione  Foggia

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La sentenza di primo grado di ieri ha condannato a trent’anni di carcere Vincenzo Giuseppe La Piccirella, 64 anni sanseverese detto il «professore» e a 11 anni Giuseppe Spiritoso, 66 anni, di Foggia, detto “Papanonno”

Mercoledì 30 Novembre 2022, 13:35

SAN SEVERO - Trent’anni di carcere a Vincenzo Giuseppe La Piccirella, 64 anni, sanseverese soprannominato “il professore”; 11 anni a Giuseppe Spiritoso, 66 anni, di Foggia, detto “Papanonno”: è la sentenza di primo grado pronunciata ieri pomeriggio dai giudici del collegio “A” del Tribunale di Foggia nel processo Ares a due esponenti della vecchia guardia della mafia dauna, entrambi detenuti e che hanno partecipato all’udienza in video-conferenza dalle carceri dove sono detenuti.

La Piccirella, già condannato a 27 anni per mafia e omicidio nel maxi-processo “day before” degli anni Novanta e scarcerato a settembre 2014, è stato riconosciuto colpevole d’essere a capo del clan mafioso La Piccirella-Testa, traffico e spaccio di droga, duplice tentato omicidio, lesioni, estorsioni, armi, ricettazione e furto. A fronte di 30 capi d’imputazione, è stato condannato per 29 accuse e assolto limitatamente a un’imputazione di possesso illegale di una pistola: applicata anche la misura di sicurezza della libertà vigilata per 3 anni a pena espiata.

Spiritoso, già condannato per mafia ed estorsione a 6 anni nel maxi-processo Panunzio degli anni Novanta e in alcuni blitz antidroga dei primi anni del nuovo secolo, è stato ora condannato a 11 anni, 50mila euro di multa e 3 anni di libertà vigilata per 3 dei 4 episodi di spaccio contestati e datati 2016, quando avrebbe rifornito di cocaina esponenti del clan Nardino. I due imputati si dicono innocenti. Il pm della Dda Bruna Manganelli aveva chiesto 30 anni per La Piccirella e 12 anni per Spiritoso; gli avvocati Luigi Marinelli, Giangregorio De Pascalis (per la Piccirella) e Carlo Mari (per Spiritoso) sollecitavano l’assoluzione, faranno appello conto la sentenza pronunciata dopo quasi 4 ore di camera di consiglio al termine del processo iniziato a ottobre 2020.

E’ il terzo sigillo giudiziario sull’inchiesta “Ares” che il 6 giugno 2019 portò la Polizia a eseguire 50 ordinanze cautelari: 42 in carcere e 8 ai domiciliari; per 43 imputati fu chiesto a febbraio 2020 il rinvio a giudizio per 90 imputazioni. Al momento si contano 2 patteggiamenti, 5 assoluzioni, 36 condanne a 254 anni; lunedì la corte d’appello di Bari (come pubblicato nell’edizione di ieri ndr) ha inflitto 33 condanne per 213 anni, 4 mesi e 20 giorni con pene da 8 mesi a 18 anni.

La Piccirella e Spiritoso furono gli unici imputati che nell’udienza preliminare dell’autunno 2020 dal gup di Bari scelsero il rito ordinario e non l’abbreviato. La Piccirella è ritenuto insieme a Severino Testa (condannato in appello 48 ore fa a 10 anni e 8 mesi per mafia, droga e armi) al vertice dell’omonimo clan ritenuto attivo anche nel settore delle estorsioni e che avrebbe imposto agli spacciatori sanseveresi di rifornirsi di droga dal gruppo di pagare una percentuale sui guadagni. Tra le accuse contestate a La Piccirella anche il tentato omicidio di Michele Russi e Claudio Guerrieri del 14 febbraio 2015 a colpi di mitraglietta; il tentativo di estorsione allo stesso Russi (alias “Lilino Coccione” poi morto ammazzato da killer ignoti il 25 aprile 2019 in un salone da barbiere) perché versasse una tangente sui guadagni dello spaccio di droga; la gambizzazione di Giuseppe Vistola, cui sarebbe stato imposto un pizzo di 50mila euro e una tassa mensile di 3mila euro e l’imposizione di rifornirsi di droga dal gruppo. Quanto a Spiritoso l’accusa gli contesta rapporti di affari sotto forma di cessioni di cocaina, con esponenti dell’altro clan mafioso individuato in Ares, il gruppo mafioso Nardino capeggiato da Franco Nardino detto “Kojac”, condannato a 18 anni in primo e secondo grado.

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