FOGGIA - Costretti a lavorare anche più di dieci ore al giorno, in condizioni disumane, per una paga ben al di sotto delle retribuzioni minime di legge. Ecco cosa avveniva, secondo le indagini coordinate dalla Procura, nelle aziende agricole «Perugini Libero» di Foggia e «Ortofrutta De Martino" di Zapponeta (Foggia), affidate a un amministratore giudiziario.
Nell’ambito della stessa operazione anticaporalato, condotta dai Carabinieri, sei persone sono state raggiunte da ordinanze di custodia cautelare, tra cui i tre titolari delle due imprese. In carcere è finito Libero Perugini di 38 anni, ai domiciliari Giovanni Capocchiano e Natale De Martino, entrambi di 66 anni, tutti incensurati.
Inoltre, tre 'caporalì (due marocchini e un cittadino della Guinea) sono tuttora ricercati nei rispettivi Paesi di origine e per loro verrà spiccato un mandato di arresto internazionale.
Due i filoni di indagine: il primo nell’azienda di Zapponeta dove le investigazioni sono partite nel 2017 grazie alla denuncia di un lavoratore; il secondo nell’azienda foggiana, iniziato nell’estate del 2019 con la denuncia di un sindacalista.
I carabinieri hanno accertato la presenza di 45 lavoratori (15 alla Perugini, 30 alla Ortofrutta) perlopiù africani e albanesi, tutti regolarmente assunti ma obbligati a lavorare in condizioni di sfruttamento, con salari orari dai 3,5 ai 4 euro i primi, fino ai 6 euro gli albanesi. Alcuni erano costretti a vivere in roulotte o in alloggi di fortuna privi di servizi igienici, in condizioni di profondo degrado e «dovevano anche versare 15 euro al mese per questa sorta di dormitori», fanno sapere gli investigatori. I braccianti venivano reclutati sia nel ghetto di Borgo Mezzanone, l’insediamento abusivo di migranti sorto a pochi chilometri da Foggia, sia nell’ex centrale del latte di via Manfredonia, alla periferia della città.
«In alcuni casi sono stati accertati anche episodi di violenza» nell’azienda 'Ortofrutta De Martinò. Lo riferiscono i Carabinieri nella conferenza stampa indetta dal comandante provinciale di Foggia, colonnello Nicola Lorenzon, sull'operazione anticaporalato che ha portato all’arresto di tre imprenditori di due aziende agricole, anche la 'Perugini Liberò che conta, a pieno regime, un centinaio di dipendenti (oltre 200 la Ortofrutta, che si estende su 180 ettari di terreno).
Secondo le indagini, alla Ortofrutta due fratelli sarebbero stati licenziati dopo aver chiesto un aumento di salario, costretti anche ad abbandonare l’alloggio di fortuna nel quale vivevano. «I caporali - sottolinea il comandante dei Carabinieri - hanno picchiato un bracciante procurandogli fratture agli arti, giudicate guaribili in 30 giorni, perché aveva tentato di ribellarsi alla condizione di sfruttamento». Negli stessi ambienti di lavoro - si apprende - i titolari avevano apposto un cartello con cui minacciavano i lavoratori di licenziamento in caso di perdita del permesso di soggiorno. «I dipendenti erano assunti ma tutti venivano sfruttati», ha ribadito Lorenzon.
LE PAROLE DEL GIP - «Al momento non ci sono evidenze o collegamenti tra il fenomeno del caporalato e il fenomeno mafioso presente nel Foggiano». Lo ha precisato il colonnello Nicola Lorenzon, comandante provinciale dei Carabinieri di Foggia, riferendosi all’operazione anticaporalato che ha portato all’arresto di tre imprenditori di due aziende agricole, raggiunti da ordinanze di custodia cautelare firmate dai gip Maria Luisa Bengivenga (Ortofrutta De Martino) e Manuela Castellabate (azienda Perugini Libero). Quest’ultima nella propria ordinanza parla di modalità di sfruttamento "inquietanti» riferite a Perugini. Ai tre imprenditori vengono contestati a vario titolo i reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, e false dichiarazioni all’Inps.
Tre i mezzi sequestrati con i quali i caporali accompagnavano i braccianti sul luogo di lavoro, tutti veicoli privi delle condizioni minime di sicurezza. I lavoratori sfruttati sono stati affidati a strutture ricettive della provincia di Foggia.
Il comandante del gruppo Carabinieri Tutela del Lavoro di Napoli, Ivan Pistilli, ha parlato di importanti risultati dall’aumento delle attività repressive contro il caporalato nell’ultimo anno. «In Puglia - sottolinea - si è passati dagli 8 arresti del 2018 ai 55 del 2019, con un aumento dell’attività preventiva del gruppo Carabinieri del 587%. Aumentate anche le denunce in stato di libertà, +426%: 19 nel 2018, 100 nel 2019. Solo in provincia di Foggia nel 2019 sono state deferite 51 persone».