Mercoledì 19 Novembre 2025 | 14:33

Lo Stato portò l’Italsider in Puglia: ora tocca a lui occuparsi del caso ex ilva

Lo Stato portò l’Italsider in Puglia: ora tocca a lui occuparsi del caso ex ilva

 
Onofrio Introna

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Onofrio Introna

Lo Stato portò l’Italsider in Puglia: ora tocca a lui occuparsi del caso ex ilva

Il futuro è tenebroso, come la polvere di carbone che si leva dagli stoccaggi: «Che fine faranno gli operai?». «A Taranto attività sempre più ridotta e pochi progressi nella trattativa per la vendita»

Mercoledì 19 Novembre 2025, 12:33

Sfogli i giornali, una mattina e ti domandi: ma siamo a Taranto o a Pokrovsk, in Ucraina, dove si combatte? È una guerra o la più grande azienda pugliese e unico polo siderurgico in Italia? Titoli da conflitto: «Ex Ilva, come si è arrivati alla rottura tra governo e sindacati». «Salta il tavolo, altri 1.200 cassintegrati. I sindacati: Vogliono chiuderla». «L’allarme di Federacciai: ai titoli di coda. Nessuno vuole investire».

Il futuro è tenebroso, come la polvere di carbone che si leva dagli stoccaggi: «Che fine faranno gli operai?». «A Taranto attività sempre più ridotta e pochi progressi nella trattativa per la vendita».

Sembra più che mai l'Italia dei Guelfi e Ghibellini, dell'eterno conflitto tra connazionali. Per chiosare Carducci: uno squillo di tromba a sinistra: «Ex Ilva tradita da Urso, la rabbia dei sindacati per il piano senza sbocco», a destra risponde uno squillo: «Urso: fino a fine dicembre 5700 lavoratori in cigs. Ci sarebbe un nuovo soggetto interessato». Ma il mega stabilimento ionico non deve fare la fine di Ferrucci per mano di Maramaldo: «Uccidi un'azienda morta!». No, l'Ilva deve vivere. Certo, cambiare, modernizzarsi, diventare eco sostenibile, però deve restare e produrre, senza più togliere ossigeno ai tarantini ma somministrandolo in forma di salari a lavoratori e famiglie.

La soluzione? È quella indicata da Antonio Decaro: o interviene lo Stato o il siderurgico implode. Non c'è altra strada, ha detto, se non la partecipazione pubblica, per decarbonizzare l'ex Ilva e garantire l'occupazione. Roma deve farsi protagonista della svolta continuità produttiva, della conferma dei livelli occupazionali e del necessario risanamento ecologico,

Concordo e rilancio. Se pure è anacronistico che lo Stato si rifaccia imprenditore, qui siamo all'agonia di un'industria primaria del Paese, di più, unica, strategica. L'azienda delle aziende è in una condizione di difficoltà straordinaria e questo richiede misure straordinarie. Tutti la vogliono nessuno la piglia? Sia Roma, col Governo nazionale, la mano pubblica, a farsi carico della modernizzazione ai fini produttivi, perché assicurare l'acciaio al nostro Paese è determinante. Importiamo tutto, gas, energia elettrica, i deprecati petrolio e carbone, dobbiamo comprare anche l'acciaio? Dipendere in tutto e per tutto dall'estero? Devono venire Trump, Putin, Xi Jinping, gli emiri del Golfo a dirci quello che dobbiamo fare e non fare?

Decaro è stato buon profeta - speriamo non di sventura - nel dire che l'Ilva deve tornare allo Stato. Non sono forse grandi aziende pubbliche Eni, Enel, Leonardo, Ferrovie, Fincantieri? Se l'unica acciaieria italiana è non solo essenziale, addirittura esiziale per l'industria meccanica, la cantieristica, l'edilizia e tutto il resto, si statalizzi e si proceda alla decarbonizzazione.

Lo Stato ha portato in Puglia l’Italsider negli anni ‘60 e lo Stato se ne deve occupare, insieme alla Regione. In un quadro, aggiungo, il più possibile compatibile con Bruxelles e le regole europee.

Non è questione di se, ma di quando, perché all'orizzonte non c'è altro. Il ministro Urso ha parlato ai Sindacati di quattro soggetti potenzialmente interessati al gruppo siderurgico. A parte però Baku Steel, colosso azero dell'acciao, due sono fondi d'investimento, non manager, non imprenditori (Flacks Group e Bedrock). Il quarto è addirittura misterioso: un aspirante in incognito, una trattativa segreta, pensa te.

E quale Gruppo avrà mai convenienza a venire, se prima di produrre e fare business, gli tocca decontaminare, risanare, decontaminare e obbligatoriamente cancellare il fossile dagli altiforni? E tutto, investendo risorse proprie? Ma dai! Il privato non lo farà mai, chiunque sia, indiano, franco-algerino, marziano, venusiano.

A pensar male si fa peccato, ma spesso si azzecca. A Taranto e domani mattina non tra un po', va tutto a scatafascio se non interviene lo Stato. Gli operai finiscono per strada e lì rimangono. Quanto al progetto di bonifica, non solo dell'Ilva ma del territorio circostante, è chiaro che andrà a «farsi benedire». Oltre che il fallimento di un'intrapresa storica, sarebbe un vero e proprio tradimento, l'ennesimo, per i lavoratori e i cittadini.

Il problema resta quello degli ultimi anni: chi può modernizzare, chi può convertire, smettendo di bruciare fossili e passando al gas o ancora meglio alle fonti energetiche rinnovabili? Chi può dare garanzie ai lavoratori, alla Città di Taranto, ai bambini dei Tamburi? Solo una grandissima azienda pubblica, al servizio della Puglia, dell'Italia, dell'intera Europa, che pure ha fame di acciaio e farebbe harakiri se lasciasse smantellare una mega acciaieria continentale.

La dirigenza europea sembra sballottata e avvilita, in questa parentesi di un mondo impazzito, di guerra in Ucraina, di flotte al largo del Venezuela, di dazi, veti incrociati, telefonate inconcludenti tra Putin e Trump. A questo punto, l'Unione, ispirata dall'Italia, cacci fuori gli attributi!

Dobbiamo essere noi a decidere il nostro futuro, perché senza l'acciaio le imprese finiranno sotto la tagliola della fornitura dall'estero e nessuno te la dà gratis.

È un problema di consapevolezza e di autorevolezza. Palazzo Chigi batta un colpo, altrimenti dica chiaramente che non c'è più bisogno dell'Ilva. A quel punto, però, dovrà impegnarsi a trovare occupazione a 8-10-12- 15mila lavoratori e comunque adottare un progetto per restituire salubrità in quella zona. Visto che il problema Ilva non si può in alcun modo eludere, il Governo italiano è di fatto obbligato ad assumere la responsabilità della gestione, a tempo determinato, di tutto quello che serve: modernizzazione, ambientalizzazione, decarbonizzazione, produzione e occupazione. .

Lo Stato, con il sostegno dell'Europa, deve dare una risposta, deve decidere cosa fare. Si è giocato per troppi anni sulla pelle dei lavoratori e dei tarantini.

Tanti Governi hanno sversato nello Ionio le proprie inadeguatezze e insufficienze.

L'Ilva deve restare, ma deve cambiare. Se non ora, quando?

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