Domenica 05 Ottobre 2025 | 15:03

La politica dei like e l’avanzata inesorabile dell’«ego-crazia»

 
Domenico Santoro

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Domenico Santoro

La politica dei like e l’avanzata inesorabile dell’«ego-crazia»

E' così che funziona oggi la politica: chi riceve più like ha più probabilità di entrare nell’agone istituzionale, con il diritto di partecipare al mainstream del governo regionale

Domenica 05 Ottobre 2025, 13:00

Sembra un bando di concorso pubblico, e in effetti lo è. Non per un ufficio amministrativo, ma per la massima assise regionale. Cinquanta posti di lavoro a tempo determinato: ventinove in maggioranza, ventuno in minoranza. Nessun titolo richiesto, nessun curriculum da presentare. Le materie d’esame? Selfie, film emozionali, copia-incolla di aforismi.

Un paradosso, certo. Ma fino a un certo punto. Perché è esattamente così che funziona oggi la politica: chi riceve più like ha più probabilità di entrare nell’agone istituzionale, con il diritto di partecipare al mainstream del governo regionale.

L’unica condizione è aderire a un gruppo di candidati che raggiunga almeno il 4% di consensi. Non importa il merito, non conta il peso specifico: la posizione stipendiale è la stessa per tutti.

Siamo lontani anni luce da quando la politica si esercitava nei luoghi di confronto: nelle sedi dei partiti, nelle associazioni, nei sindacati, nelle pubbliche piazze. Lì contavano l’abilità e l’astuzia, certo, ma anche il mestiere, la storia personale e politica, la capacità di tessere rapporti e di rappresentare una comunità.

Oggi, invece, l’unico momento di confronto rimasto sembra essere la presentazione di un libro: non un testo denso o colto, ma un racconto personale, leggero, che serva soprattutto a rassicurare il pubblico attraverso la «vicinanza» dell’autore-candidato.

È chiaro, dunque, che il cittadino si è accorto di tutto questo. Che ormai la politica è ridotta a un gioco di equilibri apparenti, dove il peso dei partiti è marginale e la sostanza si è trasferita altrove: nelle chat ristrette, nelle strategie delle lobby, nel consenso misurato a colpi di like. Le aule istituzionali sono diventate l’ultimo lascito di una vecchia democrazia, mentre il nuovo scenario prende forma sotto un nome che inquieta e affascina insieme: «ego-crazia».

Un uomo forte che governa in presa diretta con i centri di potere, ma anche con i cittadini digitali, che partecipano non più attraverso le forme classiche della rappresentanza, bensì con un click, un’emoji, una condivisione.

È questo il futuro? Non sappiamo se sarà meglio o peggio. Quel che è certo è che non dipenderà più dai partiti – ormai ridotti a comparsa - ma dalla coscienza e dalla competenza dell’uomo solo al comando.

La democrazia, nata come luogo del confronto collettivo, rischia di trasformarsi in uno spettacolo personalistico, in cui l’algoritmo vale più del dibattito e la popolarità più del progetto politico. È il segno di una politica all’ultimo stadio, che consegna le istituzioni al linguaggio dei social e alle regole dell’intrattenimento.

Eppure una domanda resta aperta: davvero i cittadini sono disposti a consegnare il proprio futuro a un like?

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