C’è un piccolo bagaglio, uno zainetto che sarebbe bello poter donare al neopresidente Antonio Decaro. Contiene due semplici oggetti: una bacchetta magica per risolvere i mille problemi (la vorremmo tutti!), ma soprattutto – cosa più importante - una torcia elettrica. Una di quelle che potrebbe servirgli a illuminare, uno per uno, i volti dei pugliesi che non hanno votato. Un esercizio «illuminante» per tutti, anche per coloro che non sono stati votati.
Chi sono i sei pugliesi su dieci che hanno bidonato l’appuntamento alle urne? In Puglia è una cifra enorme, catastrofica, che la parola «astensionismo», già agitata come uno spettro nei mesi scorsi, tra una lite e l’altra sui e dei candidati di destra e di sinistra, non riesce a spiegare in tutta la sua drammaticità. Ora chi governa, preso dalle urgenze, potrebbe abbandonare questi fantasmi delle votazioni e lasciarli alla loro invisibilità. Ma forse fare il punto, capire, interrogarsi, farebbe parte di quelle buone pratiche che quel che resta della politica-polis può considerare nel novero delle sue azioni. Il ragionamento è semplice, se ricorriamo a un paragone sanitario (senza liste d’attesa…): visto che in tanti non votano, la democrazia è malata; se non possiamo guarirla, cerchiamo almeno di cercare il sintomo. Certo, ormai è fatta; è tempo di cercare i volti dei nuovi assessori, altro che quelli dei fantasmi. Eppure aprire una riflessione non fa male. Anzitutto perché – aiutiamoci con la torcia – questa volta ci sono state nuove facce di non elettori e il virus impazza. Se l’andare alle urne diventa una passione triste, se il populismo e la corruzione rendono tutto un déjà vu, se si è stanchi, serve rafforzarsi. In uno dei suoi spot elettorali, giustamente Decaro ha mostrato l’incongruità di chi non sceglie, mostrando l’indeciso che viene portato altrove dal suo taxi. Ma adesso? Dove lo ritroviamo quel passeggero che non sceglie? Chi si occuperà di lui?
Provando a far luce sui volti dei non-votanti, troveremo certamente un popolo trasversale per età e per fede politica (la chiamiamo ancora così, pardon): anziani dissuasi, giovani sfiduciati o emigrati altrove per cercare un posto di lavoro, gente oltre gli «anta» che ha messo in soffitta le lotte, che racconta il disgusto per i balletti politici. Tutti chiusi nel recinto del rifiuto, in un mondo che ha sempre più muri e più solitudini. Ma che facciamo, li lasciamo tutti lì, sul bordo della strada?
Massimo Recalcati, facendo un ritratto psicologico del non-elettore ha evocato la frustrazione e la coscienza del fatto che tutto va avanti anche senza di noi. E non è sempre così nella vita? Quanto siamo davvero indispensabili? Un nome altisonante del passato politico, lo studioso Norberto Bobbio, definì a suo tempo il voto come una di quelle pratiche divenuta purtroppo un rito e aggiunse ironicamente, «simile alla messa domenicale, un rito che comunque è una seccatura». Pensate, era il 1984 e già l’astensionismo era un problema da combattere. In realtà, poco si è fatto: se gli astensionisti vogliono deprimersi ancora di più, possono pensare al fatto che la loro non-azione corrisponde ad una non-reazione. In alcuni Paesi del mondo, il calo è considerato fisiologico, tanto che uno studio mondiale (Global State of Democracy Report dell’International IDEA), ha calcolato che nel 2023 la popolazione dei votanti è scesa al 55,5%, mentre nel 2008, lo stesso indicatore era al 65,2%. E ancora: alle ultime elezioni europee, il Paese con più votanti è stato il Belgio, con l’89,01%, poi Lussemburgo e poi Malta. Sarà che in Belgio e Lussemburgo ci sono leggi che promuovono il voto? Mah, difficile essere sicuri.
Le cifre non illuminano, la torcia sì. Una riflessione da cui prendere le mosse per le azioni future sarebbe un’ottima cura per tutti. Zaino in spalla: bacchette magiche non ce ne sono; partecipare o no al voto è pur sempre una libertà; ma trasformare i fantasmi in cittadini è una mission (im)possible che può fare la differenza.
















