Mercoledì 26 Novembre 2025 | 13:22

La Lega cala il poker: le urne pugliesi oltre i luoghi comuni

La Lega cala il poker: le urne pugliesi oltre i luoghi comuni

 
Domenico Santoro

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Domenico Santoro

La Lega cala il poker: le urne pugliesi oltre i luoghi comuni

Il voto pugliese invita a superare schematismi e luoghi comuni e richiama la politica nazionale alla necessità di uno sforzo progettuale coraggioso e lungimirante

Mercoledì 26 Novembre 2025, 13:00

L’esito delle recenti elezioni regionali pugliesi offre uno spunto di riflessione particolarmente significativo per chi voglia superare le letture politiche prefabbricate e i condizionamenti di una narrazione dominante che continua a rappresentare la Lega come un corpo estraneo alle prospettive di sviluppo del Sud. Una rappresentazione semplicistica, che rischia di banalizzare dinamiche politiche complesse e, soprattutto, di sottovalutare la capacità critica di un elettorato che ha dimostrato - ancora una volta - autonomia e consapevolezza.

Il risultato ottenuto dalla Lega merita quindi un’analisi attenta. Nonostante molti osservatori avessero pronosticato un ruolo marginale, e nonostante la prudenza - o la convenienza - che ha portato più di qualcuno a evitare persino di nominarla alla vigilia del voto, l’8,04% conquistato in Puglia, con quattro consiglieri eletti e una percentuale superiore a quella del Movimento 5 Stelle, rappresenta un dato politico di rilievo. È opportuno ricordare, per onestà intellettuale, che la lista era condivisa con l’Udc; ma è altrettanto evidente che sulla scheda campeggiavano in modo inequivocabile la scritta Lega e l’immagine di Alberto da Giussano, simboli che rendono chiara la scelta compiuta da oltre 106mila elettori pugliesi.

La proposta strategica espressa con decisione dal segretario federale sulla centralità del Sud e sulle grandi infrastrutture - in primis il Ponte sullo Stretto - si colloca al di fuori dei tradizionali paradigmi assistenzialistici e mira a ridisegnare la collocazione geopolitica dell’Italia nel Mediterraneo. Non si tratta di suggestioni: il traffico marittimo nel bacino mediterraneo è in costante aumento e l’Italia, prima in Europa nel trasporto marittimo a corto raggio, è già un punto di riferimento strategico. L’idea di trasformare il Mezzogiorno in una piattaforma logistica euro-mediterranea non è dunque retorica politica, ma una necessità economica per l’intero Paese.

In questo quadro, occorre denunciare una certa ipocrisia che affiora nel dibattito pubblico: il Ponte sullo Stretto diventa spesso il bersaglio privilegiato di accuse di spreco e malaffare, mentre su altre opere, altrove, nessuno apre discussioni altrettanto veementi. I grandi trafori alpini - basti pensare al Brennero, con un costo già superiore ai dieci miliardi - non suscitano indignazione né mobilitazioni paragonabili. È un atteggiamento selettivo che finisce per relegare il Sud in una condizione di subalternità progettuale e culturale. La capacità di pensare infrastrutture di lungo periodo, che ha segnato i momenti più alti della storia delle opere pubbliche italiane - dall’Unità nazionale ai grandi progetti del secondo dopoguerra - dovrebbe essere recuperata anche quando il baricentro degli investimenti si sposta verso il Mezzogiorno. Discutere del Ponte sullo Stretto significa affrontare non il destino di un singolo progetto, ma la possibilità per l’Italia di dotarsi finalmente di una visione integrata di sviluppo, fondata sulla connessione, sulla mobilità e sull’integrazione territoriale. Le polemiche sulla spesa pubblica dovrebbero lasciare spazio a valutazioni più lucide sui benefici strutturali, culturali e geopolitici che un grande processo di riqualificazione del Sud può generare a vantaggio dell’intero sistema Paese.

In conclusione, il voto pugliese invita a superare schematismi e luoghi comuni e richiama la politica nazionale alla necessità di uno sforzo progettuale coraggioso e lungimirante. La determinazione della Lega nell’affrontare temi cruciali - anche quando divisivi - rappresenta un esempio di leadership che, al di là delle legittime critiche, impone un confronto serio nel merito delle proposte e nella prospettiva di una reale inclusione del Mezzogiorno nel futuro dell’Italia.

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