La politica sempre più è l'azione del dividere. La cultura non è di meno. Non c’è nulla di più errato dell’affermazione che dice: la politica divide e la cultura unisce. Ipocrisia. La cultura non unisce. Marca le parti, ovvero separa le sponde.
Ognuno appartiene alla cultura di formazione. La cultura può creare soltanto un confronto più dialettico ma non lega le parti. Questo significa che non può esserci una storia condivisa.
Non ha alcun senso. D’altronde la storia cosa è? Politica, cultura e lettura della cronaca. Ovvero formazione e presente. Un modello di «civilizzazione» delle civiltà e degli uomini. Le civiltà non sono mai state unitarie sin nella loro identità. L’antropologia in fondo misura proprio le radici, le origini, i modelli di appartenenza che diventano elementi identitari. Ma in nessun campo della dialettica può esserci omogeneità.
Noi, i nostri padri, i nostri nonni, siamo eredi di divisioni. Anche le religioni sono divisive e creano posizioni divertenti. Il cosiddetto «immaginario collettivo» è una frase di una banalità assoluta. Il concetto di immaginario è dato da una immagine diventata storia e che è diventata la stessa per tutti. Non può essere così.
Ognuno di noi si approccia a una immagine con il proprio occhio e il proprio pensare e quindi la vede e la sente unicamente con la sua formazione. Il concetto di collettivo è un termine così errato che slega l’immaginario stesso.
Cosa fa da collante? Collettivo uguale collante. Può essere anche. L’immaginario è un collante? Ma per chi? Per chi cerca la condivisione su proprie posizioni. E non è così. Proprio perché ogni porta una sua consapevolezza. Potrebbe essere usato il termine universale? Immaginario universale?
Anche questo presenta le sue riserve ma è già diverso perché non invita a un collante. Come è errato parlare di immaginario di tutti. Se siamo diversi? Perciò credo che si debba parlare di immaginario individuale che incontra altri immaginari. Ecco perché la cultura non unisce.
Si può fare Cultura ponendo insieme porzioni di posizioni formative con una capacità di non raggiungere il conflitto e lo scontro. Ovvero si parla di compromesso. Ancora una volta la deduzione è che la cultura parla chiaramente in linguaggio diverso dalla politica ma questo non significa che le stesse formazioni si assommino. Viviamo in un modo che presenta le sue parti. È stato sempre così.
Non necessariamente occorre dividere. È importante confrontarsi senza mai peccare di presunzioni e di arroganza. Ci riusciremo? Non credo. Ognuno ha un proprio mondo da vivere che ha le sue eredità. Ognuno di noi è un’isola che la abita con la sua consapevolezza e la sua storia. Il resto è un parlare soltanto. Antropologicamente l’immaginario universale è solo teoria. L’uomo è unico. Le civiltà sono unioni di culture. Le culture sono scavi di radicamenti materiali e immateriali. Ognuna di queste culture ha una formazione etnica e una visione soprattutto della vita. Viviamo un tempo divisivo. Forse è giusto che sia così. La politica è una divisione ormai antropologica.