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Ma i leader politici sono capaci di «tramontare»?

Ma i leader politici sono capaci di «tramontare»?

 
alessandra peluso

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alessandra peluso

Ma i leader politici sono capaci di «tramontare»?

Chi ha in sé la bellezza di un tramonto? Quanto sia difficile farsi da parte è evidente

Martedì 05 Agosto 2025, 13:15

Stiamo trascorrendo la stagione della vacanza par excellence l’estate, che a sua volta simboleggia mare, sole, divertissement. In concomitanza con tale cornice il quadro estivo comprende le guerre, le contraddizioni, le amarezze, la fatica, le delusioni, così il paesaggio al quale si assiste diviene l’inverno e in questa opposizione costante si tenta di sopravvivere. Non saprei dire quanto sia acceso il fuoco del desiderio, (di sicuro arde quello contro la natura che abitiamo), quanto sia presente la bellezza e l’amore per la vita, quanto si riesca a godere della gioia in interiore animo; ecco, in questo paradigma filosofico di amore-bellezza-gioia soffermo il pensiero.

Pare debba sorgere una nuova professione: l’«educatore all’amore», ma apparirebbe paradossale o perfino ridicolo. Insegnare ad amare sarebbe come insegnare a un bambino a non inciampare. L’amore è un sentimento che appartiene al genere umano, come il camminare, il pensare, il parlare, occorrerebbe semplicemente esercitarlo, farlo riconoscere, esperirlo con parole, gesti, comportamenti. I poeti ad esempio cantano l’amore, (ciascuno secondo il proprio esserci); il Sommo poeta Dante Alighieri, in particolare, ha manifestato l’amore per la donna, la filosofia, la sapienza perché fatti per vivere di «virtute e canoscenza». Forse è necessario educare ad accendere il fuoco del desiderio verso una donna, il sapere, la filosofia, provvedere ad accendere la vita: il senso della parola e della legge - à la Recalcati - guidare all’amore, al senso di responsabilità, e in questo ruolo - sappiamo rientrano il padre, il maestro, o il leader.

In questi ultimi anni si è molto discusso sia della perdita della figura paterna che di quella del maestro oltre a quella del leader; mentre, primeggiano il capo, l’autorità, la banale e duale relazione del sottomesso e del padrone, un rapporto di obbedienza in cui oltre a costruire un potere di circostanza e a pavoneggiare a destra e a manca non lascia traccia. Il maestro infatti seppur sia un ruolo imperfetto e complicato deve insegnare al proprio allievo a essere libero, a esercitare il proprio pensiero costruendolo attraverso lo studio, a essere responsabile, ad amare il sapere. Spesso ci si imbatte in figure autoritarie che instillano insicurezze, rabbia, odio, perché intendono ergersi a soggetti di venerazione «finché morte non vi separi» ed è evidente che tali espressioni non saranno mai signum di equilibrio, di amore, di bellezza.

Altrettanto è la figura del leader, i cui contorni risultano anche qui poco chiari e mal posti visto che il leader non è scelto, è riconosciuto, non si impone, non si attornia di persone mediocri per preservare la propria autorità, ed è capace anche di farsi da parte come dovrebbero fare la figura genitoriale, l’educatore, il maestro. La condizione vera del maestro è giustappunto il tramonto. Per inciso, egli deve già avere in sé il tramonto, la bellezza della trasmissione d’eredità.

Ma chi tramonta oggi volentieri? Chi ha in sé la bellezza di un tramonto? Quanto sia difficile farsi da parte è evidente. Si tratta in sintesi di un atto coraggioso, che richiede grandezza d’animo, generosità, desiderio, libertà, empatia, oltre ogni interesse narcisistico, utilitaristico. Quando questo non accade o si perpetua la relazione simbiotica, di dipendenza, di sottomissione, l’allievo, il figlio non riconosce più il maestro, l’istituzione, e lo respinge, proprio come si è verificato in Libia con il nostro Ministro dell’Interno.

Sicché, l’elogio del sé come simbolo di autoritarismo conduce alla solitudine dell’Io, la non capacità di condividere la gioia con l’altro, allievo o figlio o cittadino che sia, nei suoi successi, porta allo sgretolamento della relazione e al non consolidamento del sentimento dell’amore. Non c’è una «ricetta» per amare, ma esiste un «farmaco» che non produce alcuna controindicazione: la filosofia, medicina mentis, che, come mostrano i grandi filosofi che hanno tracciato la storia dalle origini del pensiero fino alla contemporaneità, guida alla conoscenza di sé, a raggiungere il proprio equilibrio, ad amare sé stessi, la vita, gli altri e a saper tessere relazioni di condivisa gioia, successi, riconoscendo e consolidando l’autorevolezza fino al prossimo tramonto.

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