Ora non mettiamoci a fare gli Azzeccagarbugli che spaccano il capello anche ai calvi. «Colosseum» in Puglia si deve fare e si farà. E non dimentichiamo la recente storia dell’allargamento della pista della Porsche a Nardò sabotata dai puri e duri che vedono Satana in tutto ciò che si muove. E non dimentichiamo la Xylella che ha trovato un’autostrada di diffusione nei giri di valzer e nei complottismi di chi doveva combatterla. E non dimentichiamo il lungo chiassoso «no» a quella Tap che aveva tutto in regola e dalla quale si sono ottenute solo briciole di compensazioni grazie a opposizioni a prescindere. E non dimentichiamo tutti i «no» che hanno compromesso il sano sviluppo del porto di Brindisi. E non dimentichiamo il tempo fatto perdere con quell’allargamento di Marisabella a Bari cui neanche la Posidonia è contraria. Sia pure nella regione italiana fra le prime in Italia per ecoreati che spesso si scoprono soltanto quando sono stati già compiuti.
Ma «Colosseum» si deve fare. E lasciamo perdere il ricordo di quando si impiantarono l’acciaio e i petrolchimici in Puglia perché le loro materie prime servivano alle industrie di quel Nord che non voleva l’inquinamento a casa sua. Ora li piangiamo ma erano altri tempi e non c’erano alternative se non la solita emigrazione forzata dal Sud decisa da una serie di studiate leggi antimeridionali. Con uno Stato che poi se ne è lavato le mani perché chi vuoi che si stesse a preoccupare di un Sud che doveva essere una dependance per fare il lavoro sporco al servizio del resto del Paese.
«Colosseum» è il super-computer che diventerà il più potente centro di calcolo d’intelligenza artificiale in Europa. E che secondo l’annuncio del ministro Urso, dovrebbe approdare appunto in Puglia come iniziativa privata di un’impresa di Abu Dhabi e di una corrispondente milanese. In un momento che è l’opposto di quello dell’Italsider (per capirci) ai tempi della ricostruzione dell’Italia. Perché ora si farebbero carte false per avere l’impianto e non per sbolognarlo ad altri spacciandolo per grazioso dono di sviluppo locale come allora. Nord che fra Lombardia e Piemonte è già la terra dei data center e tanti altri se ne vorrebbero insediare dove c’è più presenza di economia digitale. Nel Milanese se ne concentra già il 70 per cento di quelli di grossa taglia.
Ma hanno problemi. A parte il consumo di un suolo ormai tanto saturo che non ci entra più neanche un sacco a pelo. A Bollate è guerra contro un progettato ennesimo insediamento di un data center di tre edifici di 17 metri l’uno. Ma poi il consumo di energia di cui questi mostri sono insaziabili. Energia che lì non hanno, a cominciare da quella alternativa della quale invece la Puglia è leader nazionale. E che continuerebbe a regalare ad altri in quella divisione colonialistica dell’economia che finora ha fatto comodo al Paese in tanti campi. Come, ci dobbiamo tenere torri eoliche e specchi fotovoltaici non sempre aggraziati, e i vantaggi devono essere sempre altrui?
I super-computer bevono acqua come assatanati per il loro raffreddamento e la Puglia non ha acqua dai tempi di Orazio. Non ce l’ha potendo invece operare un riuso finora trascurato. E potendo lavorare su una dissalazione il cui primo impianto sperimentale italiano fu avviato a Bari quasi cinquant’anni fa da un visionario come il professor Nebbia. Ed essendoci progetti di ripresa della tecnica sempre che non gli ambientalisti, ma i Savonarola dell’ambientalismo, non ci vedano rosso. E data center che potrebbero essere il punto di svolta di uno sviluppo del Sud mai così avanzato come ora ma sempre a corto di servizi e infrastrutture come uno stesso Calderoli ammette. I dati sono le nuove infrastrutture.
IGenius sta costruendo un data center i cui server sono 30 volte più potenti di quelli attuali. Con un consumo di energia 25 volte più basso. E con la capacità di 115 miliardi di calcoli al secondo, cioè cento volte oltre il computer europeo oggi più avanzato. Vertigini. Mentre a Napoli si completa la costruzione del computer quantistico più avveniristico del Paese. Mentre il principale centro italiano per la ricerca e la diffusione della detta intelligenza artificiale è, udite udite, all’università della Calabria. E mentre già Bologna (cui poco o nulla manca) si candida ad hub, cioè sistema centrale italiano in materia.
Sarà una coincidenza. Ma l’annuncio del ministro (dopo una mediazione del governo con l’Emirato) avviene mentre non si sa cosa potrà succedere dell’ex Ilva di Taranto: quasi uno scambio perlomeno psicologico. E all’indomani dell’altro annuncio sulla spettacolare e ricchissima America’s Cup a Napoli del 2027. E mentre la legge che dovrebbe portare al riconoscimento ultra-tardivo dei bisogni del Sud (i famosi Lep) è varata. Ci vorrebbe un «Colosseum» per calcolare che non ne venga fuori l’ennesima beffa.