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I tombini "tombati" di Agrigento e la metafora del Sud»

 
Piero Liuzzi

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Piero Liuzzi

I tombini "tombati" di Agrigento e la metafora del Sud»

foto ansa

Perché ritenere quelli agrigentini deprecabili inciampi e non sottili metafore?

Mercoledì 12 Febbraio 2025, 13:19

I tombini «tombati» ad Agrigento sotto uno strato d'asfalto hanno ora divertito, ora scandalizzato. Le istituzioni preposte hanno ribadito che, operando in estrema urgenza, per il transito del corteo presidenziale non era possibile fare altrimenti.

Il presidente Matterella non poteva passare sulla strada che, si precisa, era assai dissestata. Dal che si deduce che se il presidente non fosse capitato ad Agrigento in opportune celebrazioni per la città «Capitale della Cultura» la strada sarebbe rimasta dissestata.

Ma siamo sicuri che le cose stiano proprio così? Viene in mente che la tombatura dei tombini possa persino avere un valore simbolico, un sapore di metafora, un gusto di allegoria, una sorta di «scurdammoce o' passato», la rimozione onoraria di un universo infero per rimuovere quel «mondo di sotto» che nasconde probabilmente fognature ma anche spettri, fantasmi, incubi, paure e i non pochi peccati in vasta gamma dal veniale al mortale, nei quali il Mezzogiorno e la Sicilia incorrono con una certa frequenza.

Pochi giorni prima dell'arrivo di Mattarella nel teatro comunale «Pirandello» piovve sull'orchestra nel corso di un concerto. Anche qui scandalo e polemiche.

In verità, Agrigento assetata per prolungatissima siccità, ritenne che il jazz potesse essere una sorta di danza della pioggia e, infatti, il fragore degli ottoni suscitò violento temporale con i noti esiti.

Subito istituzioni varie si affrettarono a dichiarare che un nucleo di «edilizia acrobatica» avrebbe posto mano al tetto. Come non restare affascinati all'idea «acrobatica» di intervenire ex post temporale, quando su grancasse e violini piove finalmente l'idrica benedizione? Pensarci prima? «E kke simu, milanesi?».

«La Sicilia come metafora» è il titolo dell'intervista che Marcelle Padovani, arguta corrispondente da Roma del Nouvel observateur, fece a Leonardo Sciascia nel lontano 1979. Ma allora perché ritenere quelli agrigentini deprecabili inciampi e non sottili metafore?

Altro scandalo sollevarono alcune... licenze linguistiche nella cartellonistica stradale nei paraggi della Valle dei Templi ma qui «non» casca l'asino. Gli errori additati al pubblico ludibrio sono errori o un criptico omaggio ad Andrea Camilleri e al «parlato» di Montalbano?

Insomma, anche tutto questo è «Questione meridionale». Ci riflette Matteo Salvini oberato dalla questione zaian-delucana dell'ennesimo mandato che lega finalmente il Veneto alla Campania, «uniti nella lotta»? Sotto traccia un segreto dilemma leghista: sullo Stretto costruire il Ponte oppure minare quel braccio di mare tra Scilla e Cariddi?

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