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Aprire al concordato non è, come si crede, legittimare condoni

 
Ettore Iorio

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Ettore Iorio

Agenzia delle entrate

Ogni genere di «condono» è un assist agli evasori, per fare sì che continuino ad essere tali perché prima o poi ce ne sarà un altro cui accedere

Domenica 03 Novembre 2024, 15:26

Il ragionamento che qui si propone va al di là del luogo comune che ogni genere di «condono» è un assist agli evasori, per fare sì che continuino ad essere tali perché prima o poi ce ne sarà un altro cui accedere. La riflessione odierna è di tipo laico, tecnico e ben lungi dall’essere di parte, cioè di destra e la sinistra, bensì dal punto di vista di un accanito meridionalista.

Il concordato preventivo biennale con il fisco (art. 6 e ss. del d.lgs. 13/2024, attuativo della legge delega fiscale nr 111/2023) è da considerare - a scadenza intervenuta per accedervi - un apprezzabile strumento politico di ingegneria economico-finanziaria. Eh già, perché offre al bilancio di previsione triennale dello Stato l’occasione di capitalizzare per due anni - uno in essere e l’altro a venire (2024- 2025) - una maggiore disponibilità, per competenza, rispetto a quanto rendicontato nell’esercizio scaduto (2023). Conseguentemente, un tale «rimedio» consente di effettuare bilanci e assestamenti più favorevoli rispetto alle previsioni di base riconducibili alle imposte maturate nell’esercizio precedente (2023).

Ciò sia in termini di reddito tassabile, in regime ordinario, negoziato tra contribuente e fisco, superiore rispetto a quello prodotto nel 2023, che a quello verosimilmente sopravvenuto nel biennio di riferimento sottoposto al prelievo fiscale mediante la flat tax del 15%.

Un risultato che sarà provvidenziale per le previsioni economiche statali, anche in termini di maggiore emersione dell’Iva corrispondente. Giacché, di conseguenza, sarà maggiore anch’essa sia in rapporto al reddito di riferimento posto a base del contratto Stato/contribuente e sia riferibile all’ulteriore reddito nell’eventualità emerso e sottoposto a flat tax.

A ben vedere, il concordato preventivo biennale è nato come strumento di governance utile, innovativo e preordinato ad una maggiore previsione di entrata e di spesa rispetto al 2023, anche funzionale a migliorare - se capitalizzata - sensibilmente il debito pubblico. Ovvero a generare un tesoretto di scopo destinato ad essere investito nel Mezzogiorno oppure, alternativamente, a ridurre l’aliquota del 35% di almeno due punti percentuali.

Una modalità di neo-concepimento del fisco che è tra l’altro durevole ed efficace - non escludendo ovviamente l’imprescindibile ruolo dell’Erario mirato a sconfiggere perennemente l’evasione miliardaria - sia sotto il profilo della redazione della Legge di Bilancio annuale dello Stato e sia sulla ricaduta che la metodologia avrà positivamente sulla fiscalità regionale e locale fondata sul prelievo attraverso le addizionali.

Ma c’è di più. La stretta connessione che disciplina l’accesso al condono per gli anni 2018/2022, condizionato al perfezionamento del negozio concordatario biennale fiscale, fa emergere un ulteriore vantaggio per il bilancio dello Stato. Qui, in termini di cassa.

Con il versamento incrementativo, nel biennio 2024 e 2025, dovuto da chi accede al concordato preventivo solo sul reddito autonomo e d’impresa prodotto nel 2023 e non già della corrispondente Iva, i contribuenti autonomi e gli imprenditori, anche in regime societario, avrebbero dovuto essere incentivati a ricorrervi. Ciò non soltanto in ossequio per la regola della convenienza di chiudere la partita integralmente anche per i cinque anni pregressi ad un prezzo accessibile. Con questo cominciare una nuova vita di esercizio autonomo e di impresa: di concordare preventivamente, pure per i bienni fiscali a venire, con il fisco l’obbligo, sotto il profilo quantitativo, di contribuzione al concorso della spesa pubblica con una capacità contributiva condivisa con l’Erario, nella parte contrattualizzata sottoposta a regime ordinario e con il maggior reddito sottoposto alla flat tax.

Non solo. Ravvisando nell’anzidetta modalità il sentirsi anche compartecipi - in presenza di una preventivata destinazione delle maggiori risorse introitate all’attenuazione del debito pubblico o alla crescita della parte meno ricca del Paese - del miglioramento delle condizioni di bilancio dello Stato quanto a sopportazione di oneri finanziari corrispondenti.

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