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La voglia di autonomia del Nord? È nata dallo specchio di Biancaneve

 
Lino Patruno

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Lino Patruno

La voglia di autonomia del Nord? È nata dallo specchio di Biancaneve

Mettiamola così. Un giorno Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna vanno davanti allo specchio di Biancaneve e cosa scoprono? Scoprono di non essere più le più belle del creato

Martedì 18 Giugno 2024, 13:24

Mettiamola così. Un giorno Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna vanno davanti allo specchio di Biancaneve e cosa scoprono? Scoprono di non essere più le più belle del creato. Dal 2000 al 2021 avviene qualcosa di imprevisto per queste regioni sempre additate in Italia come esempio di efficienza e produttività rispetto al Sud «parassita». Nelle classifiche europee la Lombardia ha perso 14 posizioni (dal 20mo al 34mo posto), il Veneto ne ha perse 36 (dal 38mo al 74mo posto), l’Emilia Romagna 24 (dal 29mo al 53mo posto). È allora che nasce il progetto di autonomia differenziata: una forma di disperazione da far pagare agli altri.

Perdono posizioni perché, nonostante tutte le loro arie (e i loro meriti), fanno la parte della strega della novella di Grimm. Non crescono a sufficienza pur in una Italia che dà mezzi solo al Centro Nord per crescere. E non crescono perché è una illusione poterlo fare da sole senza l’apporto del resto del Paese, Sud in testa. Se la rete è smagliata, crolla tutta la rete. Allora i tre governatori come tre amici al bar si ritrovano nottetempo per tentare di rimediare. Ci acchiappiamo tutto il malloppo possibile a danno degli altri e ce ne andiamo per conto nostro senza dirlo ma restando in Italia. Una secessione camuffata. La chiamiamo autonomia differenziata, cioè fare per conto nostro ciò che ora per noi (e per gli altri) fa lo Stato. Del resto, previsto dalla Costituzione. Elementare, Watson. Anzi, elementare Calderoli.

Ma è la stessa Costituzione in cui è scritto che non ci deve essere differenza di trattamento fra cittadini a seconda del luogo di nascita. Invece, per dirne solo una, al bambino di Bologna lo Stato dà l’asilo nido pubblico, a quello di Brindisi no. Per l’anziano di Bergamo c’è l’assistenza, quello di Matera non riesce neanche a curarsi. Da almeno vent’anni lo Stato spende più per ogni centrosettentrionale che per ogni meridionale. Perché? Bah, perché storicamente così si è sempre fatto: la spesa «storica». Il bello è che con i suoi Conti pubblici territoriali lo dice lo stesso ministero dell’economia ce ne è responsabile. Così cresce a danno del Sud una diseguaglianza senza pari in Europa.

Con l’autonomia lo Stato dovrebbe pagare alle tre Regioni richiedenti quanto spende per i 23 servizi essenziali loro forniti. Ma spende di più che per gli altri: una spesa «storica» e una ingiustizia che diventerebbero costituzionali nella stessa Costituzione che le esclude. Non solo, essendoci sempre il diavolo nei dettagli: le tre pretendono di trattenere sul loro territorio il 90 per cento delle tasse pagate dai propri cittadini. Perché, scusi? Perché la nostra ricchezza è un titolo di merito che va premiato. È un valore etico, che esclude per sempre i poveri dal paradiso. Poveri (come dire Sud) che diventerebbero sempre più poveri, non potendo più lo Stato spendere per loro neanche il meno che finora spendeva. Come fa, se non dispone più delle tasse che Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna trattengono sottraendole al monte solidale nazionale?

Ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri. E con uno spopolamento continuo dei poveri, visto che chiunque potrà correre verso le terre dalla grazia ricevuta: medici, insegnanti, giovani, studenti. Perché restare dove lo Stato dà ancora meno scuole, meno ospedali, meno trasporti, meno strade di prima? Fra i poveri (e immorali per giunta) resteranno solo i vecchi. Anche se, parola di pugliese immorale (in quanto non ricco), bisogna dirla tutta. L’occasione dell’autonomia per quelli che voglio salvarsi (e spassarsela) a spese degli altri prevede anche altro. Prevede che siano finalmente calcolati i bisogni di quei diversamente italiani del Sud per i quali non sono mai stati calcolati. Figuriamoci che ad ammettere che è giusto così è lo stesso ministro Calderoli convinto in passato che il Sud andasse soltanto derattizzato.

Quei bisogni si chiamano Lep (Livelli essenziali di prestazione). Che hanno cominciato a calcolare, esempio: quanti soldi ci vogliono per dare ai sudisti gli stessi ospedali dei nordisti. Diciamo 20 miliardi di euro?

E così per scuole e università, per bus urbani e sostegno ai disabili. Eccetera. Ah, ma non c’è un euro, i bisogni devono essere soddisfatti senza spendere nulla di più. Chissà se riuscirà a farlo qualche forma di intelligenza artificiale. Perché ritenere di poter convincere il Sud che l’ingiustizia a suo danno si potrà riparare gratis è una forma di demenza naturale.

(È stata l’Istat a certificare l’arretramento europeo di Lombardia, Veneto, Emilia Romagna. Una mancata coesione e una «trappola del sottosviluppo» finora rinfacciate solo al Sud che non saprebbe spendere i soldi europei. Come quelli del Pnrr che l’Europa dà soprattutto per il Sud ma l’Italia spende soprattutto al Centro Nord. Contro l’autonomia differenziata e il destino di sparizione del Sud si tiene oggi a Roma una grande manifestazione nazionale. Una resistenza popolare con l’appoggio esplicito anche dei vescovi italiani. Altro che ricchi da beatificare perché ricchi).

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