Sabato 06 Settembre 2025 | 16:28

Uccidendo le donne, si uccide simbolicamente il femminile della società

 
Lisa Ginzburg

Reporter:

Lisa Ginzburg

Uccidendo le donne, si uccide simbolicamente  il femminile della società

Fiori in memoria di Giulia a Senago (Mi)

La cronaca quotidiana questo ci racconta: c’è un’involuzione in atto, sarebbe il momento di considerare seriamente il dato

Domenica 04 Giugno 2023, 14:07

I femminicidi efferati degli ultimi giorni, tra le altre cose ci danno la misura di un disastro culturale in atto. Non sono affatto notizie orribili risalenti ai soli «ultimi giorni»: piuttosto compongono ormai una sorta di orrore quotidiano, qualcosa che si ripete sempre, e sempre di più. È una scia di sangue lunghissima, un’ignominia che non si placa. La violenza contro le donne in Italia si moltiplica. Là dove altro genere di omicidi nelle statistiche nazionali diminuisce, o si mantiene costante (come che sia, non aumenta) l’odio virulento nei confronti delle donne al contrario sembrerebbe non far altro che amplificarsi. Un crescendo: un crescendo che occupa le pagine di cronaca e l’informazione tutta, un capitolo fitto di storie atroci, gonfie di dolore e sopruso, sbattute in prima pagina e quasi subito poi dimenticate, ma ogni giorno lì, sotto i nostri occhi, a rimpinguare quello stesso capitolo sempre ben nutrito, cui materiale non manca mai. Crimini e tragedie che si moltiplicano: donne giovani e meno giovani lì a morire per mano di uomini che dicono di averle amate, quasi sempre uomini a quelle donne vicine, che lo siano stati in un passato recente, o ancora nel presente, o sino a un momento prima – prima di ucciderle.

Amanti, ex partner, mariti, padri, fratelli, tutti si rivoltano contro le donne. A cose fatte, quando e se scovati e accusati, si affrettano a parlare di stress, di un momento di black out con il «diavolo nel cervello», di perdita di controllo, e via così, in un fiume di parole insensate. Ma intanto quegli uomini hanno ammazzato donne che nessuno ci ridarà, e altri impunemente continuano a farlo. Le pedinano, le seviziano, le tormentano. Le odiano. Le sopprimono.

C’è un’involuzione in atto, sarebbe il momento di considerare seriamente il dato. Una involuzione drammatica, latente. Evidente. Sarebbe giusto cominciare a chiedersi dove si è sbagliato, per scatenare un tale crescendo di quotidiano odio nei confronti delle donne. Come fossero diventate, le donne, «capri espiatori». Quasi che uccidendo le donne, intenzione sia quella di uccidere simbolicamente il femminile della società tutta. Un femminile antico, sacro, davanti al quale il maschile si sente complessato e frustrato – e sragiona, e si accanisce. Parlare di «femminile» e «maschile» è parlare di archetipi, dunque di ragionamenti astratti, certo. E d’altra parte, a forza di non venire considerati come parte della cultura e dell’educazione, dunque delle basi della società e della formazione di ciascun suo membro, quegli stessi archetipi generano mostri.

In modo straziante, e flagrante, la cronaca quotidiana questo ci racconta. Il proliferare di un maschile frustrato che trova nel femminile un capro espiatorio contro il quale scagliarsi. Dove si è sbagliato, per arrivare a un tale grado di involuzione? Una società matura, ovvero capace di mettersi in discussione, su tutto questo dovrebbe interrogarsi. Atterrita, sgomenta ma anche piena di indignazione e di una necessità imperativa di cambiamento radicale, prendere atto di uno stadio di cronicità di una questione che è antropologica prima ancora di essere culturale e sociale. La subcultura della misoginia, della demonizzazione del femminile, si combatte con la cultura della parità, e dell’amore e del rispetto vitale nei riguardi del femminile. Femminile che è una categoria archetipica prima di essere tema di (sacrosanta) rivendicazione femminista.

Una società che teme il femminile non può evolvere. Di questo anche sarebbe urgentissimo incominciare a parlare. Interrogarsi. Agire. Educare. Prevenire. Sino a quando questa lunga scia di sangue, queste cifre di donne uccise che si sommano, che aumentano e ci straziano, per poi di volta in volta sistematicamente venire dimenticate, non comincino davvero a diminuire, segno di una società che preso atto del suo stato di malattia, non manifesti infine una determinazione adulta a voler guarire.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)