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Il fascismo in Italia: memoria storica e ritorno del rimosso

 
Lisa Ginzburg

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Lisa Ginzburg

Il fascismo in Italia: memoria storica e ritorno del rimosso

Nulla muore, sino a quando non sia pienamente elaborato. Celebriamo l’antifascismo anche in questo 25 aprile 2023. Sembra incredibile, ma ce n'è estrema necessità. Urgenza. Libertà. Costituzione

Sabato 22 Aprile 2023, 13:00

L’antifascismo è la Costituzione. Certo che sì. L’antifascismo è la storia di questo Paese, la sua storia più coraggiosa, incistata nella realtà dei fatti e in quella – giusto di poco meno visibile – dei punti di vista, di una concezione della libertà individuale da intendersi come paradigma inalienabile dell’esistenza.

Un modo di essere e di guardare alla libertà e alla democrazia, un modo che assunse forma di Resistenza in frangenti terribili del passato, poi di memoria (storica, politica e umana) nel corso di lunghi decenni a seguire. Come un monito, vivo, necessario. Pulsante. Una vigilanza occhiuta e sempre all’erta sulla possibilità di rifare capolino, sotto mentite spoglie rivivere, di quello che altrove di recente ho chiamato «ritorno del rimosso».

Il concetto formulato da Sigmund Freud si presta a riassumere e descrivere un’atmosfera di recrudescenza in cui ormai da molti mesi viviamo, più e meno consapevolmente immersi. Scorati, increduli, ma immersi. Per quanto autorità pubbliche istituzionali e altri individui a vario titolo protagonisti del dibattito pubblico si sforzino di formulare e sussumere le loro idee sotto nuove forme, nuovi modi, nuovi linguaggi, per quanto tutto ciò provi ad avvenire, e farlo sotto i nostri occhi, molto, moltissimo della attuale compagine, politica e non solo, ha lo sguardo rivolto all’indietro. Con malcelata nostalgia, quando non con sfacciata adesione, non sono certo pochi a guardare al passato.

Si avvicina il 25 aprile, una giornata simbolo nella storia dell’antifascismo, e con il cuore stretto ci troviamo a dover constatare quel che da molti mesi più o meno oscuramente il nostro stesso cuore presentisce e avverte. Che il fascismo, nella storia dell’Italia, non è affatto finito: non è mai finito. È un ritorno del rimosso perché è un passato che, non elaborato, non tematizzato e non seppellito, non passa e continua a non passare.

Il passato che non passa è mortifero, ha un’azione paralizzante e pesantemente nociva: appesta l’aria, spegne le luci su ogni possibilità di futuro che si affacci – futuro vero, ampio, tutto nuovo. Giorno dopo giorno, frase dopo frase, mese dopo mese, gaffe dopo gaffe, parole indegne dopo parole indegne, ritrattazione dopo ritrattazione, scuse dopo scuse, in tanti interventi di autorità e altre personalità politiche e pubbliche, la pietra miliare (pietra viva) della nostra coscienza antifascista subisce attacchi. Tentativi di erosione, quando non di demolizione. Non necessariamente si tratta di tentativi risultanti da schemi prestabiliti, spesso sono altro, di diverso ma non meno grave, sono «spie», indici: atteggiamenti che tornano perché legittimati da un clima generale.

Quello per cui l’Italia non abbia fatto i conti per davvero con il proprio passato fascista (conti fatti in modo controverso, dunque fatti non bene, non del tutto, così disseminando nell’aria lacerti di una tragedia inconclusa, propaggini che oltre ad appestare, rendono possibile il ritorno del rimosso) è argomento complesso. Da scrittrice, e non da storica o ad altro titolo osservatrice provvista di una competenza adeguata, non ho gli strumenti per addentrarmi in analisi specifiche. Certo la minaccia del ritorno del rimosso la sento: palpabile, nell’aria, a ogni dismisura del discorso pubblico dominante. «Ci provano», come si dice: provano a erodere, a nebulizzare, a opacizzare l’evidenza del passato, quello custodito nella parte più sana della memoria storica collettiva del Paese. Un tentativo di fare del revisionismo, forse non sempre consapevole, certo endemico: certo sempre, e nel modo più categorico, da combattere e da avversare. Per chi può, andando in piazza il 25 aprile, certo che sì. Per chi non può, celebrando quella data, nel modo più intero e frontale e personale e democratico.

Nulla muore, sino a quando non sia pienamente elaborato. Celebriamo l’antifascismo anche in questo 25 aprile 2023. Sembra incredibile, ma ce ne è estrema necessità. Urgenza. Libertà. Costituzione.

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