«Con Sasha non parlavamo mai della guerra, noi siamo bambini. Cosa penso della guerra? Che deve finire, che non deve esserci più in nessun posto del mondo». Lui si chiama Alexander Bani, ha poco più di dieci anni ed è di Città di Castello. Quando ha conosciuto Sasha, scappato dalla guerra e arrivato nel marzo scorso, non sapeva neanche cosa stava accedendo alle porte del suo Paese, l’Europa. Sì perché Alexander è di origine russe ma è nato in Italia, cittadino europeo – dunque - come i tanti figli di migranti che per alterne «fortune» vivono qui. Ha fatto amicizia subito con Sasha e siccome conosceva bene il russo, lo ha aiutato a fare i compiti. Ieri per Alexander è stato il giorno più bello della sua giovane vita: è diventato «Alfiere della Repubblica» e ha ricevuto l’onorificenza direttamente dal Capo dello Stato. Chi l’avrebbe mai detto, di questi tempi: fai del bene, invece di farti gli affarucci tuoi, sgraffignare una merendina al vicino di banco, copiare a man bassa i compiti e fregartene se bullizzano i tuoi compagni di classe, e vieni premiato. Sasha, peccato, non lo sa ancora che il suo amico è stato premiato: è tornato nel suo Paese, martoriato dalle bombe, e forse ora è pure preoccupato di non vedere tornare più a casa il suo papà.
Sembrano storielle retoriche quelle arrivate ieri dal Quirinale. E di certo, in Italia, ci saranno tanti Alexander che avrebbero meritato di diventare «Alfieri». Eppure, di questi tempi, è forse questo l’unico messaggio che la Politica, sì, quella con la P maiuscola, può davvero dare ad un Paese preoccupato dal caro-bollette, stressato dalla disoccupazione, frastornato dalle promesse dell’ultima campagna elettorale e sbigottito dinanzi alle eterne scenette da bar in Parlamento con la destra che accusa la sinistra di connivenze con gli stragisti mentre quattro gruppi di anarchici provano a riportare nelle piazze l’idea dei diritti perduti nel nome del loro simbolo (Cospito). Il messaggio è che c’è vita dietro queste macerie, che c’è speranza grazie ad Alexander nel Paese che verrà e che perfino nel resto del mondo, quando le ragioni economiche cesseranno di avere valore e gli armamenti di Russia e Nato si saranno sfogati abbastanza da poter inaugurare un nuovo ciclo di armamenti, tutto questo finirà anche per Sasha.
Sì, tocca a Mattarella dare questi messaggi perché, grazie alla Costituzione, il presidente della Repubblica è l’unico che può tenersi fuori dall'eterno tira e molla dell’agone politico (anche quando provano a tirarcelo dentro). È l’unico, in virtù del suo ruolo, a fare quello che - appunto - alla Politica si chiede: dare una speranza, saper indicare un orizzonte, segnare una strada su cui arriveranno, certo, mille ostacoli ma che ha un’unica direzione. Alexander ha 10 anni e chissà quanti inciampi, sbagli, problemi, difficoltà, dolori troverà davanti a sé nella sua vita. Sasha, se riuscirà a sopravvivere all’orrore che si sta consumando in Est Europa, come lui ne dovrà affrontare tante. Eppure, un giorno, sulle spalle di entrambi, cittadini d’Europa e del mondo che sarà, si poggerà quella speranza che, dritta o storta, scappando dalle bombe o dalla fame, se sopravvivi ce la puoi fare facendo l’unica cosa per cui vale davvero la pena battersi.
Fa riflettere quanto, in questo momento, le uniche due figure apertamente «Politiche» siano il Presidente della Repubblica e il Papa. Chi, ogni giorno o quasi, parla agli italiani di dignità del lavoro, di necessità di pace, di equilibrio tra poteri, di diritti, dignità e doveri (culturali, civili, sociali, religiosi che siano)? Insomma, chi usa l’ubriacatura delle urne, gli innamoramenti di palazzo, le tattiche dei capibastone sulle circoscrizioni e l’esito elettorale, fa «Politica»? I partiti o quel che ne resta? I leader o quel che resta di loro appena li si mette alla prova dell’amministrare? Si guardi cosa sta accadendo alla premier. Tutti pensavano che fosse davvero «Sora Giorgia», quella che dal palco di Milano il 12 settembre dello scorso anno, in piena campagna elettorale, urlava dal microfono «È finita la pacchia» al gotha europeo. E magari in tanti l’hanno votata sì, per una speranza di cambiamento, ma anche perché davvero si immaginavano restasse «Sora», come la celebra Lella Fabrizi che dietro la cassa della trattoria sull’isola Tiberina ti borbottava sorridente in rigoroso romanesco. E invece c’è che la pacchia è finita per tutti da tempo, per l’Italia come per l’Europa, alle prese con un’inflazione galoppante, sistemi industriali in crisi, fonti energetiche a singhiozzo e conti da tenere in ordine. E «Sora Giorgia» è diventata la premier più rigorista che si potesse immaginare sulla tenuta di quei conti, tanto da meritarsi l’applauso di Bruxelles. Vale per lei, che mandava video davanti ai benzinai promettendo l’addio all’accisa sui carburanti, e vale ovviamente per il Pd di Letta, che agitava spettri di fascismo littorio con la vittoria di FdI e, in alternativa, rivoluzioni sociali per le donne salvo non candidarne una.Ecco, torniamo alla realtà. Torniamo a Giulia, 19 anni, volontaria in un hub vaccinale di Modena. A Gioele, 17, che ha scavato con la Croce rossa tra le macerie di Cengio. A Nello, di Salerno, che fa lo youtuber e raccoglie fondi contro la distrofia muscolare. A Simone di Oristano, che ha deciso di continuare a fare il pastore, e a Mario, che a Campobasso va a portare cibo e compagnia in casa agli anziani. La «Politica» la fanno loro. E se la «Politica» non è demagogia ma innanzitutto speranza, alle prossime urne dovremmo votare solo giovani «Alfieri», affidando a loro quello che non siamo riusciti a costruire.