Centrodestra e Centrosinistra «litigano su tutto», sull'antifascismo, le tasse, l’elezione diretta del Capo dello Stato, gli amici e nemici dell’Italia, ma vanno perfettamente d’accordo sul potere dei capi-partito di scegliere i candidati alle Politiche. Concordo con Claudio Martelli: il voto degli elettori stabilirà la vittoria di una coalizione, ma saranno i segretari e presidenti di ogni lista «a staccare i biglietti d'ingresso» nelle Camere.
Martelli sulla Gazzetta del Mezzogiorno ha parlato di «democrazia malata», io aggiungo «democrazia espropriata» del diritto dei cittadini di scegliere il candidato e i programmi. Decidere verticisticamente e personalisticamente i seicento deputati e senatori nel prossimo Parlamento è un'appropriazione indebita.
È in atto una deriva populistica, leaderistica, anticostituzionale, conseguenza del crollo del sistema dei partiti della prima Repubblica. Gli errori della politica - e l'alleanza magistratura-stampa degli anni Novanta - hanno distrutto il PSI, destabilizzando anche le altre forze politiche. Se i Socialisti hanno pianto, gli altri non hanno sorriso: qualche mese dopo è toccato alla DC e alla lunga anche al PCI. Le varie giravolte, lo «svoltismo» PDS-DS fino al PD, hanno portato la Sinistra non più comunista a liquefarsi in un Partito Democratico a quasi totale trazione post-democristiana.
Il Centrodestra ha vissuto intanto la stagione del Berlusconismo, è caduto, si è tripartito, sogna la riscossa. Nel frattempo l'antipolitica ha devastato tutto il devastabile, ma le nuove formazioni nate dall'abbaglio Grillino dell' «uno vale uno» sono già decotte. Il populismo e le contraddizioni dei 5 Stelle hanno prodotto l'impossibilità di gestione del Movimento stesso, generando una frammentazione incontrollabile e aggravando la disaffezione degli elettori per la politica, tanto che un'alta percentuale di Italiani, delusi, irritati, arrabbiati, dichiara di non volersi recare ai seggi.
Una grande responsabilità risale alle tante leggi elettorali che si sono succedute, partendo quasi tutte dal presupposto che le preferenze facilitavano la corruzione. Intanto, non solo la corruzione non è scomparsa ma ha favorito leggi elettorali antidemocratiche come l'attuale, che priva il cittadino del diritto costituzionale della scelta, rappresentanza e valutazione del proprio parlamentare. Tutto rende inquietante il quadro politico: questa non è democrazia!
La disgregazione dei partiti ha scardinato i soggetti incaricati dalla Costituzione di mediare tra la collettività e il sistema di governo del Paese. L'innamoramento per i movimenti apartitici ha reso esponenziale la crisi della politica, favorendo liste civiche ipocrite, improvvisate, i cui candidati sono colti spesso da folgorazioni, con i cambi di campo e di schieramento conseguenti.
Ombre sul presente in politica, tenebre nel futuro: la spinta annunciata verso il presidenzialismo e i prevedibili attacchi all'ordinamento costituzionale, avviano il Paese ad una deriva di tipo ungherese. Populista, ma con sempre minori diritti per i cittadini. È gravissimo che di questo disfacimento non si faccia carico nessuno dei contendenti di questa campagna elettorale per un Sultanato più che per la democrazia.
Una sola è la reazione possibile per i democratici, i progressisti, il mondo del lavoro, i giovani più attenti al loro futuro, per chi crede nei valori costituzionali: difendere l'istituto democratico, frenare il populismo, con una partecipazione massiccia e motivata alle urne.