Sono passate ormai tre settimane dall’inizio delle operazioni militari in Ucraina. Sin dai primi giorni, la condotta delle Forze Armate russe è stata osservata con stupore dagli analisti: quello che molti prevedevano sarebbe stato un conflitto veloce e nettamente favorevole alle truppe di Mosca si è rivelato un pantano da cui diventa ogni giorno più difficile uscire. Vale quindi la pena cercare di capire perché si è arrivati a questo punto del conflitto, cosa questo comporta e quali scenari apre per il futuro.
Partiamo con ordine. Sebbene non sempre affidabili, le fonti disponibili delineano un quadro piuttosto nitido: da una prospettiva prettamente militare, più ancora della strenua resistenza ucraina, a segnare l’impasse dell’avanzata russa è stata una serie di errori piuttosto grossolani di pianificazione, logistica e coordinamento da parte delle forze di Mosca. Questo è un dato importante, perché ci permette di giungere a due conclusioni: la prima è che lo scenario attuale rappresenta un’incognita poiché nessuno, da quanto è dato sapere, l’aveva previsto; la seconda, più rilevante, è che la palla è ancora in campo russo. Detto altrimenti: difficilmente le forze ucraine potranno fare meglio di quanto abbiamo visto finora, mentre l’esercito di Putin ha ancora un margine di miglioramento - ovviamente, posto che sia in grado di riorganizzarsi e compensare gli errori commessi.
Questo ci porta alla seconda domanda: qual è la conseguenza di questa situazione? Ovviamente si potrebbero fare tante considerazioni, ma un punto sembra eclissare tutti gli altri: le forze russe si trovano costrette svolgere una funzione che avevano tralasciato in fase di pianificazione - il controllo del territorio. Controllare il territorio è tradizionalmente un compito difficilissimo: infatti, non significa semplicemente costringere il nemico alla ritirata, ma implica una presenza permanente ed efficace, che sappia neutralizzare eventuali controffensive, prevenga la controinsorgenza e, soprattutto, non si limiti alle principali arterie di comunicazione, ma si estenda nelle campagne, nei boschi e nei centri abitati.
Per far fronte a questa situazione, già da una settimana circa, si è visto come i vertici militari russi abbiano cercato di adattarsi alle circostanze e adeguare le proprie tattiche. L’esempio più tristemente evidente è la decisione di praticare bombardamenti indiscriminati, ovvero contro bersagli civili. Le immagini di Mariupol e Kharkiv martoriate da raffiche giornaliere di missili e munizioni varie (tra cui, pare, anche bombe a grappolo) lo confermano: seminare morte e distruzione non è un errore, ma è frutto di un preciso disegno. È, cioè, un modo per liberare il campo da possibili insorgenti, per generare terrore (quindi prevenire la resistenza urbana) e, non meno importante, costringere i soldati ucraini a difendere la popolazione anziché disperdersi e preparare la controffensiva.
Queste considerazioni ci portano infine all’ultimo quesito: quali scenari si aprono per il prosieguo del conflitto? Come per gli interrogativi precedenti, la risposta dipende da quali scelte faranno i vertici militari e politici di Mosca. Gli ultimi sviluppi delle operazioni hanno dato al conflitto i contorni di una guerra di logoramento, ovvero una guerra in cui le parti evitano lo scontro diretto. Per quanto paradossale possa sembrare, quello a cui assistiamo da parte russa è l’utilizzo di una strategia indiretta (ne sono un esempio anche i bombardamenti indiscriminati), ossia il tentativo di evitare l’attrito con le forze armate ucraine e minarne le capacità colpendo i bersagli civili. Allo stesso tempo, sono una strategia indiretta anche le sanzioni, che puntano a sconfiggere la Russia non sul campo di battaglia, ma su quello della volontà politica.
Ci sono solo due vie per uscire da questa situazione: cercare di strappare la vittoria con un’azione offensiva risolutiva, oppure resistendo più a lungo del nemico. Questo è dunque il dilemma a cui la Russia in ultima istanza dovrà dare una risposta: cercare il colpo di mano decisivo concentrando le forze sulla capitale, oppure continuare a esercitare pressione sul regime di Kiev a suon di bombe e di morti, nella speranza di mantenere le risorse economiche e di personale necessarie a sostenerlo. Entrambe le opzioni presentano ostacoli formidabili (militari nel primo caso, politici ed economici nel secondo): potrebbe quindi essere un test decisivo per la leadership di Vladimir Putin.