Sabato 06 Settembre 2025 | 15:31

Dare armi all'Ucraina? Un sostegno necessario al di là dei sondaggi

 
Claudio Martelli

Reporter:

Claudio Martelli

La tragedia umanitaria della guerra  che non sa cosa sia la vita

Su questa paura ha scommesso sin dall’inizio Putin e l’ha fomentata sino a ventilare l’apocalisse atomica che non lascerebbe vincitori né vinti

Venerdì 11 Marzo 2022, 14:50

I sondaggi – termometri di instabili umori – dicono che solo una piccola minoranza di italiani e di italiane è favorevole a inviare armi agli ucraini perché possano difendersi dall’aggressione russa. La percentuale dei favorevoli scende ancor di più all’ipotesi di una partecipazione diretta. Tuttavia il 45% contro il 35% degli intervistati condivide le sanzioni economiche anche le più pesanti decretate dall’Europa e dal governo italiano e pur nell’aspettativa di un peggioramento della nostra situazione economica e le considera efficaci a indebolire l’aggressione russa. Attenzione: spesso le domande dei sondaggi per il modo in cui sono formulate e per la successione in cui vengono poste orientano e talvolta condizionano le risposte. Dirsi contrari all’invio di armi all’Ucraina non significa affatto essere favorevoli a Putin. Non era questo il quesito, se lo fosse stato scommetterei che la risposta sarebbe stata pro Ucraìna e ancor più favorevole alle sanzioni economiche contro la Russia, persino alla più pesante, la sospensione delle banche russe dallo Swift, il circuito internazionale dei pagamenti. Dunque, stando al sondaggio condotto da Euromedia Research di Alessandra Ghisleri, la specifica e netta contrarietà all’invio di armi all’Ucraina non trascina con sé un giudizio negativo complessivo sull’insieme delle misure adottate dall’Unione Europea tra le quali c’è, appunto, anche l’invio di armi.

È chiaro che l’invio di armi suscita il timore di un coinvolgimento diretto nella guerra da molti ripudiata per principio, ma anche la concreta paura di questa specifica guerra. Su questa paura ha scommesso sin dall’inizio Putin e l’ha fomentata sino a ventilare l’apocalisse atomica che non lascerebbe vincitori né vinti. Ora, un sondaggio che non interroga su chi abbia torto e chi ragione e che non distingue tra aggressori e aggrediti non stupisce quando rileva come sentimento dominante quello della paura. La paura di dover subire le conseguenze di una scelta giusta in termini di principio - soccorrere l’aggredito - ma foriera di rischi che tutti siamo riluttanti a assumere.

Ciò detto, al di là dei numeri, se a decidere è la paura di essere coinvolti nel conflitto è naturale che l’orientamento maggioritario del campione intervistato si discosti e di molto dalle scelte compiute dalla UE, dal Governo italiano e, con pochissime eccezioni, dall’unanimità del Parlamento e dei partiti. Ebbene, per quanto comprensibile e giustificabile, tale comportamento non solo è ingiusto, contrario al diritto internazionale, ma anche sbagliato e, ciò che più conta in politica, molto più pericoloso della scelta politica fatta dal Governo e dal Parlamento.

Non fare ciò che è in nostro potere di fare per ostacolare, contenere, fermare l’aggressore e aiutare l’aggredito soccombente non è essere neutrali significa incoraggiare ulteriori aggressioni. Una recente manifestazione di piazza della CGIL ha eretto come propria bandiera «la neutralità attiva». Attiva è stata solo a chiacchiere e non neutrale, ma muta su Putin e ostile alla scelta del governo e del Parlamento italiani di inviare armi all’Ucraìna.

Che i più abbiano sempre ragione non è mai stato vero mentre spesso succede che sia vero il contrario. Anche Di Maio se n’è accorto. Nella vita reale capita che gli orientamenti delle classi dirigenti coincidano con l’opinione pubblica più informata e non con ciò che pensano i più. Chiamarli «i più» evita di ricorrere a termini come «la gente» o come «il popolo» così carichi di significati e di inflessioni ideologiche positive o negative da pregiudicare un loro uso neutrale. Questo va bene per i sondaggi che calcolano numeri o per epoche passate in cui i più erano strabordanti maggioranze proletarie. Oggi gli italiani con la parola popolo i tedeschi con volk, gli spagnoli con pueblo, i francesi con peuple, gli anglosassoni con people (che ha un rintocco più neutro, un po’ popolo un po’ gente) evocano comunità nazionali consapevoli la cui identità è fatta di valori irrinunciabili – la libertà, la democrazia, la solidarietà sociale e anche internazionale. Valori che vanno difesi anche con le armi quando a essere minacciate sono nazioni amiche e vicine massacrate da un satrapo orientale che conosce solo l’uso spietato della forza persino su ospedali per bambini e emigranti in fuga dal proprio paese.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)